lunedì 29 ottobre 2012

E NO, DECISAMENTE NON L'AMA...

Settimana cruciale per le sorti del futuro a stelle e strisce (e diciamolo, di riflesso anche per le nostre sorti): ancora pochi giorni e si svolgeranno le elezioni per nominare il nuovo (o vecchio) Presidente degli Stati Uniti d'America. I dibattiti elettorali e le interviste ai candidati, immaginerete, si sprecano: e si sprecano anche le domande più diversificate alle quali i papabili Presidenti sono chiamati a rispondere. Anche i network per i più gggiovani affrontano l'argomento, evidentemente per avvicinare le nuove generazioni alla vita politica: logico che le domande non debbano per forza vertere su crisi economiche e politiche estere ma essere un po' più leggere, anche per tirar fuori il lato più umano dei Potenti della terra. Mtv, noto canale musicale il cui target ideale è rappresentato da teenager-o-poco-più intervista Barack Obama, e tra le domande poste c'è il classico "scegli tra": per aumentare la difficoltà della risposta la domanda è incentrata sulla figlia maggiore, Malia, e l'intervistatore chiede quale sia per il "normale" padre di famiglia la cosa che lo preoccupa di più. Le papabili risposte: un appuntamento galante, la patente di guida (che negli Usa si prende a 16 anni, ndr) e un generico "Facebook". Risposta del padre-presidente: Facebook. Con tanto di motivazione: la ragazza è pur sempre la figlia di un personaggio abbastanza noto, per cui per motivi di sicurezza Malia non ha un account come in pratica tutti i suoi coetanei. Tocca capire quali siano i problemi di sicurezza a cui fa riferimento: forse Obama sa qualcosa in più rispetto a noi a proposito delle logiche di sicurezza che fanno capo al vostro social network preferito, o forse più che un presidente modello, è un padre attento ai propri figli. Le sue figlie usciranno, guideranno e il mondo lì fuori è pieno di insidie, ma evidentemente il pericolo che si cela dietro il proprio profilo virtuale non è proprio da sottovalutare. Parola di Presidente.
Beh, perlomeno Obama è stato coerente, visto che a più riprese ha risposto a domande sull'argomento, facendo capire il suo chiaro punto di vista. Tre indizi faranno una prova, no?

Capisco anche la frustrazione della povera first daughter nel non avere un account Facebook: purtroppo è lo scotto da pagare quando si ha un padre così famoso...nel bene o nel Malia.

sabato 27 ottobre 2012

STUPIDI PAZZI...

                                Oh, what a noble mind is here o'erthrown!

