Pensate alle parole che colleghereste al termine Internet per associazione di idee: cosa vi verrebbe in mente? La scelta è ampia, e ognuno - in base alla propria esperienza e rapporto con la Rete - avrebbe la sua lista. Ma non dimentichiamoci della parola insulti. Già, perché praticamente da quando esiste il Web quella che si può definire l'arte dell'insulto verso terzi è un filo rosso che collega blog, forum e social network. Anzi, soprattutto social network. E' indubbio che dietro uno schermo ci si possa sentire differenti, o anche solo "tutelati" da (semi)anonimato e/o assenza fisica con l'altrui parte: facile allora capire che quel che non si direbbe mai in presenza di qualcuno/a sia molto più facile da digitare su una bacheca o post, senza pensare (o ignorando, in moltissimi casi) le conseguenze anche penali nella vita vera. Sulla "logica" dell'ingiuria digitale si è già discusso (si trova qualcosina qui, qui, qui, ma l'elenco è anche più lungo) e d'altronde non può essere altrimenti, visto che di casi del genere si potrebbe scrivere (più di) un esempio al giorno. Evidentemente la misura è però colma, visto che è arrivata una sentenza del tribunale di Livorno che equipara la diffamazione a mezzo Facebook (solo a mezzo Facebook o è la abituale superficialità delle notizie?) ad una più "classica" a mezzo stampa, dunque penalmente perseguibile. Insomma, non ci sarà più distinzione tra il carattere di gutenberghiana memoria e quello zuckerberghiano, tanto per intenderci. Haters di tutto il mondo, tremate: anzi, quasi quasi chi dovrà preoccuparsi della possibile, potenzialmente infinita mole di lavoro che incombe sono proprio gli organi di Giustizia...
martedì 15 gennaio 2013
DIFFAMA? NON M'AMA...
Pubblicato da kikkuzzo alle 1/15/2013 07:21:00 PM
Etichette: facebook, netiquette, psicosi collettiva
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