lunedì 8 aprile 2013

E' UN ORDINE: LA PAROLA D'ORDINE

Facebook sul luogo di lavoro: ovvero, la solita diatriba tra aumento di opportunità e perdita di produttività. E' indubbio che la "sbirciatina" continua dei dipendenti ai propri profili durante le ore di ufficio possa rappresentare una violazione dei diritti e doveri del lavoratore, ma è vero anche che durante le ore libere si può scrivere peste e corna del proprio superiore. Finisce dunque che per questo motivo (ma anche per evitare che si possano divulgare informazioni riservate d'azienda, ovvero la motivazione ufficiale) sempre più datori di lavoro chiedano - anzi, impongano - la divulgazione della password d'accesso ai profili dei dipendenti sui vari social network: come detto, il motivo alla base di questa controversa richiesta risiede nel monitoraggio delle informazioni rese note più o meno pubblicamente sulle bacheche del vostro social network preferito e dintorni. Una questione come al solito spinosa e che pone nuovi interrogativi sul modo di tutelare (anche dal punto di vista prettamente giuridico) la libertà - nonché la privacy - di liberi cittadini. Tutto questo succede per ora negli Stati Uniti, ma va da sé che la questione possa allargarsi a tutti i paesi dove esista un rapporto lavorativo tra un capo, un subalterno e un social network (troppo) chiacchierone.

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