giovedì 30 dicembre 2010

YOU NEED TO GET OFF

Parafrasando un celebre video di qualche anno fa, un giovane americano ha deciso di spiegare a suo modo i motivi per cui tutti dovrebbero star lontani da Facebook. Ne vien fuori You need to get off Facebook, un ritratto a colpi di messaggi abbastanza incisivo e veritiero, che ricalca un po' tutti i tormentoni che si trovano sul vostro social network preferito, dagli odiosissimi tag alle foto per finire alle richieste di (finte) amicizie. Mi sentirei solo di salvare il linguaggio fatto di acronimi, un po' perché alcune soluzioni linguistiche sono assolutamente degne di rispetto, un po' perché questo tipo di linguaggio è un must di Internet, e non soltanto di Facebook (ricordate: sono due cose diverse!). Ma tant'è, il video merita di essere visto. Anche su Facebook, vista la miriade di "consigli" che rimandano proprio a FB.

lunedì 27 dicembre 2010

IL BLOCCO DELLO SCRITTORE

Certe volte non so se la cura sia meglio del male, ma tant'è: Repubblica.it pubblica un articolo nel quale si parla di alcuni software il cui compito è semplicemente quello di evitare che le persone accedano ai vari social network, Facebook in testa. Dato che alcuni studi hanno assodato che - cito testualmente - "su quattro minuti e mezzo trascorsi sul web gli utenti almeno uno lo trascorrono su siti del social networking facendo praticamente niente", alcuni programmini sono in grado di spegnere ogni velleità di post selvaggio, impedendo sul nascere l'accesso a FB e dintorni. Tutto questo - pare - può essere un bene per la produttività intesa proprio in senso economico, visto che meno distrazioni equivarrebbero alla crescita della ricchezza di un paese. Peccato che fatta la legge si trovi l'inganno: a parte il fatto che basta un riavvio del computer per "annullare" l'effetto dei magici software, esistono altre vie per farsi i fatti degli altri, mobile internet in primis. Direi che basterebbe tagliare il problema alla base: niente più account e il gioco è fatto. La produttività ringrazia.

domenica 26 dicembre 2010

COSMESI DIGITALE

Ecco un'altra combo micidiale: Facebook e quel maledetto desiderio di apparire, costi quel che costi, a tutti i costi. Vista l'ossessione da pubblicazione di fotografie che è un po' uno dei tratti distintivi (se così si può dire) del vostro social network preferito, diventa quasi normale voler essere belli come il sole o come i personaggi famosi, pena la cattiva reputazione digitale che può scaturirne. E poiché al giorno d'oggi una foto vale più di mille parole, ecco che la sacra arte del fotoritocco arriva a risolvere tutti i mali. E se non siete bravi a districarvi con livelli, saturazioni e toni c'è chi, in pochi minuti, può trasformarvi da così a cosìWired.it riporta nella sua classifica settimanale il video di un servizio web chiamato Facebrush: con pochi dollari i vostri volti e i vostri corpi saranno nettamente migliorati, e potrete caricare senza patemi d'animo il vostro nuovo ego digitale su Facebook, attirando giocoforza nuovi "mi piace" (ah, i veri obiettivi della vita...). Nell'era dei micropagamenti, un dollaro fa la felicità in pixel, a quanto pare. Il problema è sempre quello: e la realtà (in questo caso la vera rappresentazione delle cose), dov'è? Non è di questa terra, evidentemente: d'altronde, nel falso mondo (digitale), anche le foto è giusto che siano così. Per le cose vere rivolgersi altrove.

venerdì 24 dicembre 2010

IL MERCATO DELL'AMICIZIA

"Fossi un discografico alla guida di un 320, con davanti molta gente farei giusti investimenti"

Se non vi basta una lista infinita di amici con i quali condividere tante belle cose, se non è sufficiente aggiungere contatti a random, evitate altri patemi: comprate gli amici ad un tot al chilo. Il prezzo, come suggerisce una ricerca condotta da Wired e ripresa anche da una testata nazionale come Corriere.it (giusto per invogliare all'acquisto) non è proibitivo: si parte da 18 euro per un "pacchetto" da 1000 sostenitori/amici/conoscenti/fan. Cosa aspettate? Fate o fatevi un regalo di Natale, che ci crediate o no...

Ah, e comunque una cosa molto simile è stata già trattata più di un anno fa. L'ho sempre detto io: le notizie che si ripropongono sono una pura scelta commerciale. Di sto periodo, poi, il cerchio si chiude!

mercoledì 22 dicembre 2010

CHIAMATE UN DOTTORE...ANZI, DIVENTATE AMICI!

L'ho detto più volte in queste pagine: l'ossessione da amicizia porta a "dover" accettare richieste di legame digitale con persone che nella vita reale sono solo componenti del vivere civile, semplici conoscenti, persone di passaggio. Invece un'amicizia su Facebook vivrà fino a che il tuo profilo sarà attivo, perché è sgarbato eliminare le persone dalla propria lista amici, vero? Ne sa evidentemente qualcosa una particolare categoria, quella dei dottori (no, non i laureati semplici, intendo i medici), alle prese con imbarazzanti richieste di amicizia da parte dei propri pazienti. Oh, questi sono studi seri, visto che il Journal of Medical Ethics ha pubblicato i risultati di un'indagine volta a spiegare come il tradizionale rapporto medico-paziente si stia evolvendo verso nuovi comportamenti - non necessariamente positivi - legati proprio a questo eventuale rapporto di amicizia 2.0. Dove si finirà? Ad effettuare diagnosi e a sciogliere prognosi via Facebook? E la prossima categoria da aggiungere agli amici quale sarà, quella degli autisti dell'autobus solo perché ti portano sul luogo di lavoro? E i casellanti autostradali e i macchinisti di treni, dove li volete mettere? Non vorrete far loro un torto...

lunedì 20 dicembre 2010

TE LO "ASSICURO": VENI, VIDI, PREVIDI

Delle compagnie assicurative che si tutelano sbirciando nei vostri profili si è già parlato (a proposito di clienti troppo "chiacchieroni" o finti malati, ad esempio): in ballo, per le aziende che sganciano i premi, ci sono troppi soldi da pagare senza ragione oppure per via di motivi non dipendenti dalla loro volontà. Alcune compagnie si sono fatte anche parecchio furbe (più di quanto non lo siano già, invero), e addirittura attraverso il monitoraggio delle attività online possono prevedere la possibile (o probabile?) data di decesso, evitando dunque di assicurare sulla vita determinati soggetti perché troppo a rischio. Wired.it spiega come più di un brand assicurativo (la Deloitte Consulting, ad esempio) stia effettivamente conducendo ricerche in tal senso, monitorando la quantità ingente di dati a disposizione in rete: attraverso tale analisi si possono evincere determinati stili di vita che sono in grado di far prevedere un lifespan più o meno ridotto, inducendo dunque queste aziende a non assicurare determinati (ex, a questo punto) clienti. D'accordo, la mole di dati sensibili è un fenomeno dell'intero Web, ma per ricavare la quantità maggiore di dati "sensibili" o "compromettenti" state pensando anche voi allo stesso sito che penso io? Giusto per mettere le cose in chiaro: non sto pensando a Wikileaks, eh...

sabato 18 dicembre 2010

MI "VOLTO" SPERANDO NON LO "FACCIA"...

E invece sì, pare lo farà...l'estate scorsa in queste pagine si era già accennato ad un sistema di riconoscimento automatico dei volti delle persone per velocizzare la faticosa procedura di tagging delle persone. Bene, ci siamo, pare che questa tecnologia sia già realtà e a breve (ma sembra che la cosa sia già attiva da un po') il computer provvederà automaticamente a riconoscere i volti dei vostri amici. Resta da capire il grado di efficienza del sistema: alcuni articoli non ne parlano un granché bene, altri invece si preoccupano dell'ennesima violazione di una privacy sempre più ridotta al lumicino in quel grande database chiamato Facebook. Sembra fantascienza, invece è la pura realtà. E la cosa più brutta è che è ormai a disposizione di tutti.

