sabato 14 maggio 2011

CREDI CHE SCREDITI?

Le prime donne, si sa, vogliono un faro esclusivo puntato sempre e solo su se stesse: intorno, solo ombra. Capita allora che i grandi protagonisti del Web non guardino di buon occhio l'intrusione di potenziali concorrenti, e quindi cerchino in un modo o nell'altro di gettar fango senza fondate ragioni per farlo, sperando che il pubblico ci caschi e preferisca il prodotto "buono". Se si pensa al concorrente par excellence di Facebook è quasi automatico che si pensi a Google. Chissà perché, poi: forse per fama del marchio, forse per traffico o numero di pagine visitate, ma le due aziende - continuo a sostenerlo in maniera abbastanza convinta - forniscono servizi diversi. Certo, visto il recente trend del Web verso un'impostazione più social, anche Big G ha deciso di aprirsi alle funzioni di networking sociale, ma in buona sostanza Google funziona (bene e meglio, aggiungo) anche senza questi dettagli aggiuntivi. Ma dalle parti di Facebook hanno forse pensato bene di partire con un attacco preventivo, innescando una campagna volta a screditare il grande concorrente. Per farlo si sono rivolti ad un'agenzia di pubbliche relazioni il cui compito è stato quello di assoldare persone (giornalisti, soprattutto) disposte a parlar male di Google soprattutto per ciò che riguarda l'aspetto privacy (detto da Facebook la cosa fa abbastanza ridere). Risultato? La campagna stava per andare in porto, ma per fortuna qualcuno onesto è rimasto a questo mondo, e la bufala è stata prontamente smascherata. Facile l'effetto-boomerang della questione, visto che Facebook è dovuta ufficialmente intervenire per rispondere (debolmente) a queste accuse, per poi finalmente ammettere la colpa. Semplice dispetto nei confronti di un concorrente scomodo oppure tutto è concesso nella lotta fra giganti? A meno che non sia solo un puro, semplice timore...

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