venerdì 30 settembre 2011

RELAZIONE COMPLICATA

Parafrasando uno dei relationship status più in voga su Facebook, il rapporto burrascoso in questione è tra il vostro social network preferito e la privacy (tanto per cambiare). In concomitanza con l'introduzione della nuova interfaccia grafica si pone anche il problema di dover reimpostare determinate notifiche, aggiornamenti e situazioni legate alla condivisione da sbandierare ai quattro venti o "solo" tra migliaia di amici e semi-sconosciuti. Wired analizza questo nuovo layout, sottolineando il "solito" problema delle notifiche di default impostate come pubbliche. In genere un utente attento e/o responsabile perde qualche minuto della sua vita a "smanettare" fra opzioni e simili, ma vale sempre il solito discorso: su settecento e passa milioni di utenti qualcuno ci cascherà, no? Val la pena leggere i commenti relativi all'articolo citato: ci sono tre utenti che implorano aiuto perché non riescono ad impostare le notifiche un po' meno pubbliche. Insomma, it's complicated, anche per quelli di buona volontà. E tra loro, anche un'amara riflessione che non fa altro che constatare come questo aggiornamento "non faccia l'interesse del consumatore privato". Ecco, forse è qui il punto: pensare che FB faccia davvero il vostro interesse vuol dire forse non aver capito cosa siano i social se visti a 360°.

giovedì 29 settembre 2011

UNA VITA FA

Una delle domande tipiche che l'uomo normale si pone ciclicamente recita più o meno "Ma come facevamo prima senza..."? La risposta spesso si intreccia con le evoluzioni tecnologiche, e allora giù con quesiti del tipo "senza il telefono, senza il cellulare, senza smartphone" e via discorrendo. Oddio, ci sarebbe spazio per un "come si faceva senza Internet", ma pare che la domanda "come si faceva senza Facebook" riscuota un appeal decisamente superiore. E' lo stesso interrogativo che si pone un blogger del Fatto Quotidiano, e la risposta è di quelle che invitano a pensare, per una serie di motivi. Il primo: l'autore dell'intervento è effettivamente un esperto del settore. Vivendo di pane&social media, mi pare un ottimo punto di partenza. L'analisi che fa è logica, lucidissima, tecnicamente inattaccabile. Ma come dice Vasco, c'è un però: il succo del discorso riguarda -e deve riguardare - tutte le piattaforme di interazione sociale, e non soltanto Facebook. Insomma, il vostro social network preferito non deve diventare un eponimo, eppure per molti lo è già diventato (anche sbagliando, vista la facilità delle persone nell'identificare FB con l'intera Rete). In un certo senso anche nell'articolo citato si cela un "tranello", visto che il sol nome di FB ha la funzione di attirare lettori ma viene citato solo due volte nel testo (che a questo punto fortunatamente parla genericamente di questo tipo di strumenti - altro punto a suo favore). Ma c'è anche il risvolto della medaglia. Chi di FB ferisce, di FB perisce: fatevi un giro per i commenti all'articolo e scoprirete che c'è anche un altro modo di fare interazione sociale, e senza dover vendersi l'identità. Alla luce di tutto questo, forse si può riformulare la domanda: com'era la vostra vita prima di Facebook? Beh, si può vivere anche senza, e fortunatamente lì fuori, nella Rete, c'è fortunatamente ancora qualcuno in grado di far sentire la propria voce senza passare dalle solite pagine.

lunedì 26 settembre 2011

IL BISCOTTINO DELLA FORTUNA

Nei ristoranti cinesi, a fine pasto, sono soliti servire il fortune cookie, un dolcetto con al suo interno una frase, una massima, una predizione, un augurio...insomma, un messaggio. In questo caso la fortuna (economica, suppongo) è dei pubblicitari e del vostro social network preferito, poiché i cookie in questione (ossia dei piccoli file che rimangono all'interno dei computer per favorire un successivo accesso ai siti precedentemente visitati) rimangono "attivi" (ossia continuano a trasmettere informazioni al sito "madre") anche una volta effettuato il logout dal sito stesso. In soldoni: Facebook continuerebbe a trarre informazioni relative alle attività degli utenti anche al di fuori dei suoi confini.