mercoledì 15 dicembre 2010

PERSONE, PERSONALITA', PERSONAGGI

E alla fine vinse lui, per colpa vostra: l'uomo dell'anno 2010 per la prestigiosa rivista TIME è Mr. Facebook in persona. Motivazioni: "per aver messo in comunicazione mezzo miliardo di persone e per aver cambiato il modo di vivere la nostra (la vostra) vita". Bene: dunque si vincono premi e copertine globali grazie alle informazioni generate da altri (Mr. Facebook ci mette lo strumento, ma le vite rovinate per colpa di un post di troppo e il gossip lo fate voi)! Che dire: dalle parti del Time sono a corto di idee. Il riconoscimento del 2006 è senz'altro più meritevole: il vincitore fu il World Wide Web (e non Facebook, due cose diverse) e nella fattispecie ogni singolo internauta parte del grande Web 2.0 (e non un ragazzino arricchitosi grazie ai dati altrui). Il vero vincitore fu, 28 anni or sono, quella pietra miliare chiamata personal computer, non un sito che promette privacy e poi dimostra più buchi che protezione dei dati. Ma il mondo va così: ha vinto l'uso "spensierato" (per non dire poco responsabile) della Rete, superando movimenti politici e politici (intesi come persone) a loro modo storici, un nuovo paladino della Rete (e che il popolo della Rete ha decretato vincitore) ed eroi che faticano davvero. Solo alla fine ho letto bene per quali motivi si può finire sulla storica copertina: il premio è "bestowed by the editors on the person or persons who most affected the news and our lives, for good or ill" [...] E solo allora mi sono tranquillizzato. Non solo heroes, anche villains. Mi sa che per quest'anno va così.

martedì 14 dicembre 2010

IL PROFILO PERSONALE DEL MONDO

L'immagine pubblicata su alcuni siti web odierni mostra una mappa del mondo evidenziata a seconda della diffusione (ormai globale) di Facebook. La mappa è stata creata da Paul Butler, e sono state ricollegate le connessioni dei network di 10 milioni di coppie di amici (si spera rispettando la privacy, anche se ho notoriamente i miei dubbi) ricreando quella che è una sorta di mappa mondiale delle amicizie digitali. Dalla mappa si possono evincere alcuni dati interessanti: innanzitutto, pare che Facebook (o le relazioni correlate) sia molto più east coast che west coast, che l'Europa sia ovviamente molto "illuminata", che l'Italia sia troppo illuminata e che, citando le parole del suo creatore, i fasci di luce e i backbone che si dipanano da un estremo all'altro del globo "non rappresentano coste o fiumi o confini politici, ma vere relazioni umane". Come no, vere relazioni umane...

lunedì 13 dicembre 2010

RESTA E...PARTY!

Ci dev'essere un qualcosa che mi sfugge, nella vita: per quale insano motivo la gente deve per forza dimostrare tutto quello che fa? Perché si è quasi "obbligati" a pubblicare foto di un qualsivoglia evento? Per fare un po' di showing off o per pura e mera psicosi collettiva? Ma soprattutto, cosa spinge un uomo con dei problemi con la legge (e non sarebbe il primo) ad invitare altre persone, festeggiare (tra le altre cose) il proprio compleanno (a casa, ça va sans dire) e a pubblicare le foto della rimpatriata sul vostro social network preferito, come se nulla fosse? Davvero non capisco: uno può comprendere che "fatta la legge e trovato l'inganno", ma palesare il tutto alla luce (pubblica) del sole non è andare un tantinello oltre?

sabato 4 dicembre 2010

NEWBIES*

Considerando che Facebook è un argomento continuo di discussione (si sente questo nome ovunque), esso coinvolge tutti i media esistenti, anche un semplice botta e risposta tra padre e figlio. E il "tardivo digitale" si imbatte nella "solita" richiesta di amicizia, scoprendo nuovi acronimi internettiani e... variazioni sul tema. Hilarious!

Thanks, AoT!
*Newbie 

mercoledì 1 dicembre 2010

COUNTDOWN TO DEATH

Gli oscuri conti alla rovescia che campeggiano praticamente sullo status update di un utente su due, si sa, a volte snervano. Non solo ti "obbligano" a dover chiedere all'autore del conteggio qualcosa del tipo "perché conti?", ma regolamenti alla mano sembrano andare contro il concetto di saggio comportamento in Rete. Ebbene, il countdown balzato agli onori delle cronache odierne riguarda un appuntamento "speciale" tra due ex fidanzati modenesi. Lui - con un passato per stalking nei confronti della ex ragazza - inizia il conteggio qualche giorno prima del compleanno di lei. Incuriosito, un utente (amico?)chiede il motivo del conteggio. In risposta, il ragazzo risponde che sono i giorni che mancano all'omicidio della ragazza. Un terzo utente (amico?) fa 2+2 e associa la fine della data al compleanno di lei, e al passato burrascoso dell'uomo...insomma, parte la misura preventiva e lui viene arrestato.
Non venitemi a dire che Facebook salva le vite, pensate al paradosso della situazione. E confrontando le due fonti citate, mentre una indica un paio di centinaia di persone pronte alla "condivisione del contenuto su FB" (su Corriere.it, in alto, la vostra "effe" preferita), nell'altro articolo (alla fine dello stesso) ben 400 persone consigliano questa storia. In che senso consigliano? Abbiamo 400 altri potenziali killer in Italia? Occhio ai countdown, allora...

lunedì 29 novembre 2010

IL PARERE DELL'ESPERTO

In vent'anni succedono tante cose: passano le generazioni, si susseguono tantissimi eventi, cambia la storia. Internet, questa immensa risorsa che ha cambiato le nostre vite, ha solo vent'anni. E, a quanto dice il suo "papà", vive i problemi legati alla sua post-adolescenza. Nell'ultimo numero di Scientific American, il baronetto Tim Berners-Lee spiega come, a distanza di due decadi, il concetto di Internet via Web sia profondamente cambiato e stia profondamente mutando. Non per forza in meglio, s'intende. Berners-Lee: vi dice nulla questo nome? Se la risposta è no, allora siete troppo giovani oppure non avete mai investigato la storia del WWW. Sir Tim è "semplicemente" l'inventore del World Wide Web, colui il quale ha fornito al mondo lo standard necessario per connetterci alle pagine Web attraverso un browser. Insomma, è di fatto un eroe dei nostri tempi, perché ha permesso lo sviluppo di una risorsa universale in fatto di tempo, spazio e persone. Nel suo articolo, egli fornisce un quadro attuale a proposito della "salute" del Web, e le notizie non sono così confortanti. Nell'ottica della minaccia alla neutralità del Web, Berners-Lee punta il dito contro i possibili accordi per la fornitura di servizi Internet "di serie A", e poi si concentra sulle possibili minacce non a livello infrastrutturale ma molto più terreno. E tra queste minacce i social network vengono considerati i più pericolosi, per via delle loro strutture "chiuse" (almeno nelle intenzioni strutturali, visto che tanto chiusi - a livello di dispersione pubblica di dati - non sono) e per il fatto che, per via dell'uso troppo massiccio e incontrollato, possono costituire una sorta di monopolio che non giova alla libera circolazione delle informazioni. Insomma, per il creatore del Web la minaccia del web non è Friendster, è Facebook. E non lo dice una persona qualsiasi: il papà del Web ha detto che il suo figlioletto frequenta cattive compagnie. Come dargli torto, del resto?

domenica 28 novembre 2010

LIQUIDATA CON UN PERCHE'...ANZI, NO!

A volte mi chiedo: perché stupirsi troppo e lamentarsi se le persone confidano i fatti propri (anche delicati) pubblicamente e poi invocano un rispetto della privacy? Nessuno forza le persone a scrivere determinate cose sulla propria bacheca che, per quanto "privata" possa essere, sarà sempre uno spazio (semi)pubblico accessibile e visibile alla propria cerchia di amici, in realtà talmente vasta che alla fin fine qualcuno sarà sempre pronto a pugnalarti alle spalle. L'ultima notizia (ripresa da Corriere.it via tabloid inglesi) parla di un licenziamento di un'impiegata della Bank of Scotland per aver diffuso informazioni riservate relative alle politiche societarie. In pratica, alla signor(in)a Furlong era stata già notificata l'interruzione del rapporto di lavoro con tanto di buonuscita da seimila sterline. E proprio questa somma rappresenta il casus belli della questione: l'ormai ex impiegata ha pensato bene di postare la sua vicenda fornendo informazioni dettagliate circa i particolari contrattuali del suo licenziamento. Apriti cielo: qualcuno lì fuori - evidentemente senza troppe difficoltà - è venuto a saperlo e per la donna è scattato il licenziamento senza buonuscita. Il tutto per un post (scritto, firmato, controfirmato & pubblico) di troppo. Come al solito.

venerdì 26 novembre 2010

IN YOUR FACE

Ormai business e megalomania si fondono in quello che - spero si sia capito - è diventato qualcosa di più di un semplice social network. Sentite questa: pare che Mr. Facebook abbia deciso di brevettare (dunque di appropriarsi) la parola "Face" per fini commerciali. Cosa vuol dire tutto questo? Che su internet (ma anche in contesti più fisici come prodotti reali) non sarà più possibile avere un dominio che contenga questa parola o qualcosa di molto simile (per quanto siti contenenti il lemma "incriminato" siano già presenti), perché di fatto si rischierebbe una violazione o sfruttamento indebito di marchio registrato.
Unico settore lasciato fuori è quello dell'industria automobilistica, quindi una futura FaceCar sarà magari disponibile in futuro (boh..). Ma c'è di peggio: in futuro magari aprendo un dizionario alla parola face troveremo un marchio registrato e/o la faccia del furbo proprietario del vostro social network preferito. Preferivo i cari vecchi tempi in cui aprendo alla parola stupido si incontravano volti più familiari e mitici per merito!

