mercoledì 25 novembre 2009

T'AMAVO, PIO BOVE...

Si è già detto che Internet non dimentica mai, e a proposito di questo, ecco spuntare un articolo su Repubblica.it che parla della non facile operazione di rimozione -dalla Rete- di testi, foto, video e quant'altro riguardi la fine di relazioni sentimentali (e dintorni).
Il magic moment dell'articolo è senz'altro questo: "La vera arma di distruzione di massa della privacy è però Facebook". Ho riletto quella frase più e più volte. Aaaaaaaaaaah, so' soddisfazioni....

lunedì 23 novembre 2009

TAG: DEPRESSIONE

Eccola qui, l'ennesima vittima del sistema di schedatura di massa più celebre al mondo. Come riporta la canadese CBC (ripreso da Corriere.it), una donna ha perso l'assegno di malattia, ottenuto a causa di una profonda depressione, perché la sua compagnia di assicurazione -per intenderci, quella che sgancia il grano - ha trovato su Facebook alcune foto in cui la ragazza sorride amabilmente in posa su una spiaggia oppure si diverte in un bar con gli amici. Risultato? Dalle "prove" si evince che la ragazza non può essere depressa, quindi l'assegno di malattia deve essere revocato. Voilà, eccovi servito un altro caso di Giustizia 2.0, in cui il nuovo Grande Fratello dei giorni nostri si dimostra il mezzo migliore per inchiodare o scagionare qualcuno. Magari mi sbaglio, ma in fondo si vive anche senza mostrare le foto in spiaggia ai propri ottocentoquarantacinque "amici"...

venerdì 20 novembre 2009

NEOLOGISMI 2.0

Se persino l'English Oxford Dictionary si "scomoda" a guardare nel campo dei social network per annunciare la parola dell'anno 2009, allora beh, i tempi cambiano. Non per forza in meglio, s'intende... Fatto sta che la Word of the Year stabilita dal prestigioso dizionario è unfriend. In pratica, come spiega Corriere.it, si tratta della procedura di rimozione di un contatto dalla lista "amici". Il che fa capire la valenza e il peso del concetto di amicizia (come nell'esempio dei lessicografici "Dopo aver avuto un litigio con il mio coinquilino, l'ho cancellato dalla mia lista amici di Facebook" -alla faccia dell'amicizia), visto che persino un panino val bene un presunto amico...

PS: Festeggio il centesimo post...un traguardo, certo, ma anche la consapevolezza di aver parlato (quasi) 100 volte di privacy invasa, di netiquette violata, di inganni, di psicosi collettive, di tormentoni... ma nel frattempo, il vostro social network preferito continua a mangiare identità altrui.

giovedì 19 novembre 2009

LIBRI, QUESTI SCONOSCIUTI...

L'ultimo rapporto Censis dice esattamente questo: saremo un popolo di santi e navigatori, ma di lettori proprio no. Ora che ci penso, di navigatori Web probabilmente sì, e anche se siamo un paese con uno spiccato digital divide, alla sbirciatina su Facebook proprio non si rinuncia mai. Come riportato da Repubblica o La Stampa, i dati parlano chiaro: si legge sempre meno (libri o giornali, poco importa) ma i social network registrano un boom, Facebook in primis. E per Facebook, gli utenti sarebbero disposti a tutto: alla lettura, appunto, ma si rinuncia anche ad andare al cinema, a fare shopping, ad incontrare amici veri, addirittura allo studio e al lavoro.
Le attività preferite dagli utenti Facebook? Via con la scoperta dell'acqua calda: Guardare cosa c'è nelle bacheche degli "amici" (leggi: gossip locale), ma anche unirsi ai gruppi e cose varie. E di tutti questi perfetti utenti medi, solo uno su quattro si accorge effettivamente di perdere troppo tempo su FB o di sottrarre tempo ad altre attività.
Guardiamo il bicchiere mezzo pieno: almeno uno su quattro si è accorto di qualcosa...

mercoledì 18 novembre 2009

LE NUOVE PAGINE GIALLE

Pensavate che un profilo privato bastasse per ghettizzare le vostre informazioni solo per i vostri ottocentoquarantacinque "amici"? E invece no. Facebook -il vostro social network preferito - è esattamente quello che penso, cioè un grosso database di schedature di massa. Certo, casi come questo segnalato dal Sun (che giornale...) sono solo la prova che il cattivo di turno alla fine paga, ma se parliamo in senso generale, ci accorgiamo come ormai qualsiasi attività e qualsiasi dato sensibile vengano monitorati - e la cosa bella è che la gente lo fa volontariamente (oppure spinta da manie da psicosi collettiva) lamentandosi poi per la mancanza di privacy...
Insomma, in questa storia anglosassone una ragazza aggredita in un locale ha ritrovato il suo aggressore grazie ad un paio di giorni di ricerche su Facebook e un "amico" in comune con la vittima, il quale non ha avuto problemi a reperire l'indirizzo dell'autore del gesto violento. D'altronde, i dati sono inseriti tutti volontariamente, vero? Meglio delle Pagine Bianche...

