domenica 29 aprile 2012

GIUDIZIO SEVER(IN)O

Al recente Festival del Giornalismo di Perugia ha avuto luogo un intervento dal titolo Etica e Giornalismo, ospite il Ministro della Giustizia Paola Severino. Lungi da me ironizzare sul titolo della discussione; l'argomento si è fatto interessante allorché il Ministro ha parlato di blog e di Internet, affermando che in alcuni casi i danni che provocano le parole in Rete possono essere maggiori di quelli dei giornali e dell'informazione più "convenzionale". Suppongo che il Ministro sia (ben) consapevole del fatto che nel momento in cui un rappresentante istituzionale pronunci la parola "Internet", online si scatena il dibattito a suon di bavagli, repressione e parole di questo genere. Ovviamente non è questa la sede per discutere dell'argomento: lo spunto parte da una dichiarazione precisa del Ministro, ossia quella relativa al rispetto delle regole di Internet e del fatto che i blogger si debbano autoregolamentare, perché solo così uno strumento come il blog può ricoprire un'utilità per la collettività.

Ecco, il problema è questo: chi sa quali siano le regole su Internet? In un mare digitale così vasto ci possono essere varie regole (una dichiarazione-esempio qui, a pagina 27 per la precisione), ma è anche vero che Internet per tanti è sinonimo di libertà, e libertà è sinonimo di totale assenza di regole. Consapevolmente o meno, la base di utenti così vasta fa sì che si dicano tante cose su Internet: vere, false, giuste o sbagliate. Non c'è una regola: esiste soprattutto il buon senso. E il buon senso dipende da ognuno di noi (edit: non sono l'unico a pensarlo, per fortuna). Ciò che (non) si fa nella vita reale si rispecchia nel comportamento in Rete, anche se è vero che proprio in Rete molte persone si comportano in maniera del tutto diversa rispetto a quel che fanno una volta che si è effettuata la disconnessione. Ma anche qui vale la stessa regola, ed è una regola che non può non esulare dal rapporto di raziocinio che si ha col proprio io.

Chiosa finale: vero, i blog -se usati male- possono effettivamente costituire una minaccia, ma l'uso molto poco regolamentato dei social network allora cosa produce o può produrre? Al prossimo Festival (forse) l'ardua sentenza, sperando che non sia troppo tardi.

mercoledì 25 aprile 2012

SI LAVORA E SI FATICA...*

...per arricchire Facebook, e voi mica...

Si colloca a metà tra il serio e il faceto un articolo apparso su cadoinpiedi.it dal titolo Noi "lavoriamo", Facebook guadagna: in questo caso il "lavoro" è quello di ingrossare la mole di dati presente sul vostro social network preferito, e tutto questo pubblicare non solo abbellisce le vostre bacheche ma anche la tasca di Mr. Facebook, lesto a rivendere questi dati personalizzati ad aziende e affini. Insomma, se Facebook è arrivata a valere così tanto e ad elargire somme come fosse acqua fresca lo deve unicamente a voi, e addirittura si parla di una sorta di dividendo da spartire con tutti gli utenti. Ben 121 dollari: sono cifre importanti. Sicuri di valere questa cifra?

* = I cari vecchi detti popolari...

domenica 22 aprile 2012

CELL...A DI ISOLAMENTO

Teoricamente questa notizia non dovrebbe riguardare il mondo dei social network e affini, ma si sa, la tecnologia galoppa e dunque è impossibile ormai scindere l'ossessione da Facebook e simili ai gesti del quotidiano. La "scossa" parte da Udine, profondo nord: terra fatta di gente di poche parole, e forse proprio per questa il luogo perfetto per l'iniziativa Liberi dal cellulare - Liberi di parlare. L'idea nasce dall'associazione ACE ed è spalleggiata dal sindaco di Udine, il quale ha dovuto constatare la totale assenza di attenzione di molti membri della giunta (situazioni non isolate, va detto) per via dell'uso spasmodico del cellulare. Il problema non sono (più) gli SMS, ma il fatto che con i moderni smartphone è possibile essere sempre connessi a Facebook e Twitter: proprio per evitare tutto questo smanettare (sono parole del primo cittadino) verranno creati in città degli spazi cell-free, vere e proprie zone ove "staccare" dalla socialità digitale a tutti i costi.

