venerdì 30 aprile 2010

SALUTO ROMANO

No, non ho aperto lo spazio dei saluti. Per i saluti esiste Facebook, anche se a salutarsi attraverso un computer sono due vicini di casa. E non è neanche una barzelletta che girava ai tempi di qualche governo fa, e neanche un gioco di parole. Lungi da me voler fare politica, ma dietro al saluto romano vi sono numerose implicazioni di carattere ideologico, culturale, storico...e anche pecuniario, visto che per legge non è consentita tale azione. Insomma, che piaccia o no, voler esprimere un saluto in tal maniera può portare a spiacevoli conseguenze, soprattutto se si è personaggi pubblici. Corriere.it riferisce dello scioglimento della giunta di un paese nel bergamasco proprio a causa del saluto romano di uno dei suoi consiglieri (rappresentante della Lega Nord) fatto non tanto ad un comizio o in seno alla sua elezione, ma perché tale gesto è presente nel suo profilo di Facebook in cui si ritrae sorridente e con quel braccio alzato, accompagnando il tutto dai suoi pensieri incentrati su "fascismo e libertà". Galeotto fu il vostro social network preferito: il giovane consigliere è stato inchiodato alle sue responsabilità e il piccolo governo di cui fa parte si è sciolto come neve al sole.
Morale della favola. Anzi, sono due. La prima: non contesto né il gesto, né l'ideologia (ognuno la pensa come meglio crede), però un minimo di intelligenza e razionalità PRIMA di pubblicare certe foto non fa MAI male, soprattutto se si è un rappresentante del popolo. Secondo: Lega Nord? Bergamaschi? Faccio 2+2 e la conclusione la lascio ad ognuno di voi. E vagando per la rete, trovo questo bellissimo episodio che vale più di qualsiasi discussione. Anzi, val la pena di leggere le discussioni a corredo del testo: gira che ti rigira, si finisce a parlare proprio dei bergamaschi. Ci sarà un perché, a questo punto... 2+2 ha fatto 4, al mio paese. Che non è Bergamo, si è capito?

martedì 27 aprile 2010

LA VENDITA

Curioso che a distanza di un post si parli di una svendita (la svendita dei propri dati solo per andar dietro ad un sito che fa tendenza perché sono iscritti tutti) e di una vendita. Anzi, di un affare, a quanto pare. Magari non proprio legalissimo, ma si sa, il fine giustifica i mezzi. Corriere.it e Zdnet ci informano che un hacker ha fatto il colpaccio, rubando un milione e mezzo di profili Facebook. Solo sfida (d'altronde gli hacker agiscono anche per orgoglio e per gli ideali) o anche lucro? Beh, considerando che i profili Facebook sono vere e proprie miniere di informazioni per le aziende, il pirata informatico ha messo in vendita questi profili ad un tot al chilo. E' un po' come il gioco del Mercante in Fiera: si comprano identità a scatola chiusa, anche se qui il tariffario è completo e differenziato. 25 dollari (oh, il dollaro è debole, utenti europei approfittatene) per 1000 utenti con meno di 10 utenti nel proprio network, 45 dollari per quelli con una rete di "amici" maggiore. Quindi, se avete avuto la fortuna di essere stati pescati dall'hacker russo, complimenti. E un plauso maggiore se siete anche tra quelli che fanno a gara ad aggiungere più "amici" possibile, avete un valore maggiore. Peccato che in questo caso di dollari non ne vedrete: anzi, probabilmente vedrete i vostri dati pubblicati ai quattro venti. Che dire: vi siete scavati la fossa da soli. Ma d'altronde, uomo avvisato, mezzo salvato. Si dice così, no?

domenica 25 aprile 2010

LA SVENDITA

Sembra abbastanza evidente che l'uomo è un animale particolare. Andiamo in bestia se il nostro vicino di casa si fa i fatti nostri o se nelle sventure qualcuno viene a sapere dei fatti nostri. Ma poi, davanti ad uno schermo, ci si confida eccome, e anche profondamente. E' diverso considerare tutto Internet come un gran calderone di fatterelli spiccioli: anche forme come i blog e i forum, quando non si riducono a puri e meri diari personali, e cioè quando fanno informazione (o pseudo-informazione, come nel presente caso), parlano ma non sparlano delle cose appartenenti alla sfera privata di ognuno di noi. E poi ci sono i social network: le persone faticano a confidarsi agli amici più cari, ma sono disposti a raccontare tutto a centinaia di amici, ma soprattutto presunti tali (soprattutto gente pressoché sconosciuta, diciamolo). E' la strana legge di internet: tanti utenti vedono una registrazione su un sito per un semplice commento come un'invasione della privacy, ma poi condividono qualsiasi cosa sul vostro social network preferito. Sembra che esista una tendenza alla svendita dei propri dati. E questo concetto è magnificamente espresso in questo articolo tratto da Corriere.it, che ovviamente condivido in pieno...