giovedì 25 novembre 2010

IL RISCHIO DI STAR MALE

Della patologia da Facebook si è parlato in queste pagine più di un mese fa, e non capisco come mai numerose testate giornalistiche e siti Web si occupino della cosa con notevole ritardo; fatto sta che la dipendenza da Facebook o affini è oggetto del solito, atavico dubbio. Facebook fa male o no? E "stare-su-Facebook" è dannoso o no? Anche per la domanda di oggi ci sono due arringhe, una a favore e una contro. Ovviamente non mi esprimo a riguardo del punto di vista da sposare: dico solo che gli entusiasti da Facebook parlano di "educazione alla rete e ai social network, soprattutto per i più piccoli"; giustissimo, se non fosse che per molti la frittata è fatta e numerosi dati sono alla mercé di tutti. Senza contare che anche i più grandicelli sono esposti a "fregature varie": non pensate di essere esenti dal link malvagio, 100 milioni (1 su 5) è un numero da non prendere sottogamba...

lunedì 22 novembre 2010

SORPASSO E "SGASATA"

Del sorpasso di Facebook su Google si è già parlato più di sei mesi fa. La notizia è una sorta di aggiornamento, nel senso che a distanza di tempo - come riporta una notizia di Repubblica.it - Facebook continua a crescere in fatto di pagine visitate, e guarda ancora dall'alto in basso il motore di ricerca più famoso del mondo. I dati di Fb sono onestamente impressionanti: un quarto del traffico Web mosso negli Stati Uniti ha toccato il 25%. Questo vuol dire che una pagina su quattro parla di tag, gruppi, status update: è la vittoria dei contenuti generati "dal basso"? E' possibile, se si pensa che a livello globale la fetta di mercato di Facebook raggiunge il 10%. E Google? Si consola con il primato degli utenti unici: questo vuol dire che un numero maggiore di persone utilizza Google, mentre su Facebook si consultano più pagine. E vorrei ben vedere, vista tutta la mole di gossip da dover consultare...

D'accordo, ormai Facebook pare inarrestabile. Il problema, tuttavia, resta sempre lo stesso: non si può paragonare Google a Facebook (anche se qualcuno confonde le due cose). Sono due cose radicalmente diverse e non ci vuole una laurea per capirlo. Probabilmente il paragone è spesso effettuato per evidenti ragioni di fama e successo, visto che le due aziende generano fatturati astronomici. Ma restano due servizi sostanzialmente diversi, quindi è giusto mettere le cose in chiaro. Certo, l'obiettivo di Facebook è stato sempre quello di raggiungere il sito per eccellenza, e il fatto che ultimamente abbia implementato un servizio mail non fa che confermare questa impressione. Ma anche qui la base di partenza è un pochino differente, visto che la mail @Facebook, nell'intento originale, serve per raggruppare tutti i contatti sociali (o finti tali) con il proprio network di amicizie (mentre la mail è nata come servizio "universale", senza limiti, e il servizio mail di Google in questo senso ha colto perfettamente nel segno).   Senza contare che Google è l'espressione libera di una ricerca senza vincoli, mentre quella di Facebook è più settoriale, mirata, intima e personale. Qual è la verità, allora? Da che parte stare? Come intendere Internet nel secondo decennio del nuovo millennio? E soprattutto, l'impressione sempre più condivisa è che Facebook stia andando un po' troppo verso un sovraccarico di informazioni. Dati alla mano, sembra proprio che la gente voglia questo: vedremo se il futuro non si ritorca contro di loro...d'altronde, il troppo stroppia, no?

venerdì 19 novembre 2010

AL LAVORO!

Facebook e produttività, un matrimonio che non s'ha da fare. Anzi sì. E' senz'altro controverso il rapporto tra il vostro social network preferito e il mondo del lavoro: se è vero che c'è gente che non nasconde di usarlo anche durante la giornata lavorativa, dall'altra parte è pur vero che non c'è tentazione migliore, da parte del capo del personale o dell'addetto alle risorse umane, di andare a sbirciare su Facebook il possibile prossimo assunto in azienda.
Insomma, che si ami o si odi, Facebook sul luogo di lavoro genera ancora una volta una divisione netta di vedute. Bloccare il sito in azienda? Controproduttivo in certi casi, visto che come strumento pubblico di promozione di beni o servizi non sembra esserci al momento un mezzo migliore. Che fare, dunque? Affidarsi al buon senso (il caro, vecchio buon senso): ad esempio, la Cgil di Firenze ha vietato l'uso di Facebook in ufficio, chiedendo ai propri dipendenti (e non oscurando del tutto il sito) di non accedere con gli account personali, ma solo con le credenziali relative al profilo aziendale, cioè la pagina locale del sindacato. C'è invece chi, evidentemente con dati alla mano, ha pensato bene di tagliare la testa al toro. Sempre qualche settimana fa è scattato il divieto negli uffici della Regione Lazio: Facebook non si può utilizzare, poiché s'è scoperto che gran parte del traffico Web (settanta per cento, mica bruscolini) da parte dei dipendenti finisce dritto dritto sul dominio più controverso degli ultimi anni. Le motivazioni ufficiali? Facebook risponde ad un "utilizzo ludico o comunque non attinente all'attività lavorativa della rete internet da parte dei dipendenti regionali" (testuali parole). Insomma, fino a che Facebook non abiliterà la possibilità di fare i certificati, nella Capitale e dintorni niente Fb. Fatevene una ragione...
Ma a quanto pare il discorso sembra ben più ampio di quanto non lo si creda. Pare infatti che ci sia un vero e proprio Facebook divide in Italia relativo alla possibilità d'accesso al sito. Secondo uno studio apparso su LaStampa.it, infatti, un lavoratore su due non ha accesso a Facebook perché oscurato a monte, ossia dall'azienda stessa. Niente profilo aziendale, niente svago durante la pausa pranzo: per il 52% del campione Facebook è off-limits, semplicemente. E dire che altri dati riportano ad un uso innocente da parte degli iscritti: secondo un altro studio apparso su Repubblica.it, Facebook in ufficio è roba da guardoni, non da utenti 2.0. In altre parole (sempre per coloro che hanno accesso in ufficio, beninteso), durante la giornata ci si limita semplicemente a guardare quello che accade sulla propria bacheca o su quella dei propri amici. Al massimo si guarda qualche foto nuova, ma niente attivismo. Insomma, solo gossip bello e puro, per farla breve.
E infine l'ultima campana: Corriere.it ci svela che distrarsi online fa bene alla produttività. Semaforo verde a Facebook, anche se il segreto è la giusta misura (appunto...): quindi bando agli orchi cattivi che oscurano Facebook, essi fanno solo del male all'azienda e ai propri dipendenti. Che sia in cantiere uno sciopero per quelli che non hanno accesso a Facebook? Tutto è possibile, non mi stupirebbe affatto.

E in chiusura di questo post-fiume il sondaggio finale: siete pro o contro l'uso di Facebook in ufficio? Rispondete qui, poi vedete la percentuale dei risultati. Capirete che certe volte è davvero difficile lottare contro i mulini a vento.

mercoledì 17 novembre 2010

ERANO MEGLIO I BIGLIETTINI DI CARTA...