Ah, la Rete. Strumento ormai praticamente indispensabile per tutti noi, più o meno. Essendo una creatura poco più che adolescente, vive la sua fase di maturità e di cambiamento radicale. E c'è poco da fare, questa Rete ha un fascino e un carisma tali da influenzare intere generazioni di persone sparse (sempre più o meno) in ogni dove. Ma come detto, è una risorsa a cui difficilmente si può rinunciare. Si arriva al punto in cui per molti è una vera e propria risorsa di vita, nel senso che molte delle azioni e delle consuetudini che prima eravamo abituati a svolgere in modalità offline oggi ci sembrano robe del Paleolitico, retaggio quasi di un'altra esistenza. La Rivoluzione Digitale - e più ampiamente la diffusione delle macchine intese come strumenti di interazione attiva con l'uomo - ha modificato gli usi e costumi dell'uomo (soprattutto nel Mondo Occidentale), velocizzando molte attività e permettendo il raggiungimento di output quantitativi e qualitativi decisamente superiori rispetto al passato. Mettiamoci anche che col tempo un Computer si è connesso ad una presa telefonica e il gioco è fatto: lo scenario dell'Uomo Digitale Iperconnesso è diventato realtà. Al giorno d'oggi non cercare una qualsiasi informazione su Internet ci sembra una cosa quasi assurda, come se su Internet ci fosse tutto, ma davvero tutto. Cercare un lemma o una definizione su una risorsa cartacea? Roba troppo old school, visto che enciclopedie e dizionari sono a portata di clic. Parlando per sommi capi, insomma, qualsiasi informazione da cercare passa da Google e dintorni. E molto spesso la si trova.
Ragionandoci su....ecco, forse il problema passa proprio dalla ragione. In giro c'è più di una persona talmente appassionata alle nuove tecnologie da studiarle a fondo, soprattutto in relazione al fatto che l'Essere Umano è talmente diversificato che la reazione di persone diverse allo stesso stimolo (la Rete, che però comprende innumerevoli variabili impazzite) crea uno spettro di casistiche da analizzare attentamente. Insomma, è vero che cambia la Rete, ma non crediate che non cambi l'Uomo: allora ha un quid di cognizione scientifica l'asserzione secondo cui il nostro (genericamente parlando) cervello sia stato modificato da Internet, e continuerà a modificarsi man mano che la Rete prenderà sempre più piede a livello globale. Ma non è detto che questa alterazione sia necessariamente positiva o negativa: sicuramente, le "generazioni offline" ragionano in maniera differente rispetto a quelle "legate alla Rete", con tutto ciò che ne consegue.  C'è chi rincara la dose, affermando senza mezzi termini che la logica del "tutto e subito" che fa capo soprattutto ai motori di ricerca (che, va detto, molti di noi usano in maniera molto superficiale, o quantomeno non sfruttando appieno il loro potenziale) "accontenta" il desiderio di ricerca e quindi il nostro cervello, abbassando la soglia qualitativa dei nostri desideri di sapere. La conseguenza? Siamo più stupidi rispetto al passato, alla faccia dell'evoluzione della specie.
Generazione di stupidi utenti, dunque. Qual è il prossimo step? Dove arriverà la mente umana di questo passo? Calmi, al peggio non c'è mai fine: pare che Internet ci stia portando (a vari gradi di velocità) alla pazzia più pura. E non parliamo di visioni apocalittiche dettate da catastrofisti, ma del frutto di studi abbastanza accurati condotti su una gamma di utenti piuttosto diversificata. Basta essere davanti ad uno schermo per affermare che si è tutti coinvolti, nessuno escluso: un (lungo) articolo del Newsweek, ripreso in copertina sull'ultimo numero (in edizione cartacea) della rivista Internazionale fa il punto della situazione spaziando tra ossessioni, mistificazioni della realtà e alterazioni psicologiche, fisiche e comportamentali. Il cuore dell'articolo è però dedicato all'impennata che ha subito la curva legata alla diffusione di questo tipo di disturbi, che è coincisa bene o male con l'espansione a livello globale di un nuovo modo di fare Rete, in cui gli utenti hanno cominciato ad interconnettersi fra loro riversando la loro vita in strumenti digitali e online. Viene in mente nulla? Già: un paragrafo dell'articolo è proprio dedicato alla dipendenza da Facebook, e gli studi non lasciano molto spazio ai dubbi. Perché Internet è un'autostrada sconfinata e non tutto si può ricondurre al vostro social network preferito, ma ci sono "corsie preferenziali" che guidano più velocemente verso queste forme di alterazione: la soluzione sarebbe proprio quella di non imboccare troppe vie di questo genere, il rischio di trovare strade senza uscita è piuttosto elevato.
La chiosa dell'articolo è abbastanza emblematica, e citandola spero di non infrangere alcun diritto di proprietà dei contenuti: "e tutti noi, da quando è cominciata la relazione con internet, abbiamo mostrato la tendenza ad accettarla per quello che è, senza pensare troppo a come vogliamo che sia o a cosa vogliamo evitare. Dobbiamo reagire. Internet è ancora nostra e possiamo rimodellarla. In gioco c'è la nostra mente". In realtà si può ritenere che sia più facile alterare il nostro cervello che modificare la Rete, perché quest'ultima altro non è che un "nostro" prodotto, anche se spesso alcune sovrastrutture sono imposte da forze più grandi di noi utenti semplici. Ci vorranno forse alcune generazioni prima di creare l'Uomo "evoluto" secondo questi nuovi principi virtuo-digitali. L'Homo Interneticus può essere forse una realtà quasi stabilita: toccherà fare un confronto con i nostri pronipoti per capire quale sarà la genìa più intelligente. O forse quella meno stupida.

mercoledì 24 ottobre 2012

ILLUMI(A)NANTE

[E voglio cancellare della gente veramente, non dai social...]

A metà tra il geniale e il macabro, bisogna solo capire le giuste proporzioni. E' il nuovo spot di una nota marca di telefoni che esalta le doti della fotocamera in grado di cogliere i soggetti anche con poca luce: geniale, perché lo spot con quella vaga aria di pubblicità progresso fa breccia nel complicato mondo degli smartphone in cui bisogna forse essere più creativi che avanzati tecnologicamente per conquistare il mercato. Macabro, perché vedere i volti di persone seriamente deluse dal fatto di non poter condividere con i propri amici le foto di ricorrenze e affini, corredato da frasi del tipo "non riesco a taggarmi" (i grandi problemi della vita non solo digitale, a quanto pare) fa capire quanto, in fondo in fondo, il messaggio pubblicitario colga davvero nel segno. In ogni caso, una pubblicità che non può non fare i conti con i nuovi media, con tanto di messaggio occulto (ma neanche poi troppo) al vostro social network preferito. Buona visione.

sabato 20 ottobre 2012

F.B. CONFIDENTIAL

Eccone un'altra servita. Per la serie "non si può far a meno delle bufale" (la notizia è in buona compagnia, vedere ad esempio qui, qui e qui) Il Post, "rimbalzando" una notizia del noto cacciatore di Falsi in Rete, ci informa dell'ennesima notizia da far girare in tutte le bacheche mondiali. L'oggetto? L'intromissione, da parte di organi governativi, nelle vostre bacheche senza autorizzazione preventiva di organi giudiziari e/o di Facebook stesso. Falso, assicura chi se ne intende. Cioè: falso il documento, s'intende. D'altronde, che bisogno avrebbe un potente organismo di autorizzazioni per "scardinare" i profili? Una vita travasata sul vostro social network preferito è in linea di massima una specie di ego-ostentazione, sicché è lì, disponibile per tutti. Amici, amici di amici e capi di Stato.

venerdì 19 ottobre 2012

IL BUON COMPORTAMENTO...QUOTIDIANO

Costruire una buona reputazione è uno degli obiettivi che ci si pone in più o meno tutti i campi, professionali e non. Capita però che alla sfera pubblica e reale si sia contrapposta con una crescente rilevanza anche un'etichetta virtuale che in molti casi va ad incidere sulla prima, con tutto ciò che ne consegue. Praticamente nessuno, ormai, è esente da questa doppia sfera da tutelare: se poi si mischiano troppo le funzioni pubbliche con quelle private, beh, allora la frittata è spesso fatta.
Insomma, è un segno dei tempi anche l'articolo-circolare che un prestigioso (e con una r-e-putazione da dover tenere alta per forza di cose) quotidiano statunitense, il New York Times, ha diramato ai suoi giornalisti e nel quale si ribadiscono ancora una volta i comportamenti che i dipendenti dovrebbero tenere anche sui social media, ossia quando le loro dita sulla tastiera o sugli schermi digitano pensieri & parole & opinioni in quanto cittadini (più o meno) privati. Il sunto è questo: "siete persone libere, ma siete anche prestigiosi [e suppongo anche ben pagati] giornalisti, dunque figure pubbliche di un certo rilievo. Occhio a quel che scrivete, perché un vostro tweet può darvi grane ben più grosse di un articolo d'accusa diffuso a mezzo stampa. E ricordatevi che ciò che scrivete online, anche se teoricamente è in forma privata, di fatto è un'esposizione alla pubblica piazza. Ne va della reputazione vostra e del giornale".
Insomma, tocca adeguarsi alle nuove forme di diffusione dei contenuti (soprattutto in un'era in cui anche l'editoria classica vira decisamente verso l'approccio all digital), nel senso che ogni tanto bisogna "bacchettare" anche i professionisti, forse non completamente consci del fatto che la parola (digitale) spesso ferisce più della spada.

giovedì 18 ottobre 2012

SE...DIE...TRO QUEL VIDEO...

Facebook è come una sedia. Ossia? Spiegatevi meglio. Un video promozionale di Facebook campeggia da qualche tempo sulla home page del vostro social network preferito. Mai notato prima? Beh, potrebbe volerci una parodia per farlo scoprire, ma a quanto pare basta non essere loggati e accedere alla pagina principale (altrimenti da qui: Facebook "ufficiale" su un prodotto Google fa sorridere quasi quanto una grossa azienda che parla di buonsenso) per godersi un video che parla di cose indispensabili e che valgano la pena di essere condivise, come una sedia, come il basket o come chi più ne ha più ne metta. Insomma, cose reali e che presuppongano un'interazione vera, in linea di massima. Eppure Facebook si paragona a loro con una certa sicurezza, conscia del fatto che star seduti a vedere gli aggiornamenti dei propri amici sia una cosa indispensabile, e sicuramente molto redditizia (per loro).

Sarà che di solito preferisco sedermi sui tavoli, ecco perché.

martedì 16 ottobre 2012

UTANTI, UTONTI, UTENTI

Classificare la gente che gira in Rete non è certo facile, ma è in genere sempre bello e divertente. Con l'esplosione del "primo" Web 2.0 e successivamente del mondo dei social network vengono fuori alcuni profili variegati e variopinti. Giornalettismo (via Mashable) ha provato a descrivere alcune tipologie: si va dall'utente ossessionato dai commenti (degli altri) al creatore di neologismi, e per chi aggiunge elementi linguistici c'è chi toglie (vocali, principalmente) ai propri enunciati digitali. Si passa poi da quello che deve far sapere a tutti dov'è e/o cosa fa al liker compulsivo, mentre nella categoria "saccenti" si possono inserire quelli che hanno un blog (!) e che invitano chiunque a leggere l'autorevole opinione su qualsiasi materia dello scibile umano fino a(gl)i (autoproclamati) social guru, ossia gente in grado di "pontificare" ben sapendo che ci sarà sempre qualcuno che sarà d'accordo con ciò che legge. Poi sì, ok, c'è anche "l'odiatore", quello che però non sopporta che il proprio social network preferito non sia accessibile. Curioso: di contro, c'è chi ama e auspica questo tipo di situazioni...

lunedì 15 ottobre 2012

GIOVANI & VECCHI RIMEDI

Ah, i gggiovani. Sarebbero le nuove generazioni quelle che ci porteranno nel futuro? Saranno proprio loro a  indicare la strada maestra verso un avvenire sicuro, stabile, affidabile? Ai posteri (non quelli che si attaccano al muro) l'ardua sentenza: c'è di fatto che al momento attuale proprio loro, i giovani, non ci capiscono granché in quanto a prospettive future. E non si parla di lavoro, di prospettive e dintorni: si parla proprio della loro vita, della loro esistenza e del loro rapporto con il mondo che li circonda. Perché ormai il mondo per loro non ha più confini, nel senso che la dimensione spaziale è di fatto azzerata grazie al fattore Internet, in grado di connetterli sempre e comunque con tutti, ovunque.
Si pone tuttavia un problema abbastanza evidente quando a rapportarsi con questo mondo sono i ragazzi al di sotto della fatidica soglia (in Italia, perlomeno) dei 18 anni, un limite che segna il confine tra adolescenza e maturità. Non saranno diciotto candeline a maturare completamente una persona, sia chiaro, ma nella nostra società questo numero rappresenta un passaggio fondamentale che ti permette di fare o non fare certe cose. Sulla Rete, tuttavia, è abbastanza facile che un under si prodighi nel farsi conoscere a tutti i costi, o a fare in modo che - probabilmente non pensando troppo alle conseguenze future - si parli di loro, prettamente in negativo. Poi è chiaro, nel marasma generale molta gente non fa niente per arrestare questa emorragia digitale, anzi è vero il contrario, poiché anche una mancata regolamentazione in materia di trattamento delle informazioni online permette a molti (media in testa) di fare di ciò che appare sui loro schermi un po' quel che gli pare.
Non mancano poi le curiose interpretazioni: tutta da capire e da spiegare la denominazione diciassettenne attempato per riferirsi ad una persona quasi matura e dal profilo pubblico (nel senso della vita vera, ma evidentemente non solo) che finisce nell'occhio del ciclone per alcuni gesti che si prestano alla discussione pubblica, sia al bar che sulle varie bacheche. Insomma, quasi 18 e un papà abbastanza famoso ti pongono dall'altra parte della barricata: "la prossima volta stai più attento, ok, tanto le candeline le stai per spegnere e potrai far quel che ti pare" è la nuova ramanzina digitale.
Insomma, poi finisce che qualcuno in preda all'enfasi del momento si lasci andare ad atteggiamenti particolari per poi pentirsi col sen(n)o di poi: l'onta virtuale si trasforma - complici i social network, veri megafoni della diffusione soprattutto di alcuni contenuti - in situazioni che le menti in formazione (ma non solo) non riescono a gestire e a sopportare, e quindi notizie tragiche legate a doppio filo ai propri comportamenti online, ahimè, sono sempre più frequenti.
E poi, come se non bastasse, ci si è messa anche la diffusione massiccia  di strumenti sempre più portatili, sempre più connessi: Internet mobile è ormai alla portata di tutti, ragazzini inclusi, per cui l'occasione per perpetrare questo tipo di azioni si moltiplica esponenzialmente. Già, gli smartphone, non più "semplici" telefoni ma qualcosa di sempre più vicino ad un vero e proprio computer: e come tali, in grado di sapere tutto di voi, alimentati dalle informazioni digitate dagli stessi padroni. Facile capire che presente e futuro di questi dispositivi saranno sempre più legati alle operazioni di data mining da parte di terzi come inserzionisti e agenzie, senza disdegnare gli stessi produttori dei dispositivi.
Perché sì, siamo abbastanza spiati un po' da tutto e da tutti: non è paranoia, è realtà, e quel che possiamo fare è cercare di limitare i danni. Pensandoci un attimo prima di fare determinate cose, pensando al poi e non all'immediato like. A guadagnarci, da questo approccio, siamo tutti noi, e le nuove generazioni in primis. Perché il futuro (anche quello digitale) è dei giovani: me lo dicevano sempre, i vecchi saggi.

giovedì 11 ottobre 2012

WON'T WANT IT

Autunno: la stagione perfetta per introdurre novità in campo tecnologico. Il perché è presto detto: perché si "torna a scuola" dopo la pausa estiva (la scuola non è un caso: in genere è proprio quello dei teenager il mercato più remunerativo per i prodotti di mas...ehm, irrinunciabili), perché la mania da regalo natalizio si sta avvicinando, perché comincia a far freddo e la gente è più propensa all'acquisto di tecnologia domestica, e via discorrendo. Facebook non fa eccezione, e sta infatti introducendo alcune nuove funzionalità per i propri affezionati utenti. Nell'evidente ottica della massimizzazione dei profitti attraverso la pubblicità e la vendita di prodotti, il tanto amato pulsante Like avrà presto alcuni "cugini": già qualche tempo fa era stata paventata la possibilità di introdurre alcuni pulsanti in grado di mostrare pubblicamente molte attività riconducibili alla diffusione di prodotti commerciali, ma ora è ufficiale la sperimentazione del pulsante Want, ossia un modo palese per dire al mondo e ai vostri amici che desiderate tanto questo o quell'oggetto. Considerata anche la funzionalità introdotta attraverso Facebook Gifts, direi che basta fare due più due per capire che Facebook sta affondando il colpo decisivo per "uscire" definitivamente dalla sua realtà virtuale per entrare in quella molto reale legata ai consumi. In realtà la funzionalità segue la scia già nota delle liste dei desideri (wishlist) che ormai tutti i siti principali di commercio online adottano da tempo, Amazon in primis. L'esempio citato non è "promozionale" ma è voluto, poiché si tratta di un altro esempio di "sfruttamento" dei dati in possesso del fornitore di servizi (ad esempio, la lista degli acquisti effettuati) per proporre altri oggetti di (quasi) sicuro interesse per gli utenti: in più, queste liste possono essere pubbliche, dunque possono diventare un ottimo metodo per evitare regali indesiderati, ma anche un modo per dire "beh, forza, comprami qualcosa"; insomma, un'imposizione morale bella e buona. E tutto questo altro non è che la trasposizione digitale di ciò che avviene nel mondo reale da tempo attraverso le liste regalo che si aprono per le numerose (troppe?) ricorrenze: utile, sì, ma anche una vera e propria spersonalizzazione del concetto di dare-e-ricevere. Che dire: si vede che la gente vuole questo.

lunedì 8 ottobre 2012

GENTE CHE VA, GENTE CHE VIENE

Tra rassegne stampa e comunicazioni personali si incrociano due storie che hanno molte similitudini e alcuni contrasti figli dei nuovi media: strumenti diversi eppure simili nel potere comunicativo, professioni (e identità) simili tra loro eppur differenti stili, azioni clamorose - una in entrata, una in uscita. La prima: un noto scrittore e giornalista (cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia) chiude il suo profilo Facebook perché qualcuno ha rubato la sua identità (prerogativa di vip e non solo, e oggetto di importanti dibattiti) e lui non può più reggere questa falsa situazione. Decisione un po' forte, ma che forse sposta l'asticella dell'eterno dibattito tra Verità e Finzione (soprattutto nell'era digitale) un pochino più su. Di certo il nostro scrittore non sparirà nell'ombra: basterà cercarlo altrove, qualche appassionato di sole bacheche potrebbe addirittura scoprire nuove fonti di informazione.
La seconda: di fatto quasi in contemporanea uno scrittore - e saggista, e critico, e tante (troppe?) altre cose - annuncia il suo trionfale ingresso nel mondo di Twitter. A corredo del primo cinguettio la dichiarazione di autenticità virtuo-identitaria sembra voler certificare il gran momento, come se bastassero due righe, una mini-foto e poco più per affermare la Verità e per scacciare il Falso che intorpidisce la Rete. Insomma, nella porta girevole del grande mondo virtuale c'è da registrare un arrivo e una partenza. In entrambi i casi follower e fan se ne faranno una ragione.

venerdì 5 ottobre 2012

MANIFEST...ARE OPINIONI

Traslare Facebook nella vita reale sotto varie forme è una mossa sicuramente azzeccata, che fa presa sulla maggior parte dei destinatari di messaggi pubblicitari e/o commerciali. Insomma, la tendina da bagno o il letto  FB possono essere una vera e propria attrazione e diventare oggetti di culto. Va detto che non proprio tutto è però riconducibile al mondo del vostro social network preferito: per alcuni settori e per alcuni messaggi forse è meglio pensarci due volte, prima di intraprendere campagne di marketing seriale e promozione. Ecco, la politica è uno di quei settori in cui bisogna sempre dosare col bilancino il tipo di messaggio che si va a proporre, fosse questo per un candidato o per un Ideale: il rischio del cosiddetto effetto boomerang è dietro l'angolo, o sopra (sopra inteso come strato superiore, più in vista, ehm) il manifesto.
Ed ecco l'effetto che fa una domanda così invitante che campeggia su un cartellone sei-per-tre. E' successo a Varese, e mi piacerebbe sapere come si staranno scatenando i troll di strada (e già in passato c'è stata occasione). Per loro, una chance così, è una vera e propria manna: quale "bacheca" migliore per veicolare il loro pensiero? Ecco: non proprio tutto è riconducibile a Facebook. La figuraccia si manifesta facilmente.

Immagini tratte da cadoinpiedi.it : enjoy!

La "bacheca" è pronta a ricevere i messaggi...
...e non ci sono neanche andati giù pesantemente, qui!

giovedì 4 ottobre 2012

ONE (OUT OF TWO) OF A KIND

Puntuale come la caduta autunnale delle foglie arriva il rapporto Censis che fotografa la situazione degli Italiani e del (nostro) rapporto con media tradizionali e di nuova generazione. Già nel 2009 lo scenario vedeva una sostanziale affermazione del vostro social network preferito, ma tre anni dopo l'inarrestabile ascesa di Facebook è ancora il tratto dominante del documento: si parla di giornali cartacei, libri, uso di tecnologie cellulari e ruolo della tv, ma i portali di informazione vedono nell'aumento della percentuale di iscritti a FB la headline principale. E allora si legge che un italiano su due è su Facebook, mentre tale percentuale aumenta se si considerano solo le persone "connesse". E alla luce del fatto che siamo un Paese un po' avanti con l'età media, il dato fa riflettere. Restiamo sempre un Paese di santi e navigatori...del Web, ma evidentemente ci piace troppo quell'approdo digitale chiamato Facebook.

mercoledì 3 ottobre 2012

COMPRA, VENDI, REGALA

E' tutta una questione di soldi, c'è poco da fare. Un'azienda come Facebook genera introiti diretti, indiretti, volontari e involontari, e parliamo di cifre abbastanza importanti. In un certo senso il vostro social network preferito vi compra, nel senso che vi offre questa (fantastica) opportunità di creare il vostro orticello digitale da coltivare con post, commenti, immagini, like e tag vari. Senza chiedervi nulla in cambio? Beh, proprio gratis non è, nel senso che tutti i dati inseriti si trasformano in una vera e propria risorsa che FB può vendere ad inserzionisti e compagnie varie perché di fatto si tratta di profilazioni che in termini di marketing sono quanto di meglio le aziende possano ottenere. Sui metodi di vendita dei dati date un'occhiata a quest'ottima lettura tratta da Il Post, mentre sulle tecniche di monitoraggio degli acquisti attraverso l'analisi delle pubblicità segue a ruota un altrettanto valido articolo su Wired.it (attenzione al passaggio in cui dai dati virtuali si passa al monitoraggio reale, quello relativo agli acquisti "fisici": basta incrociare alcuni dati e il gioco - anzi, l'affare - è fatto).
Mancherebbero i regali. Beh, con tutti le informazioni che si regalano su Facebook si potrebbe anche chiudere qui. Invece no: dimenticate i presenti virtuali che si potevano fare in passato, ora con Facebook Gifts si potrà scegliere un regalo per gli amici senza dover uscire dalle pagine in blu. Si tratta di regali veri, di oggetti autentici: come può un sistema informatico capire cosa piace o non piace ad un determinato utente? Beh, la risposta è abbastanza scontata: non mi sorprenderebbe se la gamma di regali per un determinato iscritto risultasse assolutamente azzeccata, poiché basterà scorrere algoritmicamente tra gradimenti e commenti per interpretare con ragionevole certezza il regalo perfetto. E qui non si parla di pubblicità mirata basata su ricerche (altrui) precedenti o della funzione wishlist ormai molto apprezzata su diversi portali di e-commerce. Queste ultime mostrano risultati in base a scelte volontarie dell'utente, mentre nel caso di Facebook si potrebbe andare (ben) oltre il concetto di volontarietà, abbracciando in toto quella dell'interpretazione mirata. E' questo lo scenario del futuro?

martedì 2 ottobre 2012

OCCASIONE (IR)RILEVANTE

Rilevanza dell'informazione: su questo spinoso tema si muove il Web al giorno d'oggi, alla ricerca di una risposta definitiva alla questione "meglio la quantità o la qualità di ciò che si legge in Rete"? A sentire il parere degli esperti (bisogna spesso sentire il parere degli esperti, quantomeno per capire quanto si è lontani o vicini dal parere altrui), i social non hanno fatto altro che amplificare a dismisura la base degli utenti, facendo in modo che questi scrivessero non importa cosa, non importa come: basta che se ne parli, e il profitto per alcune grandi aziende che si arricchiscono grazie al Web è garantito. Insomma, il solito grande potenziale buttato all'aria per le logiche di profitto, e un'occasione persa per intraprendere una rivoluzione che nella maggior parte dei casi (tranne alcune eccezioni in cui l'informazione è risultata vera e di vitale importanza) è rimasta solo una piccola scossa dai propri divani, probabilmente per via di un poke o giù di lì.
E per confermare quanto detto, vi consiglio l'analisi di chi ha pensato di iscriversi al vostro social network preferito e di averne constatato la sua sostanziale inutilità, nel senso che il tipo di informazione circolante ha la stessa rilevanza e lo stesso interesse di una partita di tamburello per un italiano medio. Interesse che - è bene precisarlo per dare un'informazione rilevante - non è esattamente altissimo.

lunedì 1 ottobre 2012

VEGGENTI DIGITALI

Credete alla chiaroveggenza? Per alcuni è una specie di black sorcery, per altri una truffa bella e buona, per altri motivo di indifferenza assoluta. Quale che sia il vostro punto di vista, sappiate che il primo che vi leggerà la mano potrebbe trovare una linea della vita lunga o corta, ma anche degli inequivocabili marchi potenzialmente indelebili sui polpastrelli, ossia quelle parti del corpo che sono a contatto con tasti del computer e schermi tattili di smartphone e affini. E da questi segni potrebbe stupirvi al punto da sapere tutto, ma proprio tutto di voi. Percezione extrasensoriale? Nah, la cosa è molto più terrena e soprattutto è lo specchio dell'educazione digitale ai tempi di Facebook e affini. Insomma, oltre alla mano basta leggere la bacheca...uno spot magnifico (dovrebbero dare un vitalizio ad alcuni creatori di spot geniali, secondo me) prova a mettere in guardia proprio su questo aspetto: indovinate se il messaggio arriverà forte e chiaro(veggente). Buona visione.