venerdì 25 gennaio 2013

IL CAPO COSPARSO (DI INSULTI)

Lavoro e social network, un binomio di gioie e (molti) dolori. Vero, tra le nuove professioni si stanno affermando gli espertoni dei nuovi media, dunque persone che lavorano mattina e sera con Facebook e dintorni: è tuttavia vero che molto spesso passare del tempo su queste piattaforme fa un po' a pugni con la produttività in ufficio. E non è tutto: spesso nella foga del momento ci si lascia andare a considerazioni un po' sopra le righe nei confronti dei propri superiori, non ricordando che il boss è stato aggiunto nella lista amici o essendo consapevoli che comunque prima o poi venga a sapere della cosa (anche i muri dell'ufficio ascoltano e parlano, si sa). E' già successo, succede tutt'oggi, succederà ancora, statene certi. O forse no: negli Stati Uniti l'organismo statale di controllo delle relazioni industriali ha stabilito che i lavoratori, in veste di utenti (soprattutto sul vostro social network preferito) possono liberamente esprimere la propria opinione, anche se l'oggetto delle critiche (eufemismo) è il proprio datore di lavoro. E' proprio vero: the land of the free and the home of the brave, visto che nonostante la decisione ci vuol comunque fegato a "sfidare" il capo, ossia colui il quale spesso e volentieri ha il coltello dalla parte del manico. E se un giorno ci si ritrova davanti una lettera di licenziamento per giusta (altra) causa? Il sospetto che comunque abbia rovistato tra i vostri post è legittimo, in barba alle presunte tutele per i lavoratori. Ancora una volta, forse, l'unica garanzia è il buon senso degli utenti.

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