lunedì 30 settembre 2013

ALLA "FACCIA"...

Cosa pretendevate da un sito che si chiama letteralmente libro delle facce? In effetti un bel catalogo di volti racchiuso in un'unica soluzione era proprio quello che ci mancava. Il progetto The Faces of Facebook altro non fa che ricordarci che in fondo non siamo (siete) altro che un numero progressivo, un'iscrizione come tante e solo un puntino - letteralmente - nell'immenso universo digitale che è il vostro social network preferito. Ed è anche e soprattutto la dimostrazione che si può raccogliere tutta questa immensa mole di dati pur non essendo proprietari di queste informazioni, e questo la dice lunga sul grado di mercificazione che oggi più che mai è rappresentato dalle nostre identità virtuali. Eppure quel numerino progressivo continua ad aumentare imperterrito, aumentando senza sosta il valore dei mercati dei profili volti alla più grande schedatura che la storia ricordi.

domenica 22 settembre 2013

I SCREAM

Fin dove può arrivare lo sfruttamento (indiretto) della commercializzazione di un marchio? L'estate è finita, e se volete portare con voi un ricordo della calda stagione allora potete rimembrare che quest'anno è stato commercializzato il gelato al gusto Facebook. Cosa cambi rispetto al buffo gelato al gusto puffo non so, ma l'effetto vendite è assicurato, a quanto dichiara il suo "inventore", un gelataio croato che ha colto la pall(in)a al balzo osservando la figlia frequentare sempre il vostro social network preferito e creando dunque questa variante blu del più tipico degli alimenti estivi. Chissà se i gelatai ci prenderanno gusto e ne inventeranno di nuove. Certo, rimane il sempre e solito legittimo dubbio: dove finisce l'effettiva bontà del prodotto e inizia la psicosi di massa? Probabilmente la risposta giace nel numero di mi piace che riscuoterà il gelato.

venerdì 20 settembre 2013

UN PRESTITO? NON CRED(IT)O PROPRIO...

Recita l'antico detto: chi trova un amico trova un tesoro.... ai tempi dei social network, tuttavia, può esser vero il contrario. L'economia mondiale ha imboccato una buia e stretta via; si è alle strette, e anche la cosiddetta stretta del credito non conosce ormai più confini; bisogna stringer la cinghia, e le banche non sono da meno. Dimenticate la filosofia che contraddistingueva gli istituti di credito fino a qualche anno fa: prima di concedere un prestito o un mutuo, le banche vogliono sapere tutto di voi e pretendono un bel po' di garanzie prima di allargare i cordoni della borsa. Questa ricerca di rassicurazioni economiche, tuttavia, travalica anche i normali confini della vita "normale" e sfocia dritta dritta su bacheche e dintorni: sempre più spesso, infatti, gli istituti bancari (statunitensi, per ora) scandagliano persino la lista degli amici dell'aspirante beneficiario della somma alla ricerca di profili "sospetti" e poco affidabili dal punto di vista finanziario. Insomma, se tra i vostri amici figura qualche pignorato, insolvente, ipotecato o cattivo pagatore rischiate di vedere letteralmente volare via la possibilità di ricevere un sostegno economico per una qualsivoglia attività. Considerata la facilità con cui al giorno d'oggi si includono le persone nella propria cerchia virtuale di conoscenze, il rischio di ricevere un niet dalla banca è piuttosto altino. I soldi arriverebbero solo dopo una accurata selezione: insomma, il credito arriva solo a tempo debito.