venerdì 13 novembre 2009

ANYTHING YOU DO WRITE MAY BE GIVEN IN EVIDENCE - PART II

E infatti, poiché le notizie non "atterrano" mai per caso, dopo aver parlato delle tracce sui social network come prove impugnabili, ecco arrivare un altro caso di presenza online come rappresentazione della presenza fisica di una persona. Stavolta non si tratta di un semplice furto come nel caso precedente, bensì di un omicidio. E il presunto colpevole, per cercare di depistare le indagini, ha effettuato l'accesso su Facebook per conto della vittima, scrivendo messaggi che in qualche modo erano in grado di scagionare il (sempre presunto) colpevole. L'ennesima dimostrazione che non basta una username e una password per diventare "reali", non basta un poke o un messaggio in bacheca per dimostrare un'innocenza. L'ennesima dimostrazione che Facebook non è la vita reale.

giovedì 12 novembre 2009

ANYTHING YOU DO WRITE MAY BE GIVEN IN EVIDENCE

Ossia, "tutto ciò che scriverai potrà essere usato contro di te in tribunale"...scene da film, roba da "Law and Order" 0 simili...e invece probabilmente sentiremo sempre più spesso questa variante formulaica, figlia dei tempi moderni. Dopo il caso del ladro che si è connesso su Facebook durante un furto o i numerosi casi di divorzio online (con messaggi lasciati su Facebook usati come prove a carico), eccone un altro che, al contrario, impugna la prova dell'aggiornamento di un suo status su Facebook come alibi per scagionare un'accusa di furto a suo carico. In pratica, il commento postato sul vostro social network preferito è stato scritto durante l'orario del furto, e attraverso un monitoraggio incrociato, si è potuto verificare che il messaggio è stato scritto proprio dall'appartamento del presunto colpevole. Facebook come miglior testimone della terra? Se è vero che questi casi creano un precedente, basterà allora scrivere su Facebook per evitare qualsiasi procedimento penale a proprio carico (beh, si, basta che non si minacci di uccidere qualcuno). Ma chi dice ai principi del foro che non basta una username e una password per fornire una prova di non colpevolezza? Soprattutto perché chiunque, con le semplici credenziali d'accesso, può connettersi al posto di qualcun altro. Facebook come miglior complice della terra?

lunedì 2 novembre 2009

FINE DELLA VITA (VIRTUALE)

Sfogliavo (per caso, e sottolineo per puro caso) l'edizione cartacea di ieri del Giornale (si, esistono anche le edizioni cartacee delle testate) quando ad un certo punto mi imbatto in un titolo senza appello: com'è dura la vita se Facebook ti odia. Benissimo,- penso - leggiamo. La firma è di Massimiliano Parente, e narra della sua personale esperienza di (ormai ex) utente Facebook. Da un giorno all'altro la sua vita sembra non avere più senso, visto che il suo account è stato disattivato. Il motivo? L'aver pubblicato, tra le sue foto, un album con dei nudi di un fotografo, Robert Mapplethorpe. Qualcuno dei suoi "amici" ha ritenuto questi contenuti offensivi e ha segnalato il tutto al signor Facebook. Il quale, prontamente, ha disattivato l'account Facebook del povero Massimiliano. Quest'ultimo quindi si vede costretto, per mezzo di media tradizionali, a raccontare il suo dolore al mondo intero. "Addio mondo crudele, sono un uomo morto". "Facebook mi ha chiuso Facebook, quindi non esisto più, cancellato dalla faccia della terra". Naturalmente l'articolo nasconde una certa ironia velata, sperando che tutti i lettori la possano cogliere... fatto sta che questo articolo rispecchia un'amara verità. E' vero, molte persone senza Facebook si sentono morte, vuote, senza uno scopo nella vita. Beh, a tutti coloro posso dire che si vive anche senza, non è un dramma. E mi accorgo che anche nella vita virtuale, un amico (o presunto tale, vero o acquistato) ti può sempre pugnalare alle spalle. Non esistono più le care vendette di una volta: basta rigare le macchine altrui, al giorno d'oggi una segnalazione a disabled@facebook.com fa molto, molto più male all'identità altrui.

PS: Rifletto sul titolo dell'articolo. Com'è dura la vita se Facebook ti odia. Pronta la mia replica:e com'è la vita se si odia Facebook?