Beninteso, la notizia in sé non è negativa; il problema risiede nel momento in cui si pensa di essere liberi e al sicuro e si affidano tutti i propri dati in balia di organismi che credete siano lontani da occhi indiscreti. Fatevene una ragione: non è così, e questo vale per tutti.

lunedì 15 novembre 2010

IL PICCOLO SENTIERO

Dimenticate gli studi universitari e i numeri perfetti relativi ai gruppi di amici: ora la parola d'ordine è "minimalismo" (magari fosse davvero così). Repubblica.it pubblica la notizia di un nuovo piccolo e intimo anti-Facebook: si chiama Path, e si propone come un personal network. In che senso personal? Nel senso che la propria lista contatti non può superare le cinquanta unità. Già, dimenticate le migliaia di amici che intasano con le loro utilissime informazioni la vostra bacheca: con Path il network è davvero ristretto. Il sistema è pensato per smartphone e cellulari di ultima generazione, ed è soprattutto mirato alla condivisione di fotografie scattate proprio con i moderni telefoni. Tra le sue peculiarità sicuramente spicca quella di essere davvero ridotto all'osso: niente commenti, niente "mi piace", solo un obiettivo, e cioè quello di condividere ciò che passa attraverso un obiettivo (pun intended). Basta e avanza, no?

domenica 14 novembre 2010

CONTROLLI DI SICUREZZA

Di video virali se ne vedono tanti in giro, di fake belli e buoni anche: ecco, si spera che il video che pubblicizza un nuovo strumento anti-posting a causa dell'elevato tasso alcolico sia una goliardia, una presa in giro. Dopo la campagna (legittima) Be alive: Don't drink & drive arriva Don't drink & post? Ditemi che non è vero, vi prego!

sabato 13 novembre 2010

A LIFE IN A DAY

Si può riassumere tutta una vita in pochi minuti utilizzando tutti (ma proprio tutti) i luoghi comuni e le cattive abitudini che hanno luogo sul vostro social network preferito? Pare di sì, visto che la vita di Alex Droner passa tutta attraverso Facebook. Vita, morte e miracoli si potrebbe dire: ma anche tag inopportuni, foto a iosa, ogni status update a fare da contorno alla propria esistenza. Non manca niente, neanche l'ultimo definitivo logout. Il video è opera di Maxime Luère (vi chiede di aggiungerlo come amico: fatelo, tanto uno più uno meno...), e se vi ritrovate in questo video, beh, pensate un attimo al rapporto di dipendenza che avete con questo sito. Anche Wired.it propone il video A life on Facebook, e rilancia con Catfish, un (altro) film basato sul rapporto tra quotidianità e Facebook. Tuttavia, nell'articolo si muove una critica al film, definendolo "troppo Grande Fratello": beh, invece dovrebbe essere un aspetto positivo, visto che vuol dire che il film racconta semplicemente la verità. Facebook e Grande Fratello, dov'è la differenza?

PS: Il titolo del post rievoca (ovviamente) una canzone dei Beatles...potevo forse lasciare il predominio agli Stones che fanno da colonna sonora al video? No way...

venerdì 12 novembre 2010

DROP IT LIKE IT [was] HOT*

E poi si dice che uno non deve combattere la sua personalissima guerra (virtuale, s'intende). C'era una volta un bel servizio web che si chiamava Drop.io. Non ti chiedeva nulla e ti dava tanto. Cosa ti chiedeva? Un semplice indirizzo mail per il login. Cosa ti offriva? Uno spazio gratuito di archiviazione di file: in pratica, ti permetteva di andare in cloud computing senza troppe procedure di identificazione e problemi. In pratica, ti dava la possibilità di avere sempre determinati file a disposizione, senza dover avere con sé una chiavetta Usb, un disco ottico, una periferica di archiviazione. In pratica, bastava un pc, anche non il tuo: il tuo drop aveva il nome che desideravi sotto forma di URL, e non serviva altro. Solo un indirizzo mail (e in più, ti dava un indirizzo mail correlato al drop per poter mandare i file direttamente al cloud mandando i contenuti su quella mail, un piccolo lusso). In pratica, non chiedeva nulla e dava tanto. Pubblicità? Neanche a parlarne, non esistevano. Era una piccola isoletta virtuale privata ma di indubbia utilità. E poi, cos'è successo?
Niente: è successo che un giorno arrivò il gigante cattivo e si mangiò l'isoletta felice. D'accordo, la giovane storia di Internet è costellata di acquisizioni da parte di grandi siti e/o aziende (una su tutte? Google che si compra Youtube, ma almeno i video sul tubo si possono vedere senza per forza loggarsi), quindi è chiaro che se Facebook compra Drop.io rientriamo nella normalità delle cose; ma se il vostro social network preferito si mangia un servizio che fa della discrezione e della semplicità d'uso il suo punto di forza, allora state certi di un paio di cose. La prima: se un gigante mette gli occhi su un servizio più piccolo, vuol dire che questo funziona bene, è di successo e si può spremere il massimo in termini economici da questa acquisizione. Secondo: se Facebook acquisisce una piattaforma di condivisione file, aspettatevi qualche sorpresa, non per forza positiva. Perché Drop.io non ti chiedeva nulla: il gigante invece è esoso.

E ora? Alternative con le stesse caratteristiche? Non le cerca solo il sottoscritto: ah, e non ditemi Dropbox, non è la stessa cosa. Non funziona allo stesso modo: d'altronde, mica se l'è comprato Facebook...

*= beat tra i migliori in assoluto nella storia della musica, IMHO.

martedì 9 novembre 2010

JIMMY IL FENOMENO

No, non il mitico personaggio dei bei film che facevano un tempo...il fenomeno in questione è Jimmy Kimmel, conduttore di un popolare show negli Stati Uniti. In una delle sue ultime puntate, Jimmy ha annunciato ufficialmente il National UnFriend Day (termine ormai di uso comune): come riportano alcune testate nostrane, si tratta di fare "pulizia" tra i propri contatti Facebook, eliminando quelli con i quali non avete in realtà mai scambiato una parola, sia virtuale che reale. Lo so che se tutti seguissero questo consiglio Facebook non avrebbe (quasi) più senso e che tutti ridurrebbero del 90% la propria lista "amici", ma val la pena tentare. Appuntamento fissato per il 17 novembre: provateci a casa.

lunedì 8 novembre 2010

UN "CONSIGLIO": STAI ATTENTO A CIO' CHE DICI...

Facebook e politica: binomio potenzialmente esplosivo, soprattutto con l'avvento della logica dell'have your say in tempo reale. Tra i personaggi politici (e quelli pubblici in generale) è un must avere una pagina personale per essere a diretto contatto con i cittadini: ovviamente la cosa ha un senso, d'altronde quale miglior mezzo per raggiungere potenziali elettori? Peccato che per ogni sostenitore ci sia un detrattore, e spesso finisce che più che dialogo costruttivo si parla di dialettica totalmente distruttiva. E' notizia di oggi lo "sbarco" su Facebook di Sua Maestà la Regina del Regno Unito: un modo per avvicinarsi ai suoi sudditi, certo, ma come in tutte le case reali (reali nel senso di rango, questa di fatto è una casa "virtuale") ci sono delle regole severe da rispettare. Una su tutte? Evitare espressioni offensive e ingiuriose: d'altronde offendereste mai la Regina di persona? Probabilmente no, dunque perché farlo online? Perché online pensate che la si possa far franca? Perché non esiste educazione (in tutti i sensi)? Probabilmente è questo il punto: in rete e schermati da un computer tutto è concesso, ma non va proprio così. Questa logica evidentemente non è presa così tanto in considerazione a livelli politici più "locali", per così dire. Qualche tempo fa si è scatenato l'ennesimo dibattito sull'uso di Facebook come agorà ideale per insulti offensivi e poco educati. La "miccia", per così dire, è stata innescata durante un recente Consiglio Comunale della città di Bari, allorché il Sindaco del capoluogo pugliese ha pensato bene di interfacciarsi con la sua schiera di sostenitori proprio nel bel mezzo della seduta politica, scrivendo commenti relativi agli interventi dell'opposizione. Apriti cielo: subito si è scatenato il popolo della Rete che ha cominciato, proprio sulla pagina FB del primo cittadino, a subissare di insulti (anche pesanti) il "nemico" politico. Quest'ultimo, accortosi che il Sindaco prestava attenzione solo al suo mezzo elettronico (un iPad, per la precisione) lo ha accusato di scarso interesse nei confronti delle problematiche della città, poiché di fatto "perdeva tempo" su Internet e sul vostro social network preferito. Ora, premesso che la storia potrebbe avere un seguito giudiziario, il problema è duplice. Da una parte c'è il popolo della Rete che fa dell'insulto facile una ragione di vita (probabilmente non rendendosi conto che scripta manent, e che dietro alle ingiurie ci sono i loro nomi e cognomi, dunque sarebbero facilmente perseguibili), dall'altra c'è una figura pubblica (destra o sinistra, ovviamente non importa) che magari con un pochino di raziocinio in più avrebbe potuto evitare di alzare il consueto polverone. Una volta ci si estraniava da noiose riunioni scribacchiando su un foglio e vagando con la mente: attività poco sociale e molto offline, ma almeno nessuno ti poteva tacciare di cattiva educazione. Ora si scribacchia su un tablet e lo sa tutto il mondo: la differenza sta solo (per così dire) in questo piccolo particolare.