Iniziativa anacronistica nel 2012, in un mondo senza barriere e sempre connesso? Può essere: sappiate però che il Sindaco di Udine è un noto matematico e docente di Informatica all'Università. Non esattamente uno sprovveduto in materia, insomma. E se proprio lui invita all'uso della tecnologia in modo responsabile, c'è da crederci: in fondo è proprio in questi atteggiamenti che si vedono i veri appassionati del settore.

venerdì 20 aprile 2012

SECONDO MONITO

Torna a parlare il baronetto a cui l'umanità deve tanto, e per quanto siano forse anacronistiche le sue parole una base di ragionevolezza la si può sempre trovare. Già qualche tempo fa Tim Berners-Lee aveva espresso le sue perplessità riguardanti le nuove minacce della Rete, i cui colpevoli erano da ritrovare nei fornitori dei servizi Internet a livello sovrastrutturale e nei social -FB in testa- per quanto riguarda la "chiusura" di determinati contenuti. Insomma, secondo sir Tim il Web è libertà non solo di espressione, ma anche di ricerca di tutti i contenuti. A distanza di pochi giorni dallo "sfogo" (con parziale rettifica) del fondatore di Google nei confronti di questo "nuovo" Web monopolizzato da aziende chiuse come Apple e Facebook (uscita, questa, da leggere nell'ottica di un'azienda che ha fatto della ricerca dei contenuti liberi il suo business a tanti zeri, sia chiaro), anche Berners-Lee (ri)propone la sua preoccupazione per il futuro del Web (attenzione: del Web), a sua detta troppo "vincolato" in quelle barriere dettate dai colossi come Facebook.
Mettendo un po' a fuoco i punti di vista, qui si tratta di capire cosa ormai si intenda per Web. La sua prima versione era una novità, e chiunque - pochi, in verità - poteva contribuire a riempire la Rete con i propri contenuti. Poi arrivò il Web 2.0, quello fatto di commenti degli utenti e di piattaforme [più o meno] libere come i blog: era la democratizzazione spinta della Rete, era una rivoluzione dal basso. E poi arrivò l'identità a tutti i costi, la possibilità di dare proprio a tutti un proprio spazio: dal dire tanto si è forse passati al dire troppo con il beneplacito dei gestori dei servizi in grado di monetizzare in modo sproporzionato tanto bendiddio messo a disposizione con così tanta facilità. Ecco, forse è questo il messaggio-monito che viene fuori, al di là del fatto che i contenuti possano o non possano essere reperibili, possano o non possano essere sfruttati, possano o non possano essere generati con cognizione di causa. Il Web è libertà ed è stato costruito con un barlume di struttura ordinata. Ora questo ordine è venuto un po' meno: anche il palazzo apparentemente più solido, se si minano le fondamenta, è destinato ad una sola fine.

sabato 14 aprile 2012

UN'ALTRA BAT...TAG...LIA

Tra i tormentoni di Facebook c'è senza dubbio l'attività di tagging delle foto, vale a dire l'associazione di un'informazione (identitaria, ovviamente) ad un'immagine. Si tratta di una vera croce e delizia sul vostro social network preferito, poiché esiste chi desidera ardentemente far "parlare" le fotografie (e per loro ci pensa addirittura un sistema automatico) e chi invece odia in modo irrimediabile che si sbandieri ai quattro venti la propria identità attraverso questo sistema. Inutile dire da che parte stia Facebook: il solo fatto di aver reso disponibile questa funzione la dice tutta, anche perché più informazioni circolano sul sito e maggiore sarà la profilazione (con conseguente ritorno economico) degli utenti. C'è però chi vuol mettere i classici bastoni tra le ruote di FB: non si tratta di un concorrente ma dell'Unione Europea, attenta a garantire dei diritti fondamentali ai  propri cittadini anche (e soprattutto) in Rete. E' notizia recente la disposizione UE che obbliga Facebook a evitare l'attività di tagging degli utenti salvo approvazione degli stessi. Insomma: non si vuol essere taggati? E' un (sacrosanto) diritto e occorrerà esprimere tale volontà. Per fortuna un minimo di tutela: UEvviva.

