giovedì 20 ottobre 2011

PRIVACY, UN CONCETTO IN ESTINTORE

Gli ultimi fatti di Roma sono solo il punto di partenza per una riflessione un po' più generica sul rapporto tra comuni cittadini che in un clic diventano utenti della Rete (con ciò che ne consegue) e che finiscono automaticamente nel mirino (a torto o a ragione) della Rete stessa ma anche dei media tradizionali, nonché sulle problematiche etiche derivanti.
Si diceva degli eventi di sabato scorso. Non è certo questa la sede adatta per dilungarsi sulla questione: la vicenda è solo uno spunto, visto che l'interesse è rappresentato da una delle immagini-simbolo di questi scontri, ossia l'ormai noto "ragazzo con l'estintore". Sui giornali (cartacei) di oggi, ad esempio, si fa a gara per ricostruire la sua figura: pensieri, parole, opere, omissioni ma ultimamente anche status update. Già, perché molti quotidiani italiani (Corriere della Sera, La Stampa, La Repubblica, Il Messaggero solo per citare quelli più noti) non possono non attingere da Facebook e dintorni (Il Messaggero parla proprio di "saccheggio" di Facebook e Badoo) per completare a pieno il profilo psico-sociale del personaggio del giorno di turno. Beninteso, le interviste sul posto che fanno ancora vecchio giornalismo non mancano, ma non è certo il primo caso in cui le redazioni delle testate trovano in Facebook e simili una vera e propria miniera d'oro attraverso cui attingere notizie e foto di quelli che il giorno prima erano comuni cittadini e ora sono notizie da prima pagina. Fateci caso al prossimo caso eclatante (la casistica è piuttosto ampia: si passa dagli omicidi alle generiche morti fino agli scontri di piazza e chi più ne ha più ne metta, soprattutto se l'interessato/a è di giovane età): molto probabilmente gli articoli saranno "impreziositi" da contenuti provenienti da Facebook, perché così tanto è più facile e così ormai fan tutti.


Una tematica correlata è quella annosa della proprietà e soprattutto della pubblicazione dei contenuti altrui. Insomma, se sui giornali e su Internet si pubblicano le foto e le frasi provenienti da profili anche semi-pubblici con una facilità impressionante, evidentemente la cosa semplicemente si può fare. Insomma, detto che la cosa non sorprenderebbe affatto (e avrebbe tutto sommato una sua logica), toccherebbe andare a guardare nelle cosiddette righe piccole delle condizioni di utilizzo del sito, ma suppongo che i giornalisti ormai sappiano come utilizzare questo tipo di dati altrui, quindi la loro vita da redazione è bella salda. Suppongo, eh.

Insomma, a conclusione di tutto vien da pensare che ormai l'importante sia sgarrare il meno possibile nella vita, altrimenti si rischia che per ricostruire l'immagine (ancora una volta, a torto o ragione) qualcuno "bussi" alla porta del vostro profilo facendo razzia gratuita di contenuti. Alla fine del gioco, vien da pensare che il detto di Warhol sia stato ampiamente superato da icone del nostro tempo (Banksy) o - e stavolta attingo volentieri da un social network (non forzatamente identitario, la cosa fa differenza) - da persone che hanno già capito in che direzione andremo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Condividere foto ed info personali - aggiungerei a tutti i costi - sembra più importante e prioritario che proteggere la propria sfera intima.
Ciò che mi chiedo è: nel nome di cosa?
Altra domanda che mi pongo: cosa c'è di così entusiasmante nel trasformare la gestione dei rapporti col prossimo in ciò che, a mio avviso, sta via via assumendo i contorni di un mastodontico socio-videogame?

kikkuzzo ha detto...

Tutte domande (più che) lecite... secondo me FB - o tutti i social in generale - è un sistema che "scava" nel bisogno recondito della persona media, per un motivo o per l'altro (ovviamente generalizzando, non entrando in casi specifici). La cosa che fa più pensare è rendersi conto che tante persone caratterialmente più riservate vengono travolte dall'onda della psicosi collettiva stravolgendo le proprie abitudini, forse anche inconsciamente. Forse questo è anche l'aspetto peggiore: proiettato poi per settecento e passa milioni di casi, c'è da allarmarsi giusto un tantinello.