sabato 31 dicembre 2011

PUNTI DI "VISTA"

Se si pensa ad Internet si pensa automaticamente ad un mondo dinamico, giovane, in continua evoluzione. Vero, verissimo, ma ci sono alcune regole non scritte che sembrano fare a pugni con questo ambiente, e che nell'epoca del Web duepuntozero hanno un'eco sempre più forte. Parliamo nello specifico dell'opera di restyling di siti Web: all'aggiunta di nuove funzioni spesso si accompagna una ristrutturazione a livello grafico che, nella maggior parte dei casi e almeno all'inizio, non viene mai accolta di buon grado dagli utenti. Un popolo web-conservatore? Può essere, ma i recenti cambiamenti alle impostazioni grafiche di Facebook e Twitter (ma non solo) hanno fatto storcere più di un naso. Sicuramente prima o poi subentrerà l'abitudine, ma come al solito dietro ad ogni cambiamento c'è sempre (più di) un perché.
Wired.it riporta i risultati di studi pratici di queste sperimentazioni che fanno parte dell'affascinante mondo dell'Usabilità dei Siti Web. Nessuno meglio degli utenti stessi può fornire un feedback completo e preciso derivante dall'esperienza diretta o nello svolgimento di un compito che ormai si compie su base quotidiana. Bene, i risultati parlano chiaro: la nuova Timeline di Facebook può piacere o non piacere, ma il risultato è che ora gli utenti passano più tempo (parliamo di decimi di secondo, ma moltiplicate questo dato per centinaia di milioni di utenti...) a guardare le inserzioni pubblicitarie - e sì, anche a guardare i fatterelli altrui. Cosa credevate, che la nuova veste grafica fosse fatta per voi?

mercoledì 28 dicembre 2011

CA'...LCOLI ALTERNATIVI

Fa sorridere leggere, nel 2011, notizie di questo genere, ma evidentemente non tutti sono preparati alla "rivoluzione digitale". Su Corriere.it è apparsa la storia di un docente della prestigiosa Università Ca' Foscari di Venezia, il quale ha pensato bene di spostare, o meglio di fare di Facebook una versione virtuale del suo insegnamento di Matematica. Per carità, ottima idea, ma credo che sia per via del mezzo scelto se la notizia è finita su uno dei principali siti di informazione nazionale: voglio dire, non crediate che questo sia l'unico caso al mondo di fare (buona) community a livello didattico. Come al solito è la parola Facebook a fare sempre tanto rumore: se avesse attivato un caro, vecchio forum probabilmente la notizia non sarebbe mai giunta agli occhi dei più, figuriamoci se avesse scelto una piattaforma dedicata a questo genere di attività e già adottata da molte Università italiane. A ben guardare lo stesso docente è a conoscenza di questi strumenti specifici, ma evidentemente non è con questi che si fanno le prime pagine dei giornali o si attira l'attenzione degli studenti. Molti di questi ultimi, si sa, pensano che la Rete si riduca ad un solo sito.

martedì 27 dicembre 2011

IL SITO CHE SAPEVA TROPPO

Ricordate la storia di Max Schrems, paladino della Rete già finito nel dimenticatoio virtuale? Max aveva giustamente rivendicato i suoi "diritti digitali" nei confronti di Facebook, chiedendo alla sede europea di rivedere la policy riguardante il trattamento dei dati personali e delle informazioni correlate. A distanza di qualche tempo la macchina burocratica ha prodotto qualche risultato, almeno nelle intenzioni: il Data Protection Commissioner di Dublino ha pubblicato un documento di indagine nei confronti di Facebook, nel quale sono proposte soluzioni a tutela degli utenti nonché le relative risposte dell'azienda interessata.
Si è scoperto che Facebook sa molto -troppo- di noi (teoricamente di voi, ma si è scoperto che di fatto nessuno è escluso) e che entro metà del prossimo anno il sito rivedrà le sue politiche in fatto di conservazione dei dati degli utenti: il tutto per garantire maggiore trasparenza e teoricamente per non lucrare (troppo) sui dati altrui. Insomma, si chiede a Facebook di darsi una regolata, come se fosse un obbligo farne parte o come se fosse una creatura da proteggere a tutti i costi. Forse però è davvero così, nel senso che ci vogliono far credere che sia così...

domenica 25 dicembre 2011

DIGITAL NATIV...ITY

Immancabile, direi.

giovedì 22 dicembre 2011

CHI E' "CAUSA" DEL SUO MAL...