Va detto che il ruolo dei cookie non è per forza "malvagio", e FB non è certo il primo sito a farne uso. Detto questo, collegare certe informazioni al luogo sul Web in cui maggiormente si rappresenta la propria identità e personalità, e per giunta anche quando si pensa di esser fuori da questo luogo, fa pensare che un minimo di dubbio sia quantomeno lecito. Le soluzioni a quello che non necessariamente va definito come problema sono abbastanza semplici (cancellare i cookie), ma vallo a dire a settecento e passa milioni di utenti. Per molti di questi - sono ragionevolmente certo - un cookie è qualcosa di commestibile, non una cosa che alla lunga rischia di mangiarti.

sabato 24 settembre 2011

FALSE VERITA', AUTENTICHE MENZOGNE

"La verità e la menzogna hanno volti conformi e portamento, gusto e andatura simili; noi le guardiamo con lo stesso occhio"
Michel de Montaigne
Saggi, III


Diceva bene il buon Michel più di quattro secoli fa. Quel che non avrebbe potuto immaginare è la creazione, all'alba del nuovo millennio, di luoghi non fisici dove scatenare il proprio ego o elogiare la semplicità e la schiettezza dei fatti.
Tutto parte da un pensiero online che recita così: Facebook è il posto dove menti a chi conosci, Twitter è il posto dove sei sincero con gli sconosciuti. Di chi sia questa perla poco importa, ciò che conta è il messaggio. Le motivazioni alla base di questa differenziazione sono molteplici, a partire dal concetto alla base dei due social, passando dall'idea di aggiornamento di pensieri propri e altrui fino al grado di dipendenza che possono generare per motivi diversi. Fatto sta che anche su Corriere.it si riflette a proposito di questa differenziazione, e pazienza se alcuni servizi Web permettono di effettuare i retweet dei messaggi su FB e viceversa, contribuendo a mischiare falsità e verità in un unico calderone virtuale. Resta l'assunto alla base: FB è - o è diventato - un posto poco autentico, uno specchio di una non-verità. Vero o falso?

venerdì 23 settembre 2011

"NOT"...ANOTHER SOCIAL

Non male il tempismo che si verifica tra la pubblicazione di divertenti video che hanno come protagonista Facebook e dintorni e le notizie effettive che sembrano quasi girare il coltello nella piaga dell'ossessione social. Per la sezione ilarità si prendono in giro le caratteristiche di Google Plus per la creazione finale della sua nemesi, vale a dire not Google Plus, ossia la vita fuori da gruppi insensati e liste di amici:


(Inutile dire che il video ben si applica anche e soprattutto a FB)

Il tutto mentre al F8 Event sono state presentate le ultime novità relative al vostro social network preferito, in particolare la funzione Timeline che raccoglie in un'unica pagina tutto quel che fate e siete, in tempo reale. Il passo definitivo per dire tutto a tutti. Il passo definitivo per non uscire più da Facebook, e il passo definitivo per non uscirne più: una specie di ergastolo.

mercoledì 21 settembre 2011

FACCIO COSE, VEDO GENTE*...

...leggo libri, guardo film, ascolto musica. "Beh, e quindi?", verrebbe da dire. E invece le informazioni (come le parole) sono importanti, soprattutto in ottica di marketing. Si è già diffusamente parlato del potere "occulto" del tasto like, in grado di profilare sempre meglio l'utente dal clic facile. E pare che ben presto il tasto non sarà più solo: stando alle ultime notizie in anteprima e che saranno presentate al F8 event, Facebook è pronto ad introdurre nuovi e più precisi pulsanti da integrare nella propria interfaccia. Le opzioni in questione sono read, listened e watched, e serviranno per "segnalare" ai propri amici ciò che è stato fatto recentemente a livello multimediale e non. Beh, la segnalazione chiaramente susciterà interesse più ai pubblicitari che agli amici della bacheca, ma questo evidentemente è solo un piccolo e insignificante dettaglio. D'altronde il prezzo da pagare per far parte di Facebook è sotto forma di consiglio tracciante.

