giovedì 1 marzo 2012

PUBBLIC(IT)A'

In un mondo (virtuale e non) profondamente connotato da identità e semi-identità a guadagnarci non è solo la libertà di informazione degli utenti ma anche pubblicitari e gestori dei servizi offerti. All'appello mancava ipoteticamente Twitter, vista l'assenza di pubblicità tra un cinguettio e l'altro. Ma non manca molto acché possa monetizzare: basta vendere i vostri tweet per un tot al byte alle ditte che effettuano ricerche di mercato e il gioco è fatto. L'archivio (in continua evoluzione) di micro-comunicazioni sarà gestito dalla britannica Datasift, e servirà per profilare ancor meglio gli utenti di questo social network. Ci si può domandare: ma cosa si riuscirà ad evincere da comunicazioni in 140 caratteri? Basta molto poco per poter dire tanto, anche involontariamente: pensate un attimo ad un hashtag ricorrente o anche solo agli orari dei tweet, potreste avere una risposta esauriente.
E gli altri? Beh, altri sono alle prese con altri problemi (Google, ad esempio), mentre il vostro social network preferito non perde tempo per trovare nuove strategie per le inserzioni pubblicitarie: ultima (ma non per importanza - dei pubblicitari, si intende) è l'inserzione mimetica, che si confonderà tra un commento e l'altro degli "amici" nelle vostre bacheche.

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