sabato 14 settembre 2013

PICCOLO MONDO (SEM)ANTICO

Pensavate fosse solo un social network? Beh, per i "normali" utenti forse sì, e forse a loro va bene anche così. Ma cosa succede quando si immagazzinano tante, tante, troppe informazioni? La categorizzazione dei dati è la vera e propria linfa vitale del nuovo Web in cui i social network rappresentano l'implementazione più semplice e immediata. Non sorprende certo leggere dell'introduzione, da parte di Facebook, degli #hashtag in stile Twitter: chiaro l'intento di sfida al suo principale alter ego. Ma forse, e si sottolinea forse, ci può esser qualcosa di più. Questa semplice nuova caratteristica può essere ovviamente solo e soltanto una...semplice nuova caratteristica, una possibilità in più per gli utenti di personalizzare ulteriormente l'esperienza interattiva attraverso il vostro social network preferito. Ma giorni e giorni di inserimento di informazioni da parte degli utenti altro non fanno che aumentare il calderone dei dati disponibili, e questi solo apparentemente possono essere slegati fra loro; dietro, un sistema parecchio sofisticato cerca di riconnettere i tratti unitari fra le informazioni, alla continua ricerca di un senso logico.
Già, un senso: fornire un significato, un'associazione logica, un filo connettore fra informazioni apparentemente diverse, cercando di intrecciare i dati per poter creare una trama così fitta da superare qualsiasi scenario da film fantascientifico. Questo è il sogno neanche troppo proibito di due categorie abbastanza antitetiche tra loro ma che non è affatto detto che non debbano mai rimanere distinte: da una parte ci sono i "divoratori" di dati come i proprietari dei social network - ma anche gli enti governativi, a quanto pare - che mirano appunto ad intercettare tutti i dati per la profilazione più accurata possibile di utenti e utilizzatori di dati digitali. Dall'altra parte, invece, ci sono gli studiosi di questi sistemi, a metà tra menti matematiche e linguistiche, il cui obiettivo è quello di dar vita una volta per tutte alla nuova versione del Web, da chiamare 3.0 o se preferite Web Semantico.
Siamo ormai da un po' nell'era delle informazioni stabili, digitali, veloci, abbondanti: la conoscenza (a vari livelli) si sta sempre di più riversando in Rete, e proprio per questo il potenziale testuale e multimediale (leggi: linguistico) è totalmente sfruttabile, oggi più che mai - e domani più di oggi. Il sogno di far ragionare una fredda macchina è una delle sfide che i linguisti computazionali sperano un giorno di vincere a loro favore: attualmente l'intelligenza artificiale è in grado di fornire livelli più che soddisfacenti in vari campi, ma per gli entusiasti della disciplina non basta. Insomma, il sogno e l'obiettivo è quello di raggiungere il livello del Test di Turing, e se non si arriverà a quel livello non si sentiranno mai soddisfatti a pieno. Solo immagazzinando dati si può "alimentare" il cervello di una macchina o di un algoritmo: ecco perché il Web Semantico si prefigge di andare nella stessa direzione, ossia quello di incrociare dati su dati esattamente come fa il cervello umano nella naturale associazione di idee derivanti da esperienza, memoria e conoscenza. Per fare questo occorre che tutte le informazioni siano legate, ma anche contrassegnate da una serie di attributi tali che possano diramarsi in una schiera pressoché infinita di relazioni, una sorta di incastro ben definito. Ecco perché i social network, pur occupando una piccola (ma significativa per i motivi sopra enunciati) porzione del Web sono il terreno perfetto per provare a sfruttare queste interconnessioni digitali: motivo per cui il progetto Graph Search di Facebook è un tentativo di implementare il Web Semantico, poiché la macchina interpreta la ricerca e fornisce risultati più o meno "ragionati", ma altro non è che il frutto dello sfruttamento dei (numerosi) dati personali degli utenti già preesistenti. E, data questa mole corposa di dati associabili e incrociabili, è abbastanza semplice per Facebook provare a fornire risposte utili agli utenti e anche a se stessa, per i suoi fini. Insomma, mancano solo le impronte digital-digitali e poi la schedatura è davvero compl...hmm ok, meglio soprassedere qui. Magari lo scenario descritto è un po' complottista e un po' apocalittico, ma queste sono o dovrebbero essere le direzioni verso cui va la ricerca della linguistica computazionale. Il punto è sempre lo stesso: con che spirito si sfruttano queste informazioni? Ricerca o speculazione? Interrogativi importanti, ma che vanno entrambi nello stesso...senso.