PS: *

PPS: evento f8, eh? Beh, pure io me ne f8!

martedì 20 settembre 2011

IO NON CI CASCO

Non avrei mai pensato di dedicare ben due post a Vasco Rossi. Il primo, qualche mese fa, prendeva spunto da un suo annuncio per dimostrare come il popolo della Rete, attraverso i social, sia in grado di "veicolare" determinati pensieri a seconda del mezzo scelto. D'altronde la logica dell'opposizione è un classico, un po' come Vasco contro Ligabue (ecco, appunto). Da qualche mese, tuttavia, Vasco si diletta a comunicare con i suoi sostenitori e non attraverso quelli che lui chiama clippini, una parola che finirà dritta nel dizionario tra qualche tempo, ho ragionevole certezza di crederlo. Insomma, da qualche mese le parole "Vasco" e "Facebook" sono diventate quasi un tutt'uno, espressioni inseparabili. E allo stesso modo, l'opinione nei confronti di questi due concetti è netta, unica: Vasco e Facebook o si amano o si odiano, difficile che ci sia una via di mezzo. Finisce quindi che molte delle dichiarazioni del Blasco lascino uno strascico di polemiche per via delle tematiche affrontate, perché in preda ad un vero e proprio sfogo quasi quotidianamente si lascia andare a pensieri & parole espressi in maniera libera, ma davanti ad una Webcam e connesso ad un sito (non suo, per giunta).

Dicevo: non avrei mai pensato di andare oltre un post riguardante il signor Rossi, tra l'altro per vie traverse. E quindi tutti i suoi "pensieri" estivi, i suoi annunci, le sue polemiche e le sue condizioni di salute e tutto il resto sono stati bellamente ignorati, più che altro per (molto) poco interesse. E invece oggi il signor Rossi si è messo a filosofeggiare, a parlare di massimi sistemi, a parlare dell'esistenza umana e della fatalità degli eventi. Libero cittadino in libero stato, per carità: nel suo ultimo messaggio, però, ha pensato bene di toccare un tasto dolente, parlando delle persone che guidano in stato di ebbrezza. Il suo punto di vista? Non definito e sfumato, come la sensazione di quando si alza un po' troppo il gomito. Afferma che guidare in questo stato non è una buona idea, però... ecco, però. Si è soliti pensare che in queste questioni non ci sia un però, e per ulteriori delucidazioni andate a chiedere a chi piange le vittime della strada per via dell'alcool (spesso altrui). Probabilmente Vasco è consapevole di parlare ai suoi fan e quindi sa di trovare un certo consenso tra gente che lo vede come un idolo da emulare. Ecco, forse è questo il però. Molti (soprattutto le giovani generazioni in fase di formazione del proprio io) vedono Facebook come il mezzo di trasmissione della Verità poiché ritenuto uno strumento affidabile e molte persone vedono i propri idoli come punti fermi della propria esistenza per quel che fanno e dicono: ecco, questo può essere un vero e proprio mix letale. Un po' come l'alcool, però forse peggio.

venerdì 16 settembre 2011

INTERROGAZIONI FUORI ORARIO

In un film di più di trenta anni fa (di un cinema che non c'è più) era la liceale a "incastrare" i professori. A distanza di tempo si invertono i ruoli, e anche e soprattutto i mezzi di comunicazione che portano ad imprevedibili "supplementi didattici". Per carità, non è la prima volta che succede una cosa del genere, però un supplente che chiede l'amicizia su Facebook a sue studentesse (quasi) maggiorenni di liceo arrivando a vere e proprie molestie (e gli screenshot delle conversazioni sono stati utilizzati come prova a carico) rappresenta una variazione ad un tema che dovrebbe far riflettere. No, non dal punto di vista morale o etico (ognuno può pensarla a proprio piacimento), quanto per via di alcune dichiarazioni e motivazioni alla base della vicenda. Innanzitutto l'atteggiamento del docente, il quale si comporta in modo sicuramente meno "abbottonato" perché Facebook non è come a scuola, è un'altra cosa (sì, è un'altra cosa, non necessariamente migliore). E, cosa forse più grave, la motivazione per cui le ragazze hanno accettato la richiesta di amicizia: perché non si può dire di no ad un professore temendo brutti voti. A malincuore, ecco dove può arrivare la mania da aggiunta amici: a dover condizionare la propria vita reale per via di un contatto "scomodo" ma che in qualche modo deve far parte del proprio network. Vien da pensare che in America allora non ci abbiano visto poi così male...

