domenica 8 settembre 2013

CANDY "CRASH"

L'industria videoludica è tra i settori più fiorenti legati all'intrattenimento digitale degli ultimi anni. Nonostante il giro di affari abbia leggermente rallentato negli ultimi tempi (la crisi generale si ripercuote anche e soprattutto su tutte le necessità secondarie, di fatto), sono due i fattori legati a tale espansione. La prima è data dalla "riorganizzazione" del comparto ludico attraverso nuove forme di intrattenimento; in altre parole, il concetto di gioco - o videogioco - non è più legato alla sola immagine del computer o della console domestica, ma a dispositivi più piccoli, meno potenti, più portatili. Questo comporta una perdita di qualità oggettiva in termini di complessità dell'oggetto gioco in favore di una più ampia fruibilità del prodotto: ecco perché (ed è il secondo fattore) la base di utenza si è nettamente allargata, facendo dei giochi un prodotto non esclusivamente utilizzato dalle fasce d'età che hanno contraddistinto il mercato per anni. Insomma, in metro o per strada è facile imbattersi in un distinto signore che gioca amabilmente sul suo cellulare tentando di abbattere uccellacci, di comporre parole il più velocemente possibile e, ultimamente, di far scoppiare caramelle e dolciumi vari.
Non ci si soffermerà in questa sede sui potenziali "pericoli" derivanti dall'installazione di mini-giochi sui dispositivi mobili o su piattaforme online: basti dire in poche parole che a fronte dell'esperienza di gioco gratuita occorre autorizzare spesso l'applicazione all'accesso - spesso ingiustificato - di parecchi dati personali. Questo ovviamente rappresenta un campanello d'allarme per chi ha a cuore le sorti della propria privacy, mentre altri potenziali pericoli derivano dal fattore distrazione e dal possibile carattere compulsivo derivato dall'uso eccessivo di questi giochi. Sarebbe bello parlarne diffusamente, ma è bene solo accennare che l'utilizzo di questi giochi nella propria "casa" virtuale rappresentata da Facebook ha aperto i soliti annosi problemi riguardante lo sfruttamento commerciale dei dati acquisiti da parte di applicazioni terze. I videogiochi sono dei veri e propri tormentoni, e come tali si esauriscono, spesso anche in fretta: al tramonto di un gioco ne segue spesso l'alba di un altro, e così via. Sul vostro social network preferito è già successo con Farmville, mentre adesso sembra proprio il momento di Candy Crush, un giochino - è proprio il caso di dirlo - che spopola sui moderni smartphone e che da poco è approdato anche su Facebook, mandando letteralmente in tilt l'algoritmo alla base dell'analisi dei dati raccolti dalle esperienze di gioco sulla piattaforma in blu. Anche qui si potrebbe indagare a fondo sui motivi per cui questo gioco piace tanto e su tutti i dispositivi digitali: alla base ci sono gli ingredienti grafici e ludici tipici del gioco "facile" che piace a tutti (beh, quasi a tutti), senza contare che c'è anche un'operazione di marketing e di promozione del brand audace e che evidentemente ha prodotto i suoi risultati (una su tutti una campagna in tv di promozione dell'applicazione, cosa rarissima a vedersi perché la televisione non è affatto il miglior canale pubblicitario per prodotti digitali). Insomma, per un po' di tempo su Facebook prolifereranno caramelle e colori sgargianti: la speranza (spesso vana, tuttavia) è che dietro questi apparentemente innocui giochi non ci sia un'analisi profilata dei dati personali mentre fate scoppiare i cioccolatini. In sostanza: speriamo che dietro il dolcetto non ci sia lo scherzetto.

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