sabato 6 novembre 2010

I DIECI COMANDAMENTI/3

E sono trenta, conti alla mano. Dopo i primi e i secondi decaloghi sulle regole da rispettare (o provare a rispettare) nei social network, in primis il vostro preferito, il Sun pubblica la terza lista che ci (vi) illumina a proposito delle informazioni da non pubblicare mai su Facebook e dintorni. Cosa non scrivere mai e poi mai? Data e luogo di nascita, cognome di vostra madre da nubile (spesso il dato coincide con le "domande di sicurezza" di molti siti e/o provider di mail), indirizzo di casa, notizie e/o (fastidiosissimi) countdown in materia di vacanze personali, informazioni su brevi spostamenti (altrimenti la gente ne approfitta), foto non appropriate (il vostro capo può sempre spiarvi), informazioni confidenziali (confidenziali su una bacheca semi-pubblica? succede, succede...) numeri di telefono, nomi dei propri bambini. Come dite? Sono nove? Beh, l'ultimo è un consiglio generico, ed è quello di non avere un profilo completamente aperto. Ottimo decalogo, utile in un mondo perfetto: peccato che se tutti rispettassero queste regole Facebook sarebbe già fallito da un pezzo per mancanza di informazioni da prendere e rivendere...

venerdì 5 novembre 2010

NUOVI MOVENTI

Dimenticate Duisburg, Columbine o il Circeo: oggi si ammazza per "colpa" di Facebook. Inutile entrare nelle motivazioni che soggiaciono a questi tristi eventi (meglio non saperlo), la realtà è purtroppo (anche) questa. O almeno, è quella che passano i giornali.

giovedì 4 novembre 2010

IO ODIO IL LUNEDI'

Avrei potuto aspettare l'inizio della prossima settimana per questo post, ma d'altronde perché aspettare quando si hanno queste notizie che ti svoltano la giornata? Repubblica.it pubblica lo scoop: il giorno più probabile della fine di una relazione sentimentale è il lunedì, giorno odiato dal 99,99% dell'umanità. Su che basi scientifiche si fonda questo essenziale dato? Ma su Facebook, ovviamente. Autore della ricerca è David McCandless, giornalista e tanto altro, che si è basato sullo status di 10mila utenti del vostro social network preferito per creare un'infografica che mostra i picchi in cui le parole "rotto" e "rottura" compaiono più spesso (nell'idioma parlato nella perfida Albione i termini sono broken up e break-up). Beninteso, la ricerca è seria ed è anche piuttosto presa in considerazione, visto che si parla spesso di questo studio e lo stesso McCandless ha presentato questo lavoro inserito nel più ampio contesto della diffusione delle informazioni in forma creativa (argomento, questo, davvero condivisibile) al TED di qualche mese fa (mica il Bar dello Sport, intendiamoci). L'intervento di David lo si trova qui (nello specifico dal minuto 06:18), e val la pena vederlo (peraltro c'è la possibilità di fruire dell'ottima traduzione in diverse lingue). Tutti d'accordo sulla spettacolarizzazione dei dati, niente da dire: certo, lo studio su Facebook magari si può contestare, non solo perché tutti i dati vanno ben contestualizzati, ma soprattutto perché magari la gente nel proprio status scrive che si è "rotta di Facebook". Magari.

mercoledì 3 novembre 2010

AMARCORD

Dai, ogni tanto bisogna ridere, perché fare sempre i seri? Il post di oggi è un'immagine divertente che prende in giro i modi di dire (con registri e stili diversi), di fare (rispondere ai propri commenti) e di interagire (gli ormai inevitabili like) nell'era di Facebook. Ma i protagonisti di questi status update e conversazioni varie sono personaggi che fanno riferimento ad eventi storici: avrebbero scritto proprio così se avessero avuto Fb? Godetevelo, it's kinda funny.

-If Facebook existed years ago...-


Thanks L. for the news! 

lunedì 1 novembre 2010

QUESTIONE DI FAMIGLIA

Dice un detto: errare è umano, perseverare è diabolico. Niente di più vero, soprattutto quando gli errori si ritorcono contro altre persone la cui posizione (sociale, politica o quant'altro) è definibile come delicata. La notizia del giorno riguarda Corinne Sawers e una foto postata (guarda caso) sul suo profilo Facebook. Una foto come tante altre? Beh, sì e no, nel senso che nell'immagine si vede un bell'albero di Natale sullo sfondo (e fin qui tutto normale) e la bionda ragazza con un kalashnikov (dorato) in mano. Soltanto un'innocente foto gangsta? Non proprio. Corinne Sawers è solo la figlia del capo dei servizi segreti Britannici (MI6), quindi si può ben intuire che valenza possa assumere quella foto. D'accordo, essere figlio di non è mica una colpa (anche se talvolta ritrovi magicamente figli di in contesti molto pubblici), però ogni tanto pensare fino a 10 prima di fare determinate azioni aiuta, signorina Sawers. Ho detto Sawers? Proprio quel Sawers la cui moglie pubblicò (sempre su Facebook, ça va sans dire) foto private del marito che tutto il mondo ammirò? Già, proprio lui. Errare è umano: il problema è che se hai madre e figlia con l'ossessione da Facebook, non c'è servizio segreto che tenga.

sabato 30 ottobre 2010

LA SPIA SI E' ACCESA

Questa è la classica notizia-bomba che potrebbe (dovrebbe) far saltare il sistema, o quantomeno mettere qualcuno in allerta: considerando che la prima opzione è di difficile realizzazione, speriamo che almeno il secondo scenario risulti fattibile, prima o poi. La notizia è questa: Facebook vi spia. O meglio, fa in modo che qualcuno vi  possa spiare, e nello specifico le forze di polizia. D'accordo, non è la prima volta che le autorità becchino qualcuno o abbiano a che fare con il vostro social network preferito, ma stavolta si parla di controlli capillari e preventivi da parte delle forze preposte al controllo della sicurezza nazionale, in ambito reale e anche virtuale. Secondo l'articolo pubblicato su L'Espresso, l'accordo tra Facebook e gli organi statali preposti è quantomeno storico, poiché l'Italia è il primo paese a stipulare questo tipo di agreement. Il motivo? Dal mio punto di vista non è questione di censura, politica di controllo o cose simili: semplicemente, Facebook in Italia è una vera e propria droga, e i dati lo testimoniano. Quindi, perché non approfittare delle spontanee dichiarazioni pubbliche con tanto di nome e cognome in bella vista? Dev'essere questo il ragionamento alla base, e non sta certo a me decidere se tutto ciò sia giusto o no: ci si può basare su quello che si legge in giro o se ci si fa una certa idea di un servizio che offre tanto e (apparentemente) non chiede nulla in cambio. Tuttavia, non è il caso di puntare il dito sempre e solo sull'Italia, per carità: Facebook non limita la sua policy alla terra di santi, poeti e navigatori in cerca di gossip. Pare infatti che abbia messo mano al portafogli in cerca di spiccioli per evitare che determinate leggi americane a tutela della privacy entrino in vigore.
Politica, tutela della propria libertà, etica, business: si gira sempre e solo intorno a queste tematiche, c'è poco da fare. Ah, ovviamente la notizia dell'accordo tra Facebook è stata prontamente smentita: vi pare che Facebook vi possa tradire? Delle due, l'una: o Facebook non vi spia, o Facebook vi spia. Io un'idea ce l'avrei. Ma non è mica una notizia.

venerdì 29 ottobre 2010

IDENTITA' VIOLATE

Ecco, la storia odierna mi ricordava tanto il titolo di un film di qualche anno fa (trovate qui la scarna descrizione della trama), ma è davvero il primo pensiero che mi è balzato in testa. Etichettato dal (mitico) Sun come The most terrifying story you'll read online today, l'articolo dal titolo My life was stolen on Facebook narra la storia del furto d'identità virtuale (ovviamente si parla del profilo Facebook) di una ex-cantante di una girl band in voga qualche anno fa, The 411. La parte inquietante riguarda il lato poco virtuale della faccenda: la ragazza, che attualmente lavora per una radio londinese, si è sentita chiamare per nome nella metropolitana da un uomo a lei sconosciuto. Come se non bastasse, l'uomo (che veniva appositamente dal Belgio - vabbè, dai, ora con il Tunnel è più facile raggiungere Londra) ha cominciato a urlare una serie di dettagli che lei non aveva mai confidato a questo total stranger: per farla breve, la ragazza scopre ben presto che la sua identità (foto con figlio comprese) era stata letteralmente "adottata" da una ragazza belga, la quale ha ovviamente agito per conto terzi, compiendo una serie di attività (tra cui editing delle foto "della 411") che hanno trasformato la vita della ex-starlette in un vero e proprio incubo da stalking.
Famosi o non famosi, non è questo il punto. Il punto è sempre lo stesso: oggi a lei, e domani?