sabato 10 settembre 2011

LICENZA DI LICENZIARE

Tra Facebook e il mondo della produttività e del lavoro c'è un rapporto di vero amore&odio. Di amore, perché è anche un ottimo (va detto) strumento di marketing utilizzato da grandi e piccole aziende per promuovere e comunicare, nonché per tracciare profili sempre più accurati dei propri clienti, anche se si utilizza uno strumento "esterno" ai brand stessi (a questa cosa si fa fatica a trovare una logica, anche se a pensare male poi un perché lo si può sempre trovare). E di odio, perché i "pesci piccoli" (ossia i semplici lavoratori) finiscono per essere beccati con le mani nella marmellata digitale quando in realtà dovrebbero muovere l'economia, anziché timbrare solamente il cartellino ed effettuare il login. Capita quindi che qualcuno paghi a caro prezzo la sbirciatina sul vostro social network preferito, al punto tale da essere licenziato in tronco - e per di più per giusta causa. Sul sito web de Il Sole24Ore si parla dei primi licenziamenti avvenuti in Italia per colpa di Facebook, anche se la notizia di fatto non è una novità perché fatti molto simili sono ormai all'ordine del giorno. Quel che fa riflettere è lo stralcio di motivazione di una sentenza collegata ad uno di questi eventi, e riportarla anche in questa sede certo non fa male. La decisione, che riguarda in realtà una causa relativa ad offese pubblicate su FB, recita testualmente: In definitiva, coloro i quali decidono di diventare utenti di "Facebook" sono ben consci non solo delle grande possibilità relazionali offerte dal sito, ma anche delle potenziali esondazioni dei contenuti che vi si inseriscono: rischio in una certa misura indubbiamente accettato e consapevolmente vissuto. 

"Ben consci"? "Accettato e consapevolmente vissuto"? Ho la vaga impressione che la giurisprudenza del futuro vivrà di screenshot di bacheche e status update.

lunedì 5 settembre 2011

I'LL TWEET YOU A TALE - NOW GO TO JAIL!

Acquisire informazioni nell'era digitale è forse quanto di più semplice ci possa essere, ammettiamolo. Lo possono fare tutti quelli con un minimo di conoscenza degli strumenti: basta accendere un computer o un cellulare e si entra nel mondo della Rete alla ricerca di notizie, dati, fatti e simili. Certo, poi esiste la ricerca indiscriminata e quella con criterio (merce rara, quest'ultima): credere proprio a tutto quello che passa in Rete non sembra essere scelta saggia, anche perché la cosa va di pari passo con la mania da tweet&post di alcuni (molti) utenti.

Con conseguenze anche gravi: in Messico alcuni utenti Twitter hanno pubblicato false informazioni solo per scherzo, causando il panico tra la popolazione della città di Veracruz. Risultato? Rischiano trenta anni di carcere (un tot di mesi per ognuno dei 140 caratteri disponibili, in pratica). La vicenda ricorda una situazione simile accaduta in Inghilterra, e sempre senza una reale intenzione. Cogito ergo post. Sicuri vada sempre così?

venerdì 2 settembre 2011

THE GETAWAY*

Se volete dare un po' di pepe al fine settimana, potete imitare la vicenda di Leah Gibbs, ventitreenne inglese che ha conosciuto un tizio su Facebook, è uscito con lui ma quest'ultimo, con la scusa di chiedere un passaggio a lei per fare una puntatina ad una sala scommesse, ha pensato bene di fare una rapina e di usare la ragazza come autista per la fuga. Al grido di Drive, drive, driveeeee l'appuntamento della ragazza si è trasformato in un incubo con tanto di arresto e notte in gattabuia.

Voi direte: sì, ma poteva succedere con chiunque e con qualsiasi mezzo, sia offline che online. Sì, ma è successo per via di Facebook, quindi...

*=musica consigliata per immaginarsi la scena della vicenda...fa molto inseguimento stile telefilm anni '70!