lunedì 15 ottobre 2012

GIOVANI & VECCHI RIMEDI

Ah, i gggiovani. Sarebbero le nuove generazioni quelle che ci porteranno nel futuro? Saranno proprio loro a  indicare la strada maestra verso un avvenire sicuro, stabile, affidabile? Ai posteri (non quelli che si attaccano al muro) l'ardua sentenza: c'è di fatto che al momento attuale proprio loro, i giovani, non ci capiscono granché in quanto a prospettive future. E non si parla di lavoro, di prospettive e dintorni: si parla proprio della loro vita, della loro esistenza e del loro rapporto con il mondo che li circonda. Perché ormai il mondo per loro non ha più confini, nel senso che la dimensione spaziale è di fatto azzerata grazie al fattore Internet, in grado di connetterli sempre e comunque con tutti, ovunque.
Si pone tuttavia un problema abbastanza evidente quando a rapportarsi con questo mondo sono i ragazzi al di sotto della fatidica soglia (in Italia, perlomeno) dei 18 anni, un limite che segna il confine tra adolescenza e maturità. Non saranno diciotto candeline a maturare completamente una persona, sia chiaro, ma nella nostra società questo numero rappresenta un passaggio fondamentale che ti permette di fare o non fare certe cose. Sulla Rete, tuttavia, è abbastanza facile che un under si prodighi nel farsi conoscere a tutti i costi, o a fare in modo che - probabilmente non pensando troppo alle conseguenze future - si parli di loro, prettamente in negativo. Poi è chiaro, nel marasma generale molta gente non fa niente per arrestare questa emorragia digitale, anzi è vero il contrario, poiché anche una mancata regolamentazione in materia di trattamento delle informazioni online permette a molti (media in testa) di fare di ciò che appare sui loro schermi un po' quel che gli pare.
Non mancano poi le curiose interpretazioni: tutta da capire e da spiegare la denominazione diciassettenne attempato per riferirsi ad una persona quasi matura e dal profilo pubblico (nel senso della vita vera, ma evidentemente non solo) che finisce nell'occhio del ciclone per alcuni gesti che si prestano alla discussione pubblica, sia al bar che sulle varie bacheche. Insomma, quasi 18 e un papà abbastanza famoso ti pongono dall'altra parte della barricata: "la prossima volta stai più attento, ok, tanto le candeline le stai per spegnere e potrai far quel che ti pare" è la nuova ramanzina digitale.
Insomma, poi finisce che qualcuno in preda all'enfasi del momento si lasci andare ad atteggiamenti particolari per poi pentirsi col sen(n)o di poi: l'onta virtuale si trasforma - complici i social network, veri megafoni della diffusione soprattutto di alcuni contenuti - in situazioni che le menti in formazione (ma non solo) non riescono a gestire e a sopportare, e quindi notizie tragiche legate a doppio filo ai propri comportamenti online, ahimè, sono sempre più frequenti.
E poi, come se non bastasse, ci si è messa anche la diffusione massiccia  di strumenti sempre più portatili, sempre più connessi: Internet mobile è ormai alla portata di tutti, ragazzini inclusi, per cui l'occasione per perpetrare questo tipo di azioni si moltiplica esponenzialmente. Già, gli smartphone, non più "semplici" telefoni ma qualcosa di sempre più vicino ad un vero e proprio computer: e come tali, in grado di sapere tutto di voi, alimentati dalle informazioni digitate dagli stessi padroni. Facile capire che presente e futuro di questi dispositivi saranno sempre più legati alle operazioni di data mining da parte di terzi come inserzionisti e agenzie, senza disdegnare gli stessi produttori dei dispositivi.
Perché sì, siamo abbastanza spiati un po' da tutto e da tutti: non è paranoia, è realtà, e quel che possiamo fare è cercare di limitare i danni. Pensandoci un attimo prima di fare determinate cose, pensando al poi e non all'immediato like. A guadagnarci, da questo approccio, siamo tutti noi, e le nuove generazioni in primis. Perché il futuro (anche quello digitale) è dei giovani: me lo dicevano sempre, i vecchi saggi.

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