martedì 25 marzo 2014

TWITTA CHE TI PASSA(NO A PRENDERE)

Con l'avvento dei social network il "ritorno di flusso" dell'incredibile mole di informazione scambiata tra utenti e in aumento esponenziale è duplice: da una parte gli utenti, in grado di comunicare, dire la propria, ricercare informazioni proprio all'interno di questo grande contenitore che fa capo al nuovo concetto dei Big Data; dall'altro, invece, ci sono i fornitori dei servizi di queste piattaforme di espressione e condivisione, i quali possono attingere a piene mani da questa immensa raccolta di informazioni per fini prettamente commerciali (ma non solo loro, a quanto pare). Tra le piattaforme pubbliche di interscambio informativo - pubbliche intese come non private, ossia liberamente "consultabili" nella stragrande maggioranza dei casi -, la parte del padrone è rappresentata senza dubbio da Twitter, sito di microblogging e molto di più. Ma quanto di più, di preciso? Beh, questo dipende da quel che si vuole rivelare di sé in quei pochi caratteri a disposizione, ma spesso anche nel non-detto o nelle espressioni involontarie si possono estrapolare informazioni sensibili. I ricercatori di IBM hanno sviluppato un algoritmo in grado di leggere i tweet di un utente e di interpretarli in base a parole che, in un contesto di aggregazione dati, possono rivelare con una certa precisione la provenienza geografica del cinguettatore. Nomi, cose, città e altre piccole informazioni (e soprattutto gli hashtag, si immagina) contribuiscono a ricostruire il mosaico di un'identità digitale. Dunque, anche inconsciamente attraverso i social si tende a svelare il proprio io: non necessariamente una cosa negativa, ma come sempre dipende dall'uso e dai fini da conseguire da parte di terzi. Alcune di queste informazioni potrebbero andare nella direzione della ricerca "pura", e in questo senso, pensando alla stessa azienda che ha sviluppato questa formula, potrebbero andare ad alimentare (,) Watson, il supercervellone sviluppato dal colosso di Armonk che può diventare intelligente solo grazie al maggior numero di dati inseriti. Con chissà quale fine, poi: magari un algoritmo infallibile per scoprire anche il palazzo in cui abitiamo. Forse per quello ci vorrebbe più di un tweet: viene in mente per caso un altro social network in cui si tende a condividere proprio tutto?

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