martedì 20 aprile 2010

I LIKE NIKE

Il titolo è solo un gioco di parole, ma nella sostanza, I like sarà la parola d'ordine di Facebook nel prossimo futuro. Su Repubblica.it via Financial Times si scrive a proposito delle nuove frontiere del marketing su FB, e dopo il tacito assenso alla comunicazione dei dati degli utenti alle aziende, ecco il nuovo pulsante che determinerà di fatto un nuovo tipo di pubblicità mirata. Non sarà più necessario diventare fan di un prodotto: con un semplice "I like" ci si schiererà a favore di un brand o di un altro. La conseguenza? Non sorprendetevi se a lato del vostro profilo trovate e troverete sempre pubblicità azzeccate per voi: in fondo, il consenso lo date voi stessi. Facebook assicura però che "I like" non comporterà la diffusione dei dati personali a terzi: come no, certo, e io sono Babbo Natale...

giovedì 15 aprile 2010

NOTHING TO HIDE...NOTHING TO FEAR?

Consideratelo l'interrogativo del giorno: è in realtà il (sotto)titolo di un docu-film (si chiamano così al giorno d'oggi) realizzato dall'inglese David Bond e dal titolo Erasing David, nel quale si documenta il tentativo da parte del protagonista di sparire letteralmente dal mondo iper-tecnologico e controllato, che cerca di tagliare la corda limitando al minimo tutte quelle attività che lasciano la cosiddetta scia tecnologica, ossia tutte quelle comuni operazioni che in realtà sono rintracciabili poiché conseguenza di una "scia digitale" che giocoforza si lascia in numerose occasioni. Una strisciata della carta di credito, un biglietto comprato online, un messaggio su Facebook: tutte queste semplici azioni in realtà identificano precisamente in coordinate spazio-temporali ognuno di noi. David cerca quindi di fuggire da tutto questo, per scoprire quanto i nostri dati sensibili rappresentino davvero il nostro alter ego virtuale.
La vicenda ricorda molto una caccia al tesoro effettuata per gioco da un giornalista americano che lavora per Wired: neanche a farlo apposta, è proprio Wired (nella versione italiana) ad intervistare Mr. Bond (wow, un signor Bond che si nasconde, neanche fosse un film), chiedendogli proprio il suo parere a riguardo di questa sovraesposizione da dati. Le sue risposte sono tanto interessanti quanto logiche: Bond afferma che i servizi internet che permettono di rintracciare i compagni di scuola (ogni riferimento a Facebook è puramente voluto) sono gratuiti perché le informazioni che raccoglie sugli utenti valgono più di qualsiasi moneta (soprattutto se questi dati vengono implicitamente venduti alle aziende), perché in fondo nessuno fa niente per niente, nessuno è filantropo a questo mondo; senza contare che il proprio profilo virtuale si può ritorcere in futuro a proprio sfavore. Insomma, la tecnologia aiuta, ma come sempre -secondo Mr. Bond - il troppo stroppia. E non è l'unico a pensarla così.

sabato 10 aprile 2010

VIOLAZIONE DI PRIVACY?

Alcune storie che riguardano Facebook fanno sorridere, davvero. Non tanto relativamente al contenuto ironico di un profilo o quant'altro, sono proprio le storie correlate a far sorridere, per quanto talvolta si tratti di un riso amaro. Sentite questa: una madre è preoccupata per la vita che conduce suo figlio adolescente, e si connette al profilo Facebook del suo pargolo. Da lì ovviamente la signora riesce a sapere vita-morte-e-miracoli di suo figlio, neanche si trattasse di un confessionale, e per punizione, pensa bene di cambiare le password di accesso, impadronendosi di fatto dell'account FB di suo figlio. Risultato? Il ragazzo, scoperto il (la) colpevole, ha citato sua madre in tribunale, colpevole di violazione della privacy e di intrusione informatica.
Ora, il punto non è quello di giudicare un rapporto tra madre e figlio, notoriamente complicato soprattutto in certe fasce d'età. No: il lato ironico della faccenda risiede nell'accusare qualcuno di invasione della privacy. Privacy? Su Facebook? E scatta il sorriso. Amaro, s'intende.

giovedì 8 aprile 2010

MI STA SUI NERVI....