(Immagini via)

domenica 8 settembre 2013

CANDY "CRASH"

L'industria videoludica è tra i settori più fiorenti legati all'intrattenimento digitale degli ultimi anni. Nonostante il giro di affari abbia leggermente rallentato negli ultimi tempi (la crisi generale si ripercuote anche e soprattutto su tutte le necessità secondarie, di fatto), sono due i fattori legati a tale espansione. La prima è data dalla "riorganizzazione" del comparto ludico attraverso nuove forme di intrattenimento; in altre parole, il concetto di gioco - o videogioco - non è più legato alla sola immagine del computer o della console domestica, ma a dispositivi più piccoli, meno potenti, più portatili. Questo comporta una perdita di qualità oggettiva in termini di complessità dell'oggetto gioco in favore di una più ampia fruibilità del prodotto: ecco perché (ed è il secondo fattore) la base di utenza si è nettamente allargata, facendo dei giochi un prodotto non esclusivamente utilizzato dalle fasce d'età che hanno contraddistinto il mercato per anni. Insomma, in metro o per strada è facile imbattersi in un distinto signore che gioca amabilmente sul suo cellulare tentando di abbattere uccellacci, di comporre parole il più velocemente possibile e, ultimamente, di far scoppiare caramelle e dolciumi vari.
Non ci si soffermerà in questa sede sui potenziali "pericoli" derivanti dall'installazione di mini-giochi sui dispositivi mobili o su piattaforme online: basti dire in poche parole che a fronte dell'esperienza di gioco gratuita occorre autorizzare spesso l'applicazione all'accesso - spesso ingiustificato - di parecchi dati personali. Questo ovviamente rappresenta un campanello d'allarme per chi ha a cuore le sorti della propria privacy, mentre altri potenziali pericoli derivano dal fattore distrazione e dal possibile carattere compulsivo derivato dall'uso eccessivo di questi giochi. Sarebbe bello parlarne diffusamente, ma è bene solo accennare che l'utilizzo di questi giochi nella propria "casa" virtuale rappresentata da Facebook ha aperto i soliti annosi problemi riguardante lo sfruttamento commerciale dei dati acquisiti da parte di applicazioni terze. I videogiochi sono dei veri e propri tormentoni, e come tali si esauriscono, spesso anche in fretta: al tramonto di un gioco ne segue spesso l'alba di un altro, e così via. Sul vostro social network preferito è già successo con Farmville, mentre adesso sembra proprio il momento di Candy Crush, un giochino - è proprio il caso di dirlo - che spopola sui moderni smartphone e che da poco è approdato anche su Facebook, mandando letteralmente in tilt l'algoritmo alla base dell'analisi dei dati raccolti dalle esperienze di gioco sulla piattaforma in blu. Anche qui si potrebbe indagare a fondo sui motivi per cui questo gioco piace tanto e su tutti i dispositivi digitali: alla base ci sono gli ingredienti grafici e ludici tipici del gioco "facile" che piace a tutti (beh, quasi a tutti), senza contare che c'è anche un'operazione di marketing e di promozione del brand audace e che evidentemente ha prodotto i suoi risultati (una su tutti una campagna in tv di promozione dell'applicazione, cosa rarissima a vedersi perché la televisione non è affatto il miglior canale pubblicitario per prodotti digitali). Insomma, per un po' di tempo su Facebook prolifereranno caramelle e colori sgargianti: la speranza (spesso vana, tuttavia) è che dietro questi apparentemente innocui giochi non ci sia un'analisi profilata dei dati personali mentre fate scoppiare i cioccolatini. In sostanza: speriamo che dietro il dolcetto non ci sia lo scherzetto.

martedì 3 settembre 2013

NATI(VI) DIGITALI, 2.0

Non è per fare giornalismo di precisione (non mi ritrovo in nessuna delle due parole, soprattutto una) ma ci sono due dati che fanno riflettere almeno un pochino e che riguardano i "futuri" - forse, ma forse no - utenti del vostro social network preferito. Il primo dato mette a confronto il numero di nuovi iscritti a Facebook ogni secondo con il numero di nuovi iscritti all'ordine della vita: ebbene, vince la controparte digitale della Creazione per 5 a 4,5 (il mezzo bambino che nasce lo voglio vedere, eh!). E ma forse c'è un perché a questo dato (no, non a quello 0,5 mancante): per carità, è intuibile la portata emotiva di un evento del genere, ma tale comportamento è dipeso dal fatto che dopo pochi minuti - meno di un'ora! - i neonati sono già su Facebook, pronti a ricevere commenti e like a tutto spiano. E molti di loro, in barba a limiti di età e consenso per la creazione dell'account, hanno un profilo tutto loro. Insomma, pare che i nascituri reali dopo essere venuti alla luce devono sorbirsi la luce dei flash di fotocamere e smartphone.