venerdì 10 ottobre 2014

CHI HA NOMINATO L'ANONIMATO?

Reti sociali, che passione. Per molti utenti, la rete altro non è che una connessione continua con i propri contatti, una condivisione imperitura di contenuti da dover mostrare a tutti i costi, quasi fosse un tentativo di mostrarsi e mostrare la propria presenza digitale, con le conseguenti ripercussioni sull'esistenza reale. E quale miglior mezzo per farlo se non Facebook? Intendiamoci: il concetto di social network è quasi preistorico, e di fatto nasce con l'uomo. Semplicemente, oggi crearsi una rete di interazioni è decisamente più facile: forse è meno densa di valore, ma è senz'altro meno complicata. E Facebook - ce lo dicono loro stessi - è una comunità sicura, poiché "le persone usano le proprie identità autentiche, [...] in modo che tutti sappiano sempre con chi si stanno connettendo" (mia enfasi, autocit.). Nessun problema dunque: luogo sicuro, persone sicure. Lo dicono loro.

E invece. E invece capita che da qualche giorno svolazzino delle voci di corridoio che parlano di un'applicazione Facebook in grado di garantire l'anonimato ai suoi utenti per permettere loro di dialogare liberamente, senza alcuna costrizione legata al problema di doversi rivelare pubblicamente: insomma, esporre senza esporsi. Quindi? Quindi il sicuro social network identitario invita i propri utenti a "nascondersi", in qualche modo: un po' come nei vecchi forum o nei gruppi di discussione in cui si discuteva -spesso con cognizione di causa- senza doversi per forza conoscere di persona. Questa nuova politica non fa un po' a pugni con il credo del vostro social network preferito? Forse no o molto più probabilmente sì, ma tant'è. E non è tutto: già da qualche tempo si parla anche di post personali "a tempo", ossia che hanno una validità temporale e poi svaniscono nel nulla. Mossa interessante: la gente crederà che mettendo un timer ad uno status update possa giustificarsi dicendo di non avere mai scritto questa o quella frase "particolare", pensando probabilmente alla favoletta secondo cui su Internet è possibile far sparire le cose, come con un cilindro magico. Tirare il sasso e nascondere la mano, ma ripresi in mondovisione: l'immagine è più o meno questa. Insomma, perché Facebook di colpo adotta questa nuova strategia? E' probabile che sia il "mercato" ad imporlo. Alcuni dei popolari concorrenti di FB come Twitter stanno riscuotendo un discreto successo che piano piano logora il dominio fin qui incontrastato dell'imperatore dei social. I dati sembrano confermare questa "fuga da Facebook", soprattutto relativamente ad una fascia d'età critica, quella dei teenager (in termini di marketing e generazione di profitti, una vera manna). Forse il desiderio di non esporsi più così pubblicamente o forse la necessità di scappare da una gabbia di contatti noti è la tendenza che si propone nuovamente, facendo sì che nell'universo di Internet si torni a puntare sulla qualità del contenuto generato e non sull'identità legata ad esso. E allora via all'introduzione di queste nuove caratteristiche: identificatevi o no, basta che restate sul nostro sito. Dev'essere questo il concetto di fondo che anima Facebook: d'altronde, bisogna accontentare tutti, ma proprio tutti. All'orizzonte c'è una nuova, forse definitiva espansione verso gli ultimi bacini sociali rimanenti, e per farlo bisogna portare avanti sottotraccia il progetto per portare Internet (e Facebook) all'umanità intera. D'altronde, lo si fa solo per il nostro bene, (a)no(nimo)?