E direi che il gioco di parole ci sta tutto. Ora, non voglio sindacare sul chi e sul come, né affermare che l'odio o lo sfottò siano spuntati solo da quando c'è Facebook. Il problema è sempre atavico: è il mezzo, il problema. Corriere.it ci racconta dell'ennesimo gruppo nato per protestare contro qualcuno: la vittima del giorno è un tal Beppe di Nervi, un anziano ed arzillo signore che gira in Ferrari - quindi denoto un minimo di invidia nella creazione del gruppo - e che con i suoi atteggiamenti un po' sopra le righe suscita la rabbia e l'indignazione degli abitanti della cittadina ligure.
Il gruppo su FB è quindi nato per raccogliere tutte le proteste all'indirizzo del signore sul Cavallino Rampante. E chiaramente, sono partiti insulti e cose di ogni genere, nello stile tipico della Rete e nello stile tipico di Facebook, direi. Fatto sta che il diretto interessato ha sporto formale denuncia al fine di chiudere quel ricettacolo di maldicenze sul suo conto, ed ha intentato causa contro gli autori di alcuni messaggi offensivi. Ma l'aspetto più divertente è che gli inquirenti stanno valutando se agire nei confronti della fonte, ossia del padrone di casa, per così dire. Esatto, Facebook rischia sanzioni per aver ospitato questo genere di contenuti. Che goduria...
Il problema, ripeto, è sempre quello: direste mai in faccia al diretto interessato le cose che poi scrivereste su Facebook? Probabilmente no, visto che nel primo caso, vi becchereste una denuncia bella e buona (che piaccia o no, la denuncia è un'arma di "facile utilizzo"). Quindi, perché esprimere dei pensieri denigratori nei confronti di persone attraverso un mezzo che ricorda tutto quello che fate e vi identifica pure? Perché Internet è il mondo di quelli che la fanno franca? Perché Internet è anonimo (ma i vostri dati personali campeggiano belli in evidenza)? Perché in fondo è solo un gruppo e non vuole far male a nessuno? Perché "sono annoiato e voglio iscrivermi al gruppo del giorno"?
Segnalo anche l'intervento di Beppe Severgnini a riguardo (toh, un altro Beppe, i casi della vita...). Badate, non mi piace segnalare gli interventi dei giornalisti noti, ma questo intervento merita, e -si sarà capito - rispecchia in pieno (e con logica) il pensiero di chi vede in questo sito più cose negative che positive. Facebook è come la Ferrari di Beppe (di Nervi): un mezzo potente, ma senza controllo diventa un'arma potenziale. E in più, le nostre comuni attività di pettegolezzo e gossip quotidiano -sempre esistite - si sono spostate dal bar agli spazi virtuali. Virtuali sì, ma che ricordano tutto: e quindi un semplice insulto si può ripercuotere contro l'autore stesso. D'altronde, verba volant, e questo detto è nato prima di Facebook.

giovedì 1 aprile 2010

COMUNICAZIONE D'AZIENDA? NO, COMUNICAZIONE ALL'AZIENDA

...e se permettete, una preposizione fa la differenza. Si è detto qui che FB gode di una popolarità immensa ma fatica a monetizzare tale fama. Ma a quanto pare, le vostre foto e i vostri fatterelli spiccioli stanno per diventare (finalmente, direbbe mister FB) moneta sonante per le casse del sito. Con la solita pubblicità, direte voi? Assolutamente no: basta vendere i dati sensibili direttamente alle aziende, come viene segnalato qui. D'altronde, quale miglior sito può vendere informazioni se non quello che raccoglie praticamente tutta la vostra vita?

Inutile opporvi: d'altronde, l'autorizzazione l'avete data proprio voi quando avete saltato la fase di lettura delle condizioni contrattuali al momento dell'iscrizione, quindi i vostri dati -che vi piaccia o no- sono roba loro. Tuttavia, FB (ma che gentile!) vi dà l'opportunità di evitare che ciò accada, deselezionando l'opzione apposita. Ma attenzione: vale la regola del silenzio-assenso, quindi se non vi accorgete che c'è questa possibilità, peggio per voi. Ma in fondo, su centinaia di milioni di utenti, qualche distrattone che pensa più a postare foto piuttosto che curarsi della propria privacy ci sarà, no?