lunedì 5 marzo 2012

AHI, CHE DOLORE..

Tutti i media, si sa, si devono evolvere per poter essere centro di attenzione e comunicazione: ad esempio, la cara vecchia TV una volta informava, ora fa "Tv del dolore" (con ottimi risultati). Su Internet finisce che o sei quel che non sei o non sei nessuno.
Dietro un computer ci si può celare dietro un nickname e dire/fare cose giuste, o avere una precisa identità e fare cose (molto) sbagliate: la nuova tendenza è quella di avere un profilo fake e rovinare la vita altrui. Già, rovinare, e nello specifico "causare dolore" per via delle false aspettative create: è questa la motivazione di un giudice della Guildford Crown Court che ha condannato una ragazza inglese a trentatré mesi di carcere (di cui tre per frode) per aver assunto le sembianze di un ragazzo e per aver adescato delle ragazzine minorenni su Facebook.
Quello dei fake è argomento spinoso che meriterebbe pagine e pagine di approfondimenti: che sia una persona qualunque o un (presunto) Vip o personaggio pubblico poco importa, perché il problema è la facilità imbarazzante con la quale ci si può "impossessare" dell'identità altrui. Il merito o la colpa - non sta a me stabilirlo - è di queste piattaforme troppo generiche, molto massificate, troppo "personali" ma con poca personalità (un sito con un dominio personalizzato non è la panacea di tutti i mali, ma è già uno sforzo per uscire fuori dal coro, di questi tempi). Ma tranquilli, ormai va così: che sia reale o fittizia, basta una foto, un nome e cognome per stabilire il contatto virtuale che conta ormai più di quello reale. Il problema è poi (ri)scontrarsi con la realtà, e per molti finisce che l'impatto è talmente forte da causare troppo dolore.

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