lunedì 17 ottobre 2011

RIVOLTA IL MESSAGGIO, MESSAGGIO DI RIVOLTA

Con oltre settecento milioni di utenti, Facebook si presta agli usi (e agli overuse) più vari: in realtà il discorso è più ampio e si può tranquillamente estendere a tutti i social e ancora più in generale alla possibilità, grazie al Web 2.0, di esprimere le proprie opinioni sulla Rete. Il problema - è stato ribadito in queste pagine più di una volta - non è dunque lo strumento in sé, ma l'uso oggettivamente poco utile (o non completamente utile, dipende dai punti di vista) che si fa di queste tecnologie. Insomma, c'è modo e modo di usare il vostro social network preferito: facile però preferire il gossip locale ad altre tematiche meno divertenti, come ad esempio necessità reali o sociali di un certo peso.
Tra qualche anno le future generazioni apriranno i libri di storia e studieranno l'esito della Primavera Araba: nella narrazione dei fatti, si parlerà di Twitter e Facebook come strumenti che hanno avuto un ruolo non così marginale nell'intera vicenda, anzi. Anche in queste pagine è stato espresso un sentimento positivo per l'uso di questi mezzi per fini "nobili": insomma, i social possono essere usati bene e per motivazioni che cambiano davvero il corso degli eventi.

Sull'edizione cartacea del Corriere della Sera del 14 Ottobre compare un articolo che mescola politica e uso di questi strumenti sociali: a lezione per "l'uso politico di Twitter" illustra il punto della situazione effettuando un confronto tra paesi e situazioni storiche diverse. La pietra di paragone è proprio il Nord Africa:  la necessità di dover comunicare per protestare contro decenni di oppressione è stata la scintilla in grado di far utilizzare la Rete in modo organizzato, e ciò alla lunga ha prodotto il risultato sperato (anche se non tutti la pensano in questo modo). In Italia, invece, la situazione è completamente diversa, se pensiamo che nell'articolo si parla dell'uso di Facebook "solo per giocare con gli amici o per cliccare sul tasto mi piace".
Il Bel Paese dunque come popolo di santi e navigatori su Facebook per puro svago? Forse allora c'è bisogno della rivolta per sapere se anche gli italiani sono in grado di avere la loro "primavera". Ovviamente è solo un'esagerazione per via di situazioni economiche, sociali e storiche completamente differenti, ma proprio la cronaca recente ci può fornire un piccolo banco di prova. La marcia pacifica (ma non ovunque pacifica, ahimè) del movimento degli indignati è storia, politica, società. Un evento di questa portata presuppone anche un'organizzazione capillare e grandi motivazioni alla base: la Rete può essere sia la cartina di tornasole che luogo per gestire o veicolare azioni e reazioni. La realtà è ancora una volta non esattamente corrispondente, se si pensa che il Web si è mosso per questo fine, ma in Italia i numeri sono nettamente inferiori ad altre realtà nazionali. Insomma, rimangono solo i danni materiali. Chissà se tra un gioco con gli amici e un clic all'ennesimo mi piace alcuni se ne sono accorti.

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