Difficile stabilire se il protagonista della vicenda che sta "scaldando" la Rete negli ultimi giorni sia un vero e proprio genio o un fenomeno da baraccone. Sicuramente le opinioni saranno discordanti (come è giusto che sia), ma la realtà è questa: un imprenditore israeliano, al secolo Rotem Guez, ha deciso di cambiare nome per i prossimi sette anni. Un caso di combinazione strana tra nome e cognome? No, forse peggio: il motivo risiede nel fatto che attraverso questo cambiamento l'ex Signor Guez spera di non subire cause giudiziarie da parte di Facebook. Quale nome avrà mai deciso l'uomo? Semplice: da oggi toccherà chiamarlo Mark Zuckerberg a tutti gli effetti. In questo modo - avrà pensato - sarà impossibile che Facebook possa far causa ad una persona con questo nome (il pensiero a Max Power diventa automatico, a questo punto), nonostante nella sua identità precedente sia stato accusato di vendere sul vostro social network preferito i tanto amati Like. Geniale mossa pubblicitaria o un nuovo caso ai confini della realtà giudiziaria? Poi magari finisce che al danno si aggiunge la beffa per omonimia, come successe ad un povero sventurato che forse vorrebbe cambiare il suo nome, ma per altri motivi.

Ma la notizia non è tanto questa, quanto il fatto che ci sono siti che vendono Like. E se si vendono vuol dire che hanno mercato. E se hanno mercato vuol dire che hanno un valore. Un valore piccolo per l'utente, grande per chi c'è dietro. Spero che l'antifona sia chiara.....

sabato 17 dicembre 2011

NO, OBAMA NON L'AMA

Beh, l'importante è essere coerenti nella vita: già qualche tempo fa la famiglia più importante del pianeta aveva espresso seri dubbi sull'uso di Facebook da parte dei ragazzini. Ora arriva un'ulteriore conferma: i figli di Obama non sono su Facebook. L'attenzione è rivolta in particolare alla figlia maggiore, in possesso dell'età minima necessaria per l'iscrizione, ma sono le frasi pronunciate per l'occasione ad avere un certo peso (d'altronde non parla un cittadino comune): "perché mai dovremmo far sapere i fatti nostri ad un intero gruppo di persone che non conosciamo? La cosa non ha molto senso", si legge su Corriere.it. Dichiarazioni sicuramente dirette e che possono avere anche un certo peso nella campagna presidenziale alle porte, anche se (nel solito stile politico) c'è spazio per un'apertura, visto che per un'eventuale iscrizione della prole se ne riparlerà "fra quattro anni". Resta il fatto che tra quattro anni rimarrà sempre quel bunch of people pronto a ficcanasare negli affari altrui. Ora o fra quattro anni, that does not make much sense.

giovedì 15 dicembre 2011

DISLIKE? NO, MI "DISPIACE"

Dell'assenza del pulsante dislike su Facebook si è già parlato in queste pagine: in effetti balza all'occhio la presenza di un congegno per "apprezzare" qualcosa e la contemporanea mancanza del suo esatto contrario. Ma si sa, niente è fatto per niente. Il tasto like non solo serve per esprimere la propria approvazione nei confronti di un commento di amici, ma anche per avere accesso a contenuti riservati ed esclusivi, soprattutto in ambito commerciale (un esempio ironico? Questo, alla faccia del tema trattato e della "libera" informazione): insomma, un vero strumento di fidelizzazione & schedatura.
Perché l'assenza di un dislike, dunque? Beh, le ipotesi che si possono fare sono molteplici. Probabilmente perché agli analisti di mercato interessa sapere cosa piace, e ciò che non viene considerato vuol dire automaticamente che non piace o non è interessante abbastanza, dunque verrà modificato fino a raggiungere l'agognato like; oppure perché - e questo dato è frutto di una ricerca - Facebook è una community del quieto vivere, nella quale si tende ad evitare il concetto di negatività e si segue una tendenza verso l'aspetto positivo (il like, appunto) frutto dell'interazione tra amici e amici di amici. In altre parole, se nel proprio network si osserva una tendenza likecentrica, automaticamente si tenderà ad associarsi a tale ondata di positivismo. "Ciò che fa lui faccio anche io", insomma. Esatto, un conformismo di massa in piena regola. D'altronde, basta la parola Facebook per questa associazione di idee.

mercoledì 14 dicembre 2011

VEDI NAPOLI E POI...

