sabato 29 settembre 2012

CRUMIRI

Chissà cosa avranno pensato i colleghi di lavoro della ragazza che trascorreva ore e ore alla sua postazione anche e soprattutto oltre le ore canoniche, sabato compreso. Attaccamento ai valori aziendali? Indomabile voglia di lavorare, di dare di più, di contribuire all'innalzamento del PIL nostrano? Farsi bella agli occhi del capo? Niente di tutto questo: anzi, tutto il contrario. E' successo nel padovano, parte di quella zona che è(ra?) la locomotiva d'Italia in quanto a produttività: la ragazza in questione era davvero una dipendente, ma dei social network: uno in particolare (ça va sans dire), sul quale trascorreva ore e ore tra chat e bacheche. Il rapporto tra produttività & lavoro e social network (o distrazioni digitali a vario livello) è questione sempre più annosa (senza contare i vari espedienti per non farsi "beccare"), e certamente questo caso non fa eccezione: sorprende soprattutto il fatto che la ragazza preferisse la postazione lavorativa per dedicarsi alla sua attività di messaggiatrice seriale, ma evidentemente il tutto fa parte del pacchetto-ossessione-tutto-compreso. Risultato della vicenda? Beh, in questo caso il licenziamento sembra proprio per giusta causa. Quella che agli occhi altrui forse voleva solo essere l'impiegata del mese facendo finta di lavorare come un cane, ora magari può ambire ad altri premi.

giovedì 27 settembre 2012

GERARCHIE: MEDIA...PONDERATA

Riuscireste ad immaginare il mondo (virtuale e non) senza l'apporto contenutistico fornito dai social media? E' un po' come figurarsi un mondo senza avvocati: eppure questi nuovi mezzi di condivisione e di informazione sono abbastanza recenti, e Internet è esistito anche senza di loro, sebbene all'epoca fosse ancora una realtà in forte espansione. Insomma, che piaccia o no oggi quasi tutto ha il suo lato social, ma come sempre è l'utilizzo corretto degli strumenti a marcare la differenza tra contenuti generalisti e quelli un po' più utili per gli obiettivi di ciascuno di noi.
L'intervento di apertura - quindi non proprio un contributo secondario - della (sempre ottima) Social Media Week, in questi giorni a Torino, parla proprio del modo di fare condivisione a vari livelli. Autore dell'intervento è Philippe Aigrain, e tra le righe si possono leggere un paio di "bombe" ben assestate ai prodotti digitali di larg(hissim)o consumo: secondo lui, infatti, i social media sono ben variegati e diversificati, e vengono utilizzati al meglio solo se si sceglie quello appropriato per lo scopo che si intende raggiungere. Ci sono però un paio di canali troppo "accentratori" perché molto potenti dal punto di vista delle risorse investite e del conseguente appeal che ne deriva per gli utenti che vi si precipitano in massa. Inutile girarci attorno: il nome immediatamente citato è proprio quello di Facebook, sulle cui pagine si riversano le vite di molti, senza fare distinzione del tipo di informazione da voler condividere. Secondo Aigrain (ma non solo, vien da pensare), dunque, la qualità è importante quanto l'utilizzo non improprio che si fa di questi strumenti. Uno schiaffo ai social generalisti e una rivincita del buon vecchio blog (considerato il mezzo più rappresentativo del potenziale di condivisione online)? Beh, più che altro una presa di coscienza di ciò che Internet può offrire (una gran varietà di strumenti) e ciò che Internet in realtà sta diventando per via dell'utilizzo ormai standardizzato da parte della stragrande maggioranza degli utenti. E' vero, è il popolo che decide e i principi democratici varrebbero anche in Rete, ma la riflessione di Aigrain non può lasciare indifferenti, quantomeno per coloro i quali sanno (più o meno) razionalmente quel che compiono e condividono nel mare magnum virtuale.

martedì 25 settembre 2012

BUG...GERATI

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio: mai adagio fu più azzeccato per quella che è l'ennesima notizia che fa fermare le rotative (per le versioni cartacee) e i server (per le edizioni digitali) di numerosi media. Non è la prima volta che si segnalano pericolosi buchi nella sicurezza di Facebook o nella sua struttura informatica, ma qui si parla di aspetti privati, e pure troppo: davvero quasi tutte le testate online (anche quelle di nuovissima concezione) ieri segnalavano prontamente che a causa di un bug sono stati resi pubblici anche i messaggi privati relativi al periodo 2007-2009 di molti utenti (si parla soprattutto di utenti francesi ma non solo, tanto da diventare una vera e propria questione di Stato: e anche se tutto questo non fosse vero, se non sarà oggi potrebbe succedere domani, e penso si capisca quanto facile sia "gestire" la mole di dati digitali). Insomma, fate mente locale a che tipo di scambi epistolari alternativi effettuavate in quel periodo, e cominciate a tremare. Oppure incrociate le dita e sperate non tocchi a voi. Oppure magari fermatevi un attimo e pensate un attimo a chi state affidando questo tipo di comunicazioni e - perché no - anche parte della vostra vita. Soprattutto quella che non volevate fosse pubblica.

giovedì 20 settembre 2012

DIRITTI...ROVESCIATI

Quanto è difficile districarsi tra tutti i contenuti che circolano in Rete? Cosa ci serve, cosa è utile, cosa non lo è? Ma soprattutto: cosa è vero e cosa no? Tutte domande legittime, e tutte possono trovare una possibile risposta in quel grande contenitore che è il vostro social network preferito. Il fenomeno delle famose Catene di Sant'Antonio trova sicuramente nell'Era Digitale il mezzo perfetto di diffusione, e con le email prima e Facebook poi la voglia di mandare ad altri messaggi plausibili o verosimili è insita un po' in tutti noi. Non è la prima volta che si parla di messaggi "pericolosi" che vengono da bacheche altrui, ma è notizia di qualche giorno la diffusione di un messaggio da far rimbalzare da un contatto all'altro in cui si specifica che gli utenti FB dovrebbero protestare per far valere il proprio diritto di proprietà dei contenuti da loro generati. Il messaggio, tuttavia, è mal tradotto (colpa delle intelligenze artificiali?) e soprattutto rivendica un diritto che non sta né in cielo né in terra, soprattutto se l'utente ha accettato determinate condizioni all'atto dell'iscrizione a Facebook (lo sapete, vero?). Insomma: una bufala bella e buona che passa da amico ad amico, o la rivendicazione di un diritto forse sacrosanto, ma non tra le pagine del vostro social network preferito. Inutile rovesciare la frittata: da quelle parti i diritti lasciano il tempo che trovano.

mercoledì 19 settembre 2012

UN'OFFERTA DA COGLIERE AL...VOLO

Cosa farebbero le aziende pur di spill...pur di conoscere meglio le vostre abitudini, i vostri gusti, le vostre preferenze? Un tempo promettevano concorsi in cui si vincevano mari e monti, ora è tutto più semplice: basta anche solo un social network e la prospettiva di rendere le cose più semplici per voi (ma soprattutto per loro). L'ultima iniziativa commerciale di Alitalia è di quelle da non farsi sfuggire così facilmente: la (ex) compagnia di bandiera ha attivato il Social Login, ossia la possibilità di associare al profilo del sito "istituzionale" uno (o più) social network. La scelta è ampia, ben più ampia della dicotomica scelta tra snack dolce o salato che servono (servivano) sui vettori: potete collegarvi con l'account del vostro social network preferito, ma anche con quelli Twitter, Google, Messenger (esiste ancora, sì), Yahoo e LinkedIn (e il povero Myspace? Relegato nella stiva...). Qualora foste scettici a riguardo, sappiate che per questa azione riceverete ben 500 miglia (potrebbero esservi utili per raggiungere Indianapolis). In realtà il servizio avrebbe un suo senso, dato che molto spesso si tendono a dimenticare le credenziali di accesso di siti "minori" (o il codice della propria tessera delle Miglia: sfido chiunque a ricordarlo), ma è abbastanza semplice intuire che il servizio fornirebbe all'azienda un gate di accesso a numerosi e preziosi dati aggiuntivi di potenziali clienti (c'è chi lo fa già, invero). Insomma, saranno anche miglia gratis, ma si capisce lontano un chilometro che chi fa l'affare - ancora una volta - non è il cliente.

venerdì 14 settembre 2012

OMAGGIO DI...VINO

Capita a tutti i livelli della società di fare e ricevere gentili omaggi da clienti, fornitori, conoscenti, amici, parenti e affini: ovviamente ci sono pensieri per tutte le tasche e soprattutto per tutte le occorrenze, e maggiore la carica rivestita da un soggetto, maggiore sarà "l'impegno" nell'onorare cotanta personalità con un presente ricercato o esclusivo. Immaginate i doni ricevuti da capi di Stato e personalità varie, siano queste politiche, amministrative o altro: rarità e preziosità devono essere all'ordine del giorno. Ma si sa, coi tempi che corrono cambia anche il concetto del personaggio rappresentativo, e politica e istituzioni - diciamocelo pure - non attraversano un momento di popolarità alle stelle. Capita dunque di leggere che la prima bottiglia di un vino prodotto nella provincia di Foggia finirà nelle mani nientedimeno che in quelle di Mr. Facebook in persona, alla faccia di capi, padri e padroni. Dammisole - è questo il nome del vino di prossima produzione - viene orgogliosamente definito il primo vino Facebook italiano. Il motivo: una "ricetta" in puro stile social & crowdsourcing con i commenti degli utenti? Una distribuzione o vendita limitate ai soli fan del prodotto? Niente di tutto ciò: semplicemente, un modo diverso per pubblicizzare il prodotto, per andare i soliti canali di distribuzione. Apperò, innovativo: pubblicità tramite Facebook fino a scomodare il gran capo in persona, e apparentemente nessun legame tra prodotto e il vostro social network preferito, se non presunta promozione gratuita. Suona come una trovata di marketing bella e buona, di quelle che fanno parlare molto e creano grandi aspettative: speriamo (per il viticoltore) che il primo bicchiere sia di gradimento lì negli Stati Uniti, altrimenti sai che campagna denigratoria potrebbe venir fuori? Sarebbe proprio un calice amaro.

giovedì 13 settembre 2012

O TALEBANO, POSTAMI VIA...

Conosci il tuo nemico, recita il sempre valido L'arte della guerra, un trattato applicabile non solo ai conflitti bellici ma anche alle piccole, grandi battaglie del quotidiano di ciascuno di noi. Stavolta però si parla proprio della guerra intesa come warfare, quella con dispositivi elettronici complicatissimi e armi sempre più sofisticate e intelligenti. Ma si sa, dietro ad ogni arma c'è (quasi) sempre un soldato, e dove non si può combattere la tecnologia militare si prova con i cari vecchi trucchi del mestiere, in versione 2.0.
Dal blog del giornalista Pino Bruno si viene dunque a sapere che, nella delicata guerra in Afghanistan, i Talebani provano a rintracciare i soldati delle truppe nemiche attraverso un complesso processo di data mining che incrocia dati digitali, posizionamenti satellitari e chissà quale altra diavoleria. Ma esiste un metodo nettamente più efficace: basta "adescare" sui social network i soldati fingendosi donne che non resistono al fascino della divisa e il gioco è fatto. Una volta nelle amicizie, basta sfruttare la "leggerezza" dei soldati nel postare foto e commenti e l'avamposto è bello che scoperto, e si è pronti ad anticipare le mosse "dell'invasore".
Insomma, molti militari non riescono proprio a stare alla larga dal vostro social network preferito, e tutto il resto è...naja. La conferma arriva da un sondaggio del governo australiano sulle proprie forze armate, e i risultati parlano chiaro: l'addestramento militare sarà anche ai massimi livelli, l'ossessione da post è una strategia da combattere al più presto, perché si rischia di mandare a monte delle (costosissime) campagne militari per delle leggerezze. Come recita il detto: in amore e in guerra tutto è concesso, ma il nemico lo facevo meno fesso.

domenica 9 settembre 2012

IL T...RATTO (CULTURALE) DI EUROPA

Quello di filosofi e intellettuali, ai più, è un mondo un po' strano, da capire pur non capendolo a pieno e da prendere con le pinze: perché filosofi e intellettuali parlano e provano a spiegare, ma alla fine, forse, in alcuni casi non si capiscono nemmeno loro stessi. Poi ci sono presunti filosofi e intellettuali, ma questa è un'altra storia: metti però che filosofi e intellettuali riconosciuti come tali (mi piacerebbe vedere la loro carta d'identità alla voce professione) si incontrino ad un meeting in cui si parla di tante cose; ecco, forse qualche riflessione condivisibile, quei più, la possono trovare.
Tra i temi trattati al Festivaletteratura si è parlato anche della questione della cultura europea. Se in un certo senso dal punto di vista geografico la nozione di Europa è abbastanza definita (ma è sul concetto di Europa in altri campi che può sorgere qualche filosofico dubbio), ecco che sulla nozione di cultura nascono discussioni e punti di vista di cui si può parlare almeno fino alla prossima edizione del festival. Cos'è la cultura oggi, e in cosa si contraddistingue la cultura europea rispetto al passato? Domande intricatissime, ai quali a cui alcuni dei relatori hanno provato a dare una risposta. Facile rapportarsi al digitale mondo interconnesso di oggi, tanto da mostrare il risultato dell'interrogazione di cultura europea su Google, che fornisce 943 milioni di risposte - tutte sbagliate, peraltro (tra l'altro toccherebbe capire che tipo di interrogazione è stata formulata, e se sono stati controllati tutti i risultati: basarsi sul dato numerico non spiega ancora tutto, ma forse è meglio non dirlo ad intellettuali e filosofi). Segue a ruota il concetto di cultura incentrata sul consumatore, e non sul produttore: e proprio su questa idea si scaglia la critica al modello Facebook, forse considerato un emblema della cultura odierna.
Ecco, che piaccia o no anche questa è cultura: che poi sia segno di evoluzione o di altro, forse la risposta è custodita nella mente di qualche filosofo o intellettuale.

venerdì 7 settembre 2012

CHI TROVA UN AMICO...

...trova un tesoro, tu dici? (cit.) A quanto pare è più facile trovare un tradimento, soprattutto nella sfera delle amicizie virtuali, con la sola "scusante" che la violazione del proprio profilo è più o meno involontaria. In un'altra di quelle che possono essere definite nuove normative in fatto di Giustizia si inserisce la decisione di un giudice di New York, il quale ha stabilito che nel momento in cui si postano informazioni sul vostro social network preferito si condividono dati con la propria schiera di amici, e questi ultimi possono in pratica fare di questi dati ciò che meglio desiderano, tra cui fornire una comoda "porta di accesso" per inquirenti e affini a scopo di indagine. Insomma, per osmosi se uno dei vostri "amici" (il virgolettato è una scelta stilistica anche del giudice, tutto dire) è "amico" del Governo, questo diventa automaticamente un vostro "amico", con tutto quel che ne consegue, ovviamente. Meglio terminare un'amicizia o far finire il proprio rapporto con quel tesoro chiamato privacy?

mercoledì 5 settembre 2012

PRIMO EMENDAMENTO: NON CLICCARE

La prima cosa che può venir in mente leggendo questo episodio è Succede solo in America (che poi sono gli Stati Uniti, eh). Certo, non è la prima volta che sul luogo di lavoro si scatenano battaglie legali per colpa di Facebook, ma stavolta il "solito" like ha tutte le sfumature dell'assurdità. Scenario: tipico paesino della Virginia che si prepara all'elezione del nuovo sceriffo. Una volta si sarebbe fatta campagna elettorale nella piccola piazzetta o nel saloon del luogo: invece ora anche nei tipici paesini della Virginia si fa politica contando i like su Facebook. Dev'essere stata molto poca la gratitudine o molto tesi i rapporti nel commissariato, visto che fatale è stata la scelta del vice-sceriffo e di cinque altri funzionari di "apprezzare" la candidatura dello sfidante allo sceriffo in carica. Risultato: licenziamento in tronco. D'altronde quel che decide lo sceriffo è legge: tuttavia, i sei in cerca di nuova occupazione hanno impegnato nientemeno che il Primo Emendamento della Costituzione a stelle e strisce, quello per inteso che regola la libertà d'espressione. Conclusione? Il giudice ha stabilito che il like (ma probabilmente molto di quel che circola sul vostro social network preferito) non è in grado di "scomodare" cotanto fondamento della Giustizia statunitense, anche perché ciò probabilmente innescherebbe un effetto-domino potenzialmente infinito. Pronto il ricorso da parte della difesa, con un "testimone" di eccezione, vale a dire Facebook in persona, il quale s'è permesso addirittura di inserire nuove interpretazioni giuridiche affermando che la forza di un like è da considerarsi espressione che rientra a pieno nell'Emendamento. Insomma, nuovo materiale per avvocati e giudici. Poi dici che la Giustizia non funziona...

martedì 4 settembre 2012

MEDIA...MENTE COME GLI ALTRI

Davvero niente male la riflessione apparsa qualche giorno fa dal titolo Quando Internet diventa peggio della televisione: la lettura è caldamente consigliata, (sulla frase Il problema, ancora una volta, è l'uso che se ne fa mi sono sentito quasi come di fronte ad uno specchio telematico) perché si analizza (e velatamente si critica) il modo di fare Internet ed essere su Internet al giorno d'oggi. Già, Internet, quella bella risorsa nata circa vent'anni fa che all'inizio era sconosciuta ai più (mancanza di infrastrutture, si vociferava) e quindi con (relativamente) pochi contenuti e poca gente in giro: un po' come quei baretti accoglienti ma poco frequentati, nei quali si sta bene e tranquilli. Internet è il futuro, e al bando la vecchia televisione, si è detto. Poi la voce s'è sparsa: si è cominciato a dire che su Internet si è liberi, e liberi di fare tutto quel che si vuole. Apriti cielo: sono arrivati in miliardi, ognuno con qualcosa da dire. Ne beneficiò la qualità dell'informazione? Non proprio: si capì subito che bastava la quantità, e alcuni baristi hanno cominciato a monetizzare sul cumulo di dati, promettendo aperitivi gratis in cambio di qualche informazione. Le conseguenze? Qualcuno ha ipotizzato che la tanto sbandierata libertà fosse solo fittizia, altri continuano ad affollare il bar più bello per fare bella mostra di sé e poco altro, mentre il barista incassava beato. Finirà magari (siamo nell'anno dell'Apocalisse, in fondo) che il bel baretto diventerà troppo affollato, con la qualità del prodotto che inevitabilmente si deteriorerà presto. Si tornerà magari a quella vecchia osteria chiamata Tv per rifocillarsi di sapere? Magari no, visto che forse basta comportarsi bene nel baretto per farlo tornare ai suoi antichi splendori, al suo primo Ideale: c'è ancora qualche tavolo libero, basta solo una riassettata.

lunedì 3 settembre 2012

M(ALPHA)TTORE DI DATI

Alzi la mano chi conosce Wolfram Alpha. Mi aspetto di vedere parecchie mani ancora giù su tastiere, mouse e schermi dall'altra parte della connessione, ma in un certo senso si tratta di un prodotto a suo modo elitario, dunque è normale che questo nome non faccia accendere alcuna lampadina in molta gente. Le cose potrebbero però presto cambiare, allorché un nuovo strumento si affaccia nel grande mondo di Facebook e dintorni: e vuoi per provocazione, vuoi per pura ricerca di una fama che non arriva (e si sa, è la fama che è una merda, cit.), ma forse questo nome comincerà a girare anche tra le più comuni bacheche del Web.
A spiegarlo in due parole, W.A. è un motore di ricerca. Beh, ma c'è Google per cercare è una giusta obiezione: il punto è che questo motore di ricerca funziona in modo un pochino diverso perché alla base ha delle regole e delle interpretazioni della ricerca differenti. Si tratta di una sorta di esperimento voluto dal suo creatore, Stephen Wolfram, e a differenza dei tradizionali motori di ricerca che cercano (appunto) contenuti sul Web, qui è tutta una questione interna, nel senso che i complessi algoritmi interpretano la ricerca richiesta e la calcolano direttamente all'interno del "calderone" di conoscenze che ha il sito stesso. La cosa, in effetti abbastanza complicata, può rappresentare il futuro di tante cose, oppure la consapevolezza che in effetti è (ancora) complicato per la macchina replicare la Conoscenza umana.

Ok, ma è sempre più comodo Google per le ricerche: d'accordo, ma qui si parla di un progetto ambizioso che fa dei dati il suo "alimento" principale. Da qui al nesso con il vostro social network preferito, che ovviamente fa dei dati il suo punto forte: ecco dunque che Wolfram Alpha si interfaccia con Facebook attraverso la "solita" app, in grado di analizzare tutti i vostri dati e farne infografiche e schemini. E si sa, infografiche e schemini sono cose che tirano parecchio, sui social. 
Il pulsante Analyze my Facebook Data (a metà tra un imperativo e una minaccia) diventa quindi l'occasione per Wolfram di "alimentarsi" di dati e tirar fuori i vostri profili in base a diversi criteri: dall'ubicazione dei vostri amici, alla classifica di frequenza dei loro nomi, al grado di interconnessione di amicizie fino ad una sempre suggestiva word cloud delle parole che utilizzate più spesso in post e commenti.

Se dunque volete sapere chi siete sul serio (almeno sul Web, ammesso che faccia differenza), fatelo. Da una parte un motore di ricerca semantico vi ringrazierà perché farà dei vostri dati la base di partenza per nuove conoscenze da inglobare nella sua sete di Sapere: dall'altra, tuttavia, forse in qualcuno - tra istogrammi e nuvolette - verrà il dubbio che i propri dati sono facili, ma davvero così facili da schedare. In un clic.