venerdì 13 aprile 2012

STRIPTEASE(R)

Un vecchio detto di pura saggezza popolare recita più o meno "tira più un"...insomma, ci sono degli argomenti top che assicurano successo garantito. La regola ovviamente vale anche per il marketing, e Facebook non può fare certo eccezione. L'ultima campagna pubblicitaria di un (più o meno) noto brand di abbigliamento, Stussy, invece di passare dalle noiose pagine istituzionali finisce dritta dritta sul vostro social network preferito: e per invogliare gli utenti a diventare sostenitori del marchio hanno fatto partire la campagna Strip for likes. Basterà apprezzare la pagina per togliere man mano gli indumenti ad una deliziosa signorina (iper)vestita con gli indumenti della marca pubblicizzata. Più like fioccheranno e meno vestiti si vedranno, insomma. Non sarà l'amore a far girare il mondo, ma la "solita" potenza del like, un gesto che in questo caso può darti più di un semplice apprezzamento ma che dà altrettanto ai grandi gestori di dati. Basta saper scegliere "l'argomento" giusto. D'altronde, Stussy fa rima con...

lunedì 9 aprile 2012

TI VENDO!

Come pubblica piazza sembra piuttosto normale che la gente sul vostro social network preferito faccia di tutto per mettersi in mostra o per monetizzare i propri spazi; sembra (paurosamente) normale anche che le aziende "esterne" a Facebook abbiano trovato in questo sito una vera e propria manna di dati sensibili da trattare a proprio piacimento, anche a vostra insaputa. Insomma, ciclicamente la questione si ripropone - o meglio, qualcuno la ripropone come se fosse la cosa più normale del mondo: stavolta è il turno del Wall Street Journal, che nel pezzo Selling you on Facebook spiega proprio questa intricata procedura di trattamento dati. L'articolo è frutto di approfondimento anche di fonti nostrane, addirittura sul buon vecchio cartaceo (La Repubblica di ieri, qui in versione digitale). Sulla stessa edizione, qualche pagina dopo, un articolo dal nome emblematico: Orwell non l'aveva previsto. Forse l'aveva previsto troppo bene.

venerdì 6 aprile 2012

SO DAMN NINETIES...

A che Web appartenete? Probabilmente sarà l'anagrafe a dare una risposta, ma è fuor di dubbio che gli ultimi 20-25 anni si possono scaglionare in diverse "ere" di Internet. Che siate nativi digitali o meno, vi sarete probabilmente imbattuti in una vera e propria evoluzione della Rete, e ciò riguarda non soltanto le cosiddette infrastrutture (la velocità di connessione e dei computer), ma anche e soprattutto i contenuti presenti online. In quest'ottica, con un tono ovviamente sarcastico, il video che ripropone un immaginario Facebook degli anni '90 è oggettivamente gradevole, soprattutto per quelle chicche sparse qua e là che solo chi ha vissuto quel Web può capire in pieno. Occhio alla vocina fuori campo che si meraviglia di fronte alle grandi innovazioni proposte dal vostro social network preferito: ha quel non so che di presa in giro che rende il prodotto finale ancora più bello.

Facebook negli anni '90: avrebbe avuto successo? Con i ma e con i se non si fece la storia: certo è che senza andare troppo lontano, diciamo meno di 10 anni fa, il Web era più "essenziale", nel senso che i contenuti non mancavano e la gestione delle informazioni era tutto sommato un'impresa a misura di utente. Più essenziale, non necessariamente peggiore: forse, solo chi è passato dalle varie età del Web può capire meglio l'evoluzione o l'involuzione della Rete. Buona visione!