... metti il tuo bel like, no? (Che pensavate?) E' proprio un'iniziativa fuori dal comune, nel senso che sulla facciata esterna del Municipio (dunque tecnicamente "fuori dal Comune") di Napoli apparirà un grande pollicione in su che è tanto in voga sul vostro social network preferito. I like Naples - questo il titolo dell'opera - non fa alcun  riferimento esplicito a Facebook, anche se tutto lascia pensare al contrario e anche se non tutti colgono il senso dell'iniziativa. Prossimo passo? Elezioni del Sindaco via Facebook, mi sembra ovvio.

venerdì 9 dicembre 2011

VIZIO DI FORMA... IN 140 CARATTERI

Con la Giustizia, si sa, non si scherza: ovvio che in determinate situazioni ci si debba attenere a regole precise (anche di abbigliamento, per dire), altrimenti si rischia di mandare all'aria interi dibattiti legali. E in effetti è ciò che è accaduto in Arkansas, Stati Uniti, durante un processo di condanna a morte (non proprio di un furto di caramelle). Il motivo? In realtà è duplice: è stata chiesta l'istituzione di un nuovo processo perché tra i giurati uno dormiva (inevitabile pensare agli illustri precedenti), l'altro era intento in una serie spasmodica di tweet. Già: un giurato, in barba ai regolamenti che vietano qualsiasi di contatto con l'esterno durante le fasi processuali, ingannava l'attesa su Twitter. Non ci è dato sapere se parlasse del caso in aula o se stesse ingannando l'attesa, fatto sta che anche in luoghi "sacri" come i tribunali tocca difendersi (è proprio il caso di dirlo) dalla mania di fare e essere social a tutti i costi.

mercoledì 7 dicembre 2011

CHI DI FOTO FERISCE...

Sembra ormai il titolo di una saga che ha già la sua prima e seconda puntata (più i contenuti speciali): Mr. Facebook è caduto nella trappola tesa dalla sua stessa creatura. Per un errore (pare) di impostazioni e affini del suo profilo, alcune sue foto "private" sono risultate di dominio pubblico, facendo ovviamente il giro della Rete e finendo addirittura in uno spazio dedicato che, al grido di E' ora di sistemare le falle, sembra quasi fornire l'ennesimo "avvertimento" ai tanti amanti delle foto (e non solo) da pubblicare ad ogni costo. A guardar bene, le foto sembrano il classico spot dell'americano felice (d'altronde non credo che Mr. Facebook si interessi di rialzi di spread e dintorni), dunque il sospetto è lecito: l'ennesimo buco nel sistema o abile mossa pubblicitaria per far credere Zuckerberg uno di no..ehm, di voi?

sabato 3 dicembre 2011

SE..QUEL SITO NON ESISTESSE

E se Facebook non esistesse più? Scenario attualmente poco probabile, ma qualcuno ci ha pensato. The Social Network 2 è il finto sequel del film "ufficiale" che parla del vostro social network preferito, ma questa volta lo scenario è capovolto: FB non viene creato ma distrutto, e quindi la gente cerca di replicare nella vita reale tutti quei comportamenti che vanno per la maggiore, mostrando disperatamente cani e torte,  cercando apprezzamenti e like. Il trailer posticcio è apparso qualche giorno fa su Repubblica, specificando che dopo la cancellazione di FB "le persone iniziano a comportarsi in maniera strana". Dopo la cancellazione: sicuri?
Buona visione.


lunedì 28 novembre 2011

NATI PEDINATI

Sulla sezione La Lettura del Corriere della Sera compare oggi un interessante articolo dal titolo Pedinati da Facebook: letto così non aggiungerebbe niente di nuovo a ciò che si sa, si dovrebbe sapere o si potrebbe intuire, invece si tratta di un pezzo piuttosto vivace (con un'immagine a corredo abbastanza emblematica) che offre ulteriori spunti di riflessione. Il tema principale si concentra sul cosiddetto frictionless sharing, ossia quella mania da condivisione "senza se e senza ma": condividere ha il suo (ottimo) perché, ma è bene anche selezionare le proprie fonti e il tipo di informazione da diffondere ai quattro (o meglio, ai settecento e passa milioni di) venti. Insomma, Facebook diventerà una vera e propria seconda pelle, e si paventa un futuro in cui il vostro social network preferito aggregherà tutto - ma proprio tutto - quel che farete online (e forse anche offline), dalle vostre ricerche alle vostre letture, in modo automatico e senza addirittura la necessità dei "fastidiosi pulsanti" che permettono volontariamente di condividere link esterni.