PS: le 411, in effetti le ricordavo in qualche modo. Ecco, le ricordavo per questa canzone (ottimo video), ma non in questa versione. Ah, ecco, ora con l'intervento di Ghostface Killah mi suona già più familiare. La base non è da buttare: beh ci credo, visto che il sample di questa "hit" è datato ed è di qualità...

lunedì 25 ottobre 2010

LA DURA LEGGE DELL'AMICIZIA

Avete profuso ogni vostro sforzo per avere una lista amici degna di tal nome? Avete fatto a gara con i vostri conoscenti per chi ha il maggior numero di amici? Che bravi che siete, siete davvero gli utenti perfetti del vostro social network preferito. Capita talvolta di imbattersi in ripensamenti (capita): colui il quale è amico oggi, non lo sarà domani. E' un peccato che FB dia la possibilità di cancellare qualcuno dalla lista amici, perché in questo modo non si dà la possibilità di selezionare davvero la propria cricca di persone care. Ma un lato positivo c'è, ed è prettamente linguistico: l'azione di cancellazione di contatti dalla lista amici ha prodotto un neologismo (o almeno un'evoluzione semantica) che, come già segnalato tempo fa, è ormai una parola di uso comune e con una valenza sempre più importante.
A parola nuova corrispondono anche comportamenti nuovi: ecco dunque che l'atto di unfriending su Facebook diventa proprio una sorta di arte con la sua precisa etica. Come segnala Corriere.it, riprendendo un articolo del New York Times, questa nuova dinamica sociale è addirittura oggetto di studi seri, tanto da diventare una vera e propria tesi di laurea alla University of Colorado, Denver (USA). Nel lavoro sono stati individuati i motivi per cui si rinuncia ad un'amicizia fino a quel momento evidentemente irrinunciabile: tra le possibili cause, la presenza troppo continua di commenti banali o divergenza di vedute in materia di temi "caldi" come religione e politica. Insomma, il vostro prossimo status update o il vostro prossimo commento postato con troppa superficialità potrebbero segnare la fine di un'amicizia virtuale. Fortunatamente per la rottura di una vera, invece, serve (ancora) qualcosa di più.

domenica 24 ottobre 2010

CASA, DOLCE CASA...

Le parole chiave del post odierno sono "furto" e "casa": anche se in ambiti diversi, esse riconducono sempre e comunque al vostro social network preferito. Si parte con la prima notizia: vista la mania da informazione a tutti i costi legata agli status update più inutili che la storia (digitale e non) ricordi, alcune compagnie di assicurazione si stanno tutelando nei confronti di clienti fin troppo "chiacchieroni". Su Corriere.it compare la notizia relativa proprio alle possibili politiche adottate in caso di "annunci" fin troppo espliciti di assenze da casa o simili, poiché informazioni fin troppo reperibili e sfruttabili da malintenzionati. D'altronde, già mesi fa si era parlato del valore pubblico e della facilità di accesso a tali informazioni, quindi questo tipo di decisioni non è altro che il (giusto) frutto di nuove dinamiche "social-ossessive".
Ma i furti non sono solo reali: la psicosi può arrivare a varcare confini fino ad oggi inimmaginabili. L'appartamento svaligiato è virtuale, ma la denuncia è vera, verissima. La notizia proviene sempre da Corriere.it, ma sembra presa da un sito di barzellette o simili: una donna ha sporto denuncia per il furto del suo appartamento che ha costruito con tanti sacrifici su un giochino che gira su Facebook, tal Pet Society. Nel gioco si costruisce una vita virtuale con tanto di casa e accessori, un po' come per altri giochi come Second Life o The Sims. Avrei pagato pur di vedere la faccia del pubblico ufficiale che ha ricevuto questa richiesta di denuncia, e pagherei (ma anche no) pur di vedere il verbale relativo a questa vicenda. Poi si dice che in Italia la Giustizia non funziona e che ha costi altissimi...

sabato 23 ottobre 2010

UNA FOTO E' PER SEMPRE

Pentiti del vostro ultimo post? Beh, non siete soli: fa parte dei nuovi comportamenti ossessivo-compulsivi della generazione Facebook. Certo, esistono sicuramente dei metodi per tornare indietro (ah, il caro vecchio undo), ma non pensate che la cosa si riduca ad una procedura così facile. Su Wired.it è stata pubblicata la notizia dell'ennesima impostazione modificata in Facebook (con buona pace per la vostra privacy): la chat, vale a dire quella specie di sotterfugio utilizzato per non postare pubblicamente pensieri (in)utili, non si può più "pulire". Dunque, addio alla cancellazione della cronologia: occhio alle vostre prossime conversazioni, in futuro potrebbero come al solito ritorcersi contro di voi. Come se non bastasse, il problema della "scrittura eterna" (altro che i Sumeri) si estende anche e soprattutto alle foto, croce e delizia degli utenti FB. Cancellare una foto compromettente potrebbe non essere sufficiente: per quanto questa sparisca dalla vostra bacheca, essa rimarrà tranquillamente nei server di Facebook per mesi e mesi e mesi e mesi, spesso anni. E continueranno a rimanere a disposizione di tutti. Pentiti ora? Beh, potevate pensarci prima...

mercoledì 20 ottobre 2010

NELLA VECCHIA FATTORIA CEDO I DATI A CHICCHESSIA (IA IA OOH)

Non riuscite a staccarvi da Farmville, vero gioco-ossessione che circola su Facebook? Ecco una buona ragione per dare un taglio al giochino e magari al sito che lo ospita. Pare che il Wall Street Journal (e non un anonimo giornaletto di provincia) abbia condotto un'analisi riguardante il rapporto tra Facebook e le sue applicazioni più celebri, Farmville in testa. Risultato? Pare che in quanto a privacy FB sia un bel colabrodo (e dov'è la novità, d'altronde?), poiché comunica attraverso un ID univoco i (numerosi) dati dei profili personali a terzi, ossia gli sviluppatori di simulatori di mungitura di mucca e simili. FB di suo ammette il "buco" (incredibile ma vero), e giura provvedimenti in tal senso, ricordando tuttavia che nessuna informazione è condivisa ad altri senza esplicito consenso. Già, il consenso che si gestisce in quelle noiose ed oscure impostazioni personali. D'altronde, va detto, la notizia a tal riguardo è stata data in sordina, ma pare sia stata data. Certo, queste notizie sono noiose: meglio Farmville, no? Credo che sia la stessa cosa che dicono anche le aziende che monetizzano grazie alle vostre mungiture virtuali...

martedì 19 ottobre 2010

CAMPIONI DEL MONDO

"Non riesco più a stare senza, baby non è droga ma dà dipendenza..."

Scordatevi il 2006, questo record tutto italiano non credo possa avere lo stesso motivo di vanto rispetto a quattro anni fa. Su Repubblica.it si mette nero su bianco la notizia: gli italiani sono i maggiori utilizzatori di Facebook. Nel mondo, sia chiaro. Non parliamo di numero di utenti totali e nemmeno di rapporto popolazione/utenti: qui si parla di tempo pro capite (o meglio, pro utente) trascorso online. Chiaro il concetto? Abbiamo superato gli Stati Uniti, lì dove il fenomeno Facebook è iniziato: non mi sembra un dato per il quale andar fieri, sappiatelo. Nell'articolo si parla poi dell'ennesimo libro dedicato ai social network (beh, direi per par condicio: Repubblica non vuol essere da meno rispetto al Corriere) nel quale si delineano due profili di utilizzatori ben distinti (oltre a quelli elencati in questo post), ossia gli utenti che mantengono i contatti con la propria rete e quelli che vivono su FB per sapere i fatti degli altri. Credo che ci si dimentichi di un'altra categoria: quella delle persone che mantengono i contatti con la propria rete & che vivono su FB per sapere i fatti degli altri, contemporaneamente. D'altronde, non si diventa campioni del mondo per caso...

mercoledì 13 ottobre 2010

PATOLOGIE 2.0

Sulle "influenze" dettate dall'era digitale si è trattato parecchio in queste pagine, segno che l'ariete rappresentato dalla sfera virtuale sta sfondando il fortino della vita reale. A volte ossessione, a volte psicosi di massa, il vostro social network preferito a volte crea o sviluppa delle vere e proprie malattie con tanto di sintomi, diagnosi e prognosi. Sentite questa: un ragazzo viene mollato dalla sua fidanzata. Ok, niente di nuovo sotto il sole: fin qui, tutto normale. Il ragazzo la prende male (come è giusto che sia) e comincia anche a manifestare i tipici segni di un attacco allergico. Il motivo (provato ed approvato da una équipe medica)? Il ragazzo non riesce a mandar più la storia finita male, ma soprattutto il fatto che lei abbia cancellato lui dalla lista di amici di Facebook. No, giuro, questa notizia pare sia vera: è stato dimostrato che l'insorgere delle crisi asmatiche (di cui già soffriva il ragazzo, va detto) si verificavano proprio in concomitanza con la visione della foto della sua ex-fidanzata che probabilmente in quel momento conversava con altri su Facebook. Da qui l'ipotesi medica di relazionare questo stato particolare di stress alla reazione scatenata da questo scenario tutto particolare, tanto che lo studio probabilmente verrà pubblicato sulla prestigiosa rivista di settore The Lancet. La malattia del ventunesimo secolo ha un nome e un cognome. E un logo con una scritta su sfondo celeste.