mercoledì 4 aprile 2012

IL FLUSSO CONTINUO

Internet, la fonte di informazione più grande della storia. Non scopro certo l'acqua calda con questa affermazione, vero è che aver garantito la libertà assoluta di espressione a tutti - nessuno escluso - certo ha portato ad una situazione con i pro e i suoi contro. L'informazione è forse una delle cose più belle che ci sia: certo, con l'esplosione dei social si è passati da un regime di flusso di informazioni ad un sovraflusso delle stesse. Insomma, esistono notizie oggettivamente utili e pareri che lo sono meno; sciami di dati digitali che creano discussioni costruttive e status update dall'interesse abbastanza discutibile. Finisce però che alla fine della fiera è l'overshare a farla da padrone, o forse ad essere più cool, a tirare maggiormente. La situazione riguarda anche e soprattutto (ma non solo) i cosiddetti Vip, ma fortunatamente c'è ancora chi ragiona per canali (e per idee) più tradizionali, sicuramente più ragionate. Lo tsunami di informazioni rischia di travolgerci.

lunedì 2 aprile 2012

L'ASTUTA LEPRE

Qualche giorno fa, in occasione della presentazione di un evento concernente i nuovi media, un relatore ha posto una domanda secca. Da quando esiste Facebook, come è cambiata la vostra vita nel quotidiano? Intendo nei modi di fare, di dire... Le risposte sono state varie (non chiamo più le persone, scrivo sulla bacheca e cose di questo genere), e io più che rispondere - l'elenco negativo sarebbe stato troppo lungo - ci ho riflettuto su. Tra le altre cose, ho pensato ad un episodio di qualche tempo fa. In una libreria, ad altezza occhi (benedetto marketing), mi imbattei in un titolo bianco su sfondo nero. Titolo inequivocabile: Harpo Coniglio e il mistero di Facebook. Libro preso senza esitazioni, senza leggere autore e informazioni collaterali.
Il libro è un romanzo che vuole svelare, appunto, un mistero. Il coniglio osserva la sua padrona notte e dì, e lei è continuamente su Facebook. Al pari della ragazza, Harpo scoprirà tanti altri dipendenti dal vostro social network preferito durante le sue indagini. Già, la storia si infittisce allorché il giorno del compleanno del leporide la ragazza sparisce di punto in bianco, e il saggio Harpo capisce che il motivo della sua sparizione e del suo irrazionale comportamento dipende esclusivamente da Facebook. Il coniglio è costretto a documentarsi su quello strumento di psicosi di massa, e scopre tutti quegli aspetti che di fatto connotano il social network. Durante l'investigazione si imbatterà in amici della ragazza, parecchi dei quali iscritti a FB e parecchio squilibrati (la cosa potrebbe andare di pari passo...). Ogni capitolo riguarda la descrizione di un episodio correlato ad una "caratteristica" di Facebook, e man mano Harpo si rende conto del potenziale distruttivo che ha il social. Il romanzo termina....beh, ovviamente non voglio spoilerare. Non è neanche mia intenzione consigliarvelo (si potrebbe preferire un saggio che parla di questi argomenti rispetto ad un romanzo un po' surreale): è solo che effettivamente non avrei mai acquistato il libro se Facebook non fosse diventato un elemento che ha cambiato a vari livelli il nostro quotidiano.

Ps. Una domanda che sorge spontanea riguarda il protagonista. Perché un coniglio che parla di Facebook? Beh, magari la risposta si ottiene anagrammando proprio coniglio. Messaggio subliminale?

domenica 1 aprile 2012

INFORMAZIONI APP...ICCICATE

Non sorprende di certo leggere su Repubblica.it che la "migrazione" dei propri dati sensibili su Facebook avviene anche senza essere direttamente responsabili. Il fenomeno riguarda nella fattispecie il piccolo (grande) mondo delle app, ossia quei programmi di vario tipo che si "installano" direttamente sulle proprie bacheche. Inutile dire che questo tipo di codice è spesso completamente esterno a Facebook, ma nel momento in cui si ingloba nel proprio profilo il gioco è fatto, e le informazioni contenute nel database del vostro social network preferito magicamente si travasano nei server di sviluppatori terzi. Ma c'è di più: se si disinstallano le applicazioni non è detto che il flusso di byte sensibili si interrompa, poiché se uno dei vostri amici continuerà ad usare una data applicazione per osmosi i vostri dati seguiteranno ad essere prelevati, come per magia. La soluzione? Disabilitare la funzione di installazione di applicazione terze, ovviamente. Riuscirete a vivere senza Farmville in nome della privacy?