Una Rete nella Rete, in definitiva: ma come ogni rete, il rischio di rimanere impigliati non è così remoto.

venerdì 25 novembre 2011

A NOI LA COPPA...*

Senz'altro lodevole l'iniziativa che ieri ha portato direttamente su Internet le partite di Coppa Italia (di calcio, s'intende). Attraverso due distinte partnership stipulate con la Lega di Serie A, sia Facebook che Youtube hanno trasmesso in streaming due partite serali dei turni a eliminazione diretta. Certo, non due partitoni epocali (Cagliari - Siena e Genoa - Bari) ma sempre un'iniziativa per coinvolgere il pubblico anche all'estero.
Il "problema", se così si può dire, è nella fruizione dei contenuti. Si "sfidavano", in un certo senso, due colossi del Web, vale a dire Youtube e Facebook. Due social network su basi (molto) distinte, ma pur sempre due social: se la partita sulla prima piattaforma era disponibile collegandosi all'account di La7 Intrattenimento, sul vostro social network preferito bisognava collegarsi all'account della Lega di Serie A. E qui la differenza: mentre sul tubo è bastato collegarsi liberamente alla pagina specifica per godersi il match (dunque senza neanche effettuare il login a Youtube), su FB occorreva prima "gradire" la pagina prima di poter vedere la partita (naturalmente ciò presupponeva anche l'iscrizione a Facebook, ça va sans dire).
Insomma, stesso risultato con due procedure totalmente diverse, con tutto ciò che ne consegue a livello di trattamento di dati e affini. A livello di "libertà" di Internet e trasmissione di contenuti, si può dire che Youtube batte Facebook uno a zero, ma forse era un risultato abbastanza scontato.

Ps. Titolo del post liberamente ispirato alla genialità capitolina.

giovedì 24 novembre 2011

SUPERABILE SEPARAZIONE

Conoscete la regola dei sei gradi di separazione? Se ho un amico/a che ha un amico/a che ha un amico/a che ha un amico/a che ha un amico/a che ha un amico/a e si incrociano tutte le rispettive conoscenze, si conoscerà praticamente tutto il mondo (e siamo 7 miliardi, eh). Insomma, se ci collegano a chiunque solo altre cinque persone ma pensate che siano ancora troppe, fate un salto su Facebook per colmare la distanza. Un ennesimo, vitale studio cerca di capire quanto il vostro social network preferito (ma qualcuno c'era arrivato già prima), con gli oltre 700 milioni di utenti attivi - e relative liste di amici - sia in grado di abbassare la soglia, riducendo il fatidico numero sei. E i risultati sembrano dare ragione a FB, poiché pare che il numero magico in questione arrivi a calare drasticamente fino a quattro (arrotondando). Insomma, il mondo si sta facendo piccolo o ci conosciamo sempre più? Oppure Facebook non rappresenta un campione veritiero della popolazione umana, considerata anche la smania da aggiunta amici che di fatto aumenta la base di conoscenze ipotetiche ma non effettive? E come faremmo a conoscere i non iscritti? Insomma, forse occorrerebbe tornare a sei. Sei sicuro che questo studio sia stato utile?

giovedì 17 novembre 2011

UN'ALTRA "IMPOSTA"

Non è mia intenzione infierire contro il Sindaco di Bari, ma quando ci si imbatte in alcune dichiarazioni "nette" una riflessione sorge spontanea. Il primo cittadino del grande centro meridionale, dopo essere finito sotto la lente di ingrandimento per il suo uso spasmodico di Facebook, mira ora ad estendere la sua "passione" anche ad altri membri della sua Giunta: la sua ultima dichiarazione suona come un diktat, visto che ha obbligato tutti i suoi colