martedì 19 luglio 2011

PUBBLICITA' INAPPROPRIATA

La pubblicità, si sa, è l'anima del commercio: una volta, sui media tradizionali, era anche considerata una forma d'arte e d'intrattenimento (e dopo, tutti a nanna), ora si bada all'essenziale - anche se la componente scenica fa ancora la sua figura - e soprattutto al mirato, complici anche le informazioni vitali per le aziende di marketing per modellare gli ad intorno ai gusti specifici degli utenti. D'altronde molte realtà di Internet fanno affari d'oro con questa tecnica, e Facebook rappresenta forse l'esempio più eclatante in tal senso. Capita però che proprio FB storca il naso alla visione di alcune pubblicità che gravitano tra le sue pagine: evidentemente non basta comprare uno spazio per inserire il proprio "prodotto", visto il particolare tipo di servizio che si offre.

Capita dunque che l'idea di Michael Lee Johnson sollevi il solito polverone virtuale, visto che ha deciso di pubblicizzare gli inviti per entrare nella nuova creatura social di Google, anche nota come G+ (la G sta per Google, non per Gangsta). Apriti cielo: l'account Facebook di Johnson è stato subito disattivato per violazione delle norme di inserzione dei contenuti pubblicitari, neanche si trattasse di materiale che le policy definiscono "non etico". D'altronde, a casa degli altri si parla sempre bene del padrone, mica del vicino...

Onestamente ho cercato di evitare sin dall'inizio la querelle relativa al confronto Facebook vs. G+: è una cosa che mi interessa relativamente, e probabilmente "dovrei aprire un altro blog" (cit.). Con questa notizia si sfiora soltanto l'argomento, ma a questo punto è bene omaggiare lo scontro tra i due contendenti provando a riderci su.




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