martedì 12 ottobre 2010

UN BUSINESS A TUTTO TONDO

Come il Maracanà...citazioni a parte, il post di oggi è dedicato ad un articolo comparso sull'edizione odierna di Corriere.it che di fatto riassume tutti gli eventi più recenti legati (a modo loro) a Facebook (e che potete trovare grosso modo anche qui e qui), ma che in maniera molto più pragmatica vuole pubblicizzare un libro (l'ennesimo libro) che tratta il tema di Facebook e dintorni. Soprattutto dintorni. Il testo sta per uscire tra nove giorni ed è a firma di Marisa Marraffino, docente ed esperta di marketing digitale: il libro vuole essere una sorta di vademecum ai tempi di Facebook, soprattutto in ottica di educazione alla rete - un compito molto arduo vista l'attitudine generale di molte persone. Insomma, nell'articolo si prende la questione alla larga per terminare con la citazione di un libro. Buon per la scrittrice, la pubblicità ottenuta su una testata nazionale e il tema trattato profumano di combo vincente. Che dire? Comprate il libro per rileggere la cronistoria delle vicende da non imitare per non avere problemi circa eventuali messaggi inopportuni: c'è il caso della persona licenziata per un messaggio di troppo (toh, anche qui), della creazione del gruppo che diventa un caso da tribunale (toh, anche qui), di tradimenti virtuali (toh, anche qui, e di vario tipo anche), di divorzi (toh, anche qui) e probabilmente di tante altre piccole storie (toh, anche qui) che vi serviranno da monito. Arrivo tardi per scrivere un libro, peccato (ma non sarei in grado). Mi basta la "passione" che metto nel portare avanti questo progetto, anche se non si campa di sola "passione": per quella magari ci vorrebbe altro. Un libro, magari (ma non sarei in grado, l'ho già detto?).

lunedì 11 ottobre 2010

NATI(VI) DIGITALI

D'accordo, Facebook è un must per i teenager e per i giovani (ma non solo), ma ogni tanto si oltrepassa il (solito) limite. Abbassiamo l'asticella e pensiamo ai possibili rischi dettati dall'inesperienza sul Web, dalla giovane età (troppo giovane, alle volte) e dal cattivo utilizzo che si fanno di determinate risorse. Sapevate dell'esistenza di  un limite d'età per l'iscrizione a Facebook? Insomma, devi essere un teenager per scorrazzare sul vostro social network preferito. Eppure è facilissimo aggirare questo limite: basta falsificare la data di nascita, visto che l'inserimento dei dati è assolutamente free e incontrollato (come d'altronde succede in molti altri scenari, ma questa è un'altra storia). Insomma, fatta la legge e trovato l'inganno, si suol dire. Ma abbassiamo ulteriormente l'asticella, e occupiamoci di coloro i quali finiscono inconsapevolmente e contro la loro volontà su quel gran calderone di dati, foto e tag chiamato Facebook. Inconsapevolmente perché troppo piccoli: il dato è relativo al Nord America, ma l'articolo comparso sull'edizione odierna di City rivela che l'ottantadue per cento dei bambini al di sotto dei due anni (già) compare in Rete. Otto bambini su dieci che finiscono con i loro sorrisetti ingenui su profili con nome e cognome, alle volte. Abbassiamo ancora l'asticella, e citiamo anche il 23% di bambini con una "prova digitale" già online ancor prima di nascere, vista la mania delle madri di postare i loro pancioni sul Web. Contenti loro, ma poveri bambini, che male hanno fatto loro? (Almeno quelli in pancia sono coperti: magra consolazione...)

sabato 9 ottobre 2010

STORIE DI ORDINARIA DIPENDENZA

Sulla scia di un precedente post (il cui titolo è poesia allo stato puro), l'articolo del giorno da segnalare è tratto dal (nuovo) portale di Wired che tratta l'annosa questione dell'ossessione da Facebook che genera l'ansia da informazione passiva e attiva e che nel caso della protagonista ha portato ad una soluzione definitiva (a cui va il mio plauso, naturalmente). Ora, non so se l'articolo sia romanzato o meno, ma se vi ritrovate nella stessa situazione, beh, peggio per voi, ve la siete cercata!

venerdì 8 ottobre 2010

PRIVACY MON AMOUR

Mr. Facebook è un soggettino che ha capito tutto della vita: fa il filantropo proprio in concomitanza con l'uscita del film sulla controversa genesi del vostro social network preferito per far vedere che lui ama i suoi utenti; ora ci stupisce con dichiarazioni molto coerenti che sembrano quelle di un politico in vena di promesse a chicchessia. Giugno 2010: in un'intervista dichiara che "la privacy è un concetto superato". Non condivido, ma incasso e memorizzo. Ottobre 2010: Mr. Facebook annuncia una vera e propria rivoluzione della sua creatura dichiarando in mondovisione che il valore della privacy è importante e va tutelato attraverso dei filtri di trasmissione delle informazioni. Stento a crederci, ma è così: Facebook 2.0 sembra essere dietro l'angolo, e in teoria (forse per paura di una Diaspora) punterà forte sulla protezione dei dati personali. Fine delle trasmissioni per tutti i detrattori di Facebook? Non esageriamo. D'altronde è proprio lo stesso Mr. Facebook ad ammettere che le già presenti impostazioni per delimitare a contatti specifici le proprie informazioni (attraverso le "liste") sono utilizzate da 1 utente su 20. Che ne sarà del nuovo, privato Facebook (ossimoro puro)? Si passerà alle informazioni blindate oppure ora ben 6 iscritti su 100 useranno i social network in maniera consapevole? Quanti in realtà si ricorderanno di queste funzioni, e quanti in realtà continueranno ad essere Dipendenti, Incontinenti, Lanciatori di ami, Predicatori, Giullari e Replyer? Solo il tempo ce lo potrà dire, prima ovviamente che Facebook chiuda e il suo fondatore si butti in politica. D'altronde, sembra molto portato per questo tipo di cose...

mercoledì 6 ottobre 2010

LA DOMENICA SPORTIVA

Facebook e sport, binomio potenzialmente pericoloso. Già in passato il vostro social network preferito aveva creato scompiglio in occasione di qualche evento di rilevanza nazionale ed internazionale come le Olimpiadi, i campionati di basket italiani (dal punto di vista dei direttori di gara) o i recenti Mondiali di calcio in Sudafrica (ma a giudicare dal risultato finale - Spagna sul tetto del Mondo - direi che il divieto ha funzionato). Spostiamoci sul calcio, lo sport per eccellenza e la mania e passione dell'italiano medio: ormai i calciatori più famosi fanno a gara a creare il proprio profilo official su Facebook per comunicare con i propri sostenitori (o detrattori che ti insultano, ma è il prezzo da pagare, baby). Ci sta, d'altronde sono personaggi pubblici e oggetti di marketing, quindi mi pare che in questo caso il mezzo sia solo parte del business che si scatena dopo i tempi regolamentari. Capita, tuttavia, che qualcuno vada (come al solito) fuori dalle righe e con un commento di troppo rischi di attirare discussioni mediatiche o incappi in qualcosa di più grave. Le due notizie sono quasi contemporanee: la prima riguarda un giovane calciatore serbo della Fiorentina, Adem Ljajic, appassionato di Nutella e di computer. La prima al massimo fa male allo stomaco, il secondo se usato con la leggerezza dei vent'anni qualche problemino in più lo può dare: il ragazzo gioca bene, si monta un po' la testa, esterna il suo pensiero su Facebook ("voglio giocare in nazionale") e si scatena la rissa mediatica. Peccato che - pare - il suo profilo sia un fake bello e buono, e che quindi le sue dichiarazioni abbiano lo stesso valore delle teste di Modigliani trovate in riva all'Arno. E peccato per tutti i suoi fan che senza esitazioni erano pronti a vantarsi di aver stretto "amicizia" con un famoso calciatore.
La seconda notizia riguarda dei calciatori meno famosi, ma non per questo non meritevoli di finire nell'occhio del ciclone. Sentite questa che è bella. Sulla bacheca di un giocatore della Salernitana (parliamo comunque di Prima Divisione o vecchia Serie C1, mica il campionato della parrocchia), Luca Brunetti, qualche giorno fa compare un urlo di vittoria: 3 punti per i granata? No, semplicemente una vincita alle scommesse da parte del calciatore. La dichiarazione fa il giro della Rete e un suo compagno di squadra, Andrea Pippa, addirittura ironizza sul loro Presidente. Peccato che i tesserati professionisti NON possano scommettere sugli eventi calcistici, pena una squalifica. Brunetti si difende dicendo che la sua situazione contrattuale è in bilico in quanto fuori squadra e prossimo alla rescissione del legame con la Salernitana. Già, peccato che a tutti gli effetti il ragazzo sia ancora legato da un vincolo che gli impedisce di effettuare scommesse sulle partite di cui lui stesso può essere artefice, nel bene e nel male. Una volta si utilizzava il classico vecchio metodo della telefonata e del meteo: il sole splendente corrispondeva alla vittoria della squadra di casa, il tempo nuvoloso era indice di pareggio, e la pioggia indicava la vittoria degli ospiti. Bastava un po' di accortezza per fare la legge e trovare l'inganno: oggi invece si lascia tutto su quel diario pubblico chiamato Facebook senza ponderare le conseguenze. La battuta è scontata: riguardando i cognomi dei protagonisti della vicenda, mi sa che la Pippa non è tal Andrea.

sabato 2 ottobre 2010

IL SENSO DELLA VITA

Più che un post sembra un tweet, ma tant'è: come non condividere questa splendida risposta che è un po' l'essenza del vostro social network preferito?


Un sentito grazie a artoftrolling, vera fonte d'ispirazione!

martedì 28 settembre 2010

STIPPLE FO' SHIZZLE

Ecco il nuovo tormentone legato all'era digitale, e in particolare a quel calderone di foto poco artistiche e parecchio compromettenti chiamato Facebook. Si tratta di Stipple (come riporta Downloadblog.it), uno strumento che serve a "contestualizzare" porzioni di immagini fino a quel momento mute attraverso l'aggiunta di tag. Lo scopo? Nel suo intento originario pubblicizzare prodotti commerciali che compaiono nelle foto. Più pragmaticamente, tuttavia, l'uso incontrollato può portare come al solito alle solite storie di cattivo utilizzo di risorse più o meno utili. E in una community di 500 milioni di amici, fidatevi, di queste storie se ne sentono fin troppe.

PS: Mi compiaccio quando mi invento 'sti titoli... :)

venerdì 24 settembre 2010

OUT OF RECESSION

Si sa, sono tempi difficili per l'economia mondiale. Come combattere la crisi? Una soluzione c'è: replicare il crollo dei server di Facebook che è avvenuto due sere fa, così la gente torna a fare cose serie. Mi hanno raccontato di scene di autentico panico, e ho letto di finte notizie, di siti concorrenti che fanno da "ripiego" al vostro social network preferito (conferme si trovano qui) e di speranze personali andate in fumo dopo poco tempo (pensavo fosse andato down in eterno, pazienza). Ma quello che fa riflettere è il ritardo con cui le maggiori testate italiane hanno dato notizia dell'epocale caduta di Facebook: due giorni dopo, e tutte insieme. Forse perché anche i redattori erano nel panico più totale in preda all'astinenza da FB (tranne lui)?

BENEFATTORI

Complimentoni, non pensavo ci fossero così tanti filantropi a questo mondo. E invece ce ne sono almeno 500 milioni, tanti quanti gli utenti Facebook. Come dite? Non avete mai fatto donazioni benefiche? Eppure leggo che Mr. Facebook ha appena donato 100 milioni di dollari alle scuole di Newark. E quando l'ha fatto? Proprio alla vigilia dell'uscita nelle sale americane del "suo" criticato film, The Social Network. E dove l'ha fatto? All'Oprah Winfrey Show, non proprio un programmino di provincia. Naturalmente non si donano tutti quei soldi se non si hanno miliardi nel portafogli: naturalmente, non si hanno tanti soldi se non si crea un sito che genera camionate di denaro grazie ai vostri dati personali (dunque, per osmosi, siete tanti piccoli altruisti). Naturalmente non arrivi a mezzo miliardo di amici senza farti un po' di nemici. E per far tacere quei nemici basta una comparsata in tv da uomo tanto buono, e tutti i problemi sono alle spalle. Filantropo, genio del marketing: forse mi sbaglio io sul suo conto.

Scherzo, eh.

martedì 21 settembre 2010

I RACCOMANDATI

Questa notizia mi arriva dritta dritta da una segnalazione personale: da un po' di tempo a questa parte, sulla bacheca del vostro social network preferito compaiono le cosiddette recommended photos, ossia delle foto nelle quali potreste essere stati taggati proprio voi o qualcuno dei vostri "amici". Pare (pare, eh) che il sistema effettivamente funzioni, nel senso che all'improvviso compaiono delle foto dei vostri cari: tuttavia, pare anche che amici degli amici degli amici che visualizzano un vostro album di foto compaiano all'improvviso nelle foto caldamente consigliate, quasi fosse uno scambio di favori (io mi faccio i fatti tuoi? Prego, vieni a farti i fatti miei...). Insomma, una nuova e forse non proprio indispensabile funzione di Facebook, che come al solito innalza i soliti dubbi a proposito della privacy degli utenti. Possibili soluzioni al problema? Il buon vecchio Yahoo Answers sarà anche frequentato dai ragazzini, ma sciorina verità sacrosante, alle volte. Altro dilemma: le recommended photos non sono nello stesso posto e hanno lo stesso layout delle pubblicità, tanto da spaventare qualcuno non pronto alle novità in arrivo? Evidentemente è proprio così. Dunque: foto personali o pubblicità? Forse i tempi sono maturi per unire le due cose. Con il vostro implicito consenso, si intende.

lunedì 20 settembre 2010

LA MOSCA BIANCA

Che Wired fosse un gran progetto editoriale non l'ho mai nascosto (giuro, non lavoro lì... ma mi piacerebbe!), e ancora una volta mi ritrovo a dover appoggiare in pieno le parole che scorrono su quelle pagine, siano queste cartacee o digitali. Via Downloadblog, stavolta si fa un salto oltreoceano per leggere un articolo pubblicato sull'edizione statunitense di Wired firmato e controfirmato dall'editor del "cugino" UK (ok, si torna dall'altra parte dell'Atlantico), David Rowan, il quale ha incredibilmente dichiarato di non avere un profilo su Facebook. Un reietto insomma, tanto da essere considerato dal suo interlocutore un old dude, perché - si legge - "solo le persone più anziane (ovvero: sagge, ndr) si curano della propria privacy". Rowan non fa una piega e controbatte, elencando i sei motivi per i quali Facebook risulta più un danno che una risorsa per la propria vita sociale. Leggete pure e riflettete: ovviamente sono motivazioni che condivido al 100%, e che penso siano il leitmotiv di queste pagine. Bravo David, tanto lo sai che col tempo avremo ragione noi...

venerdì 17 settembre 2010

KILL BING

Sembra sia solo un rumour, ma a quanto pare i vostri "like" finiranno dritti dritti in quel grande calderone rappresentato dai motori di ricerca, al fine di indicizzare meglio le vostre ricerche. Ovviamente la prima idea che viene in mente quando si parla di motori di ricerca è la Grande G, e invece no: la partnership, come anticipa Wired.it, verrà stretta tra il vostro social network preferito e il motore di ricerca di Microsoft, Bing (ora direte: CHI?). In pratica, i segni di apprezzamento sotto forma di manina che tanti problemi creano e che tanto superficialmente vengono cliccati, magari per noia o "perché lo fanno gli altri", concorreranno ad una ricerca sempre più precisa, sempre più mirata. Il problema ovviamente non risiede nel motore di ricerca, ma nell'utilizzo veicolato che ne deriverà, poiché attingerà da effettivi (?) gradimenti degli utenti, ma soprattutto perché pescherà da quel grande archivio di dati personali chiamato Facebook. Dalla casa madre garantiscono l'anonimato e il rispetto della privacy: visti i precedenti, tuttavia, un minimo di dubbio è quantomeno lecito.

giovedì 16 settembre 2010

RIFORMA UNIVERSITARIA

No, questo post non vuole segnalare la creazione del gruppo contro la nuova riforma accademica italiana, ma è solo una "provocazione": più che di riforma si dovrebbe parlare di vera e propria rivoluzione, ed è quella che è avvenuta alla Harrisburg University of Science and Technology, in Pennsylvania. Con un assoluto atto di coraggio, il rettore ha deciso di oscurare per una settimana tutti i social network (tra cui il vostro preferito, Facebook) impedendo l'accesso a studenti e professori. Ciò che sembra una provocazione è in realtà un esperimento, volto ad una riflessione da parte degli utilizzatori dei social media sull'utilizzo (eccessivo) che fanno di questi strumenti. Una settimana che sarà per molti un'eternità, e che probabilmente accenderà le solite polemiche tra i detrattori e i fanatici di questi strumenti. Una cosa è certa: l'unico mezzo di comunicazione che continuerà a funzionare è la cara, vecchia mail. Quella che serve per i messaggi poco frivoli, magari per le informazioni davvero utili.

PS: Come si arriva ad Harrisburg? Un pensierino lo farei...