martedì 17 giugno 2014

PERSONALITA' (TROPPO) PUBBLICHE

Individuare il carattere di una persona "solamente" dal proprio profilo Facebook? Una questione di carattere piuttosto semplice: basta incrociare un paio di dati e il gioco è fatto. Potenza delle informazioni digitali, della capacità di aggregazione e categorizzazione dei big data, un paio di algoritmi sparsi qui e lì ed è - meglio, può essere - piuttosto semplice scoprire tutto o quasi di una persona - meglio, di un profilo.
Quale sarà l'oscura magia che può far sì che una macchina possa scovare i tratti della personalità di una persona? Niente di più semplice: bastano i dati che volontariamente gli utenti scrivono sul vostro social newtork preferito. L'applicazione, realizzata dalla società Five Labs, scandaglia tutti i post di un utente, analizzando le semplici parole del vostro periodare: alcune saranno semanticamente più rilevanti di altre e verranno associate a uno dei cinque grandi tratti della personalità descritti da qualche luminare e impressi su qualche libro. A quel punto, è facile aggregare tutte le parole appartenenti ai vari gruppi, confrontare le frequenze assolute delle parole e quelle relative ai vari gruppi e voilà, in un attimo il programma sforna per voi il profilo caratteriale con tanto di percentuale/propensione verso un tratto o un altro. Di per sé un'idea semplicissima che crea un connubio perfetto tra potenza delle parole in libertà e la rigidità della frequenza matematica. In più, è possibile poi effettuare un confronto tra il proprio profilo e quello dei propri amici e -udite, udite - quello di importanti personalità (Occhio: pare funzioni solo in inglese. E just in case, funzionerebbe solo purché i propri post siano scritti in una lingua corretta, senza obbrobri grammaticali e/ortografici!): come se il presidente degli Stati Uniti si sia messo a fare anche lui il giochino della personalità, vabbè.
Insomma, l'ennesima dimostrazione che il potenziale linguistico gentilmente offerto dagli utenti FB è lì, pronto per essere sfruttato a proprio piacimento da altri. E, come se non bastasse, sulle capacità di carpire le informazioni è notizia recente la scelta, da parte di Facebook, di proporre inserzioni pubblicitarie attingendo dalle ricerche web effettuate da un utente sul proprio o sui propri dispositivi. In altre parole, le pubblicità che appariranno su FB saranno simili o correlate alle ricerche effettuate su - per esempio - siti di e-commerce o semplici ricerche su motori di ricerca. Anche qui, sarà sufficiente da parte degli algoritmi FB "pescare" informazioni già preesistenti per proporre inserzioni sulla stessa falsariga perché, a rigor di logica, ciò che si cerca è ciò che piace. Non è sempre vero ma ehi, la pubblicità è l'anima dell'economia. In realtà questo sistema di pubblicità mirata è un sistema dal meccanismo tanto semplice quanto non nuovo: è, in linea di massima, il sistema utilizzato da Google per far comparire su parecchi siti che concedono i propri spazi pubblicitari le ricerche da poco effettuate e rimaste memorizzate nelle memorie cache dei propri browser. Una tecnica piuttosto efficace, e di per sé non tanto invasiva: i dati memorizzati nei browser sono piuttosto semplici da eliminare, e cancellati quelli, non c'è possibilità che l'algoritmo possa ripescare la vostra ricerca di un auto o di un barbecue (suvvia, è quasi estate). Poco invasiva, appunto: quasi quasi stride con il modello Facebook. E forse qui casca l'asino. Perché la ricerca sui motori di ricerca è quasi esclusivamente anonima, mentre la stessa tecnica associata ad una profilazione già molto avviata può avere il suo perché, in termini commerciali. Insomma, se alla tecnica di ripescaggio informazioni si aggiunge l'analisi di informazioni personali, ecco che il prodotto è bello che servito. Pubblicità infallibili come risultato? Forse: ma è l'ulteriore prova che la pratica del crossing the data può arrivare nella parte più profonda di noi. O almeno, in quella digitalmente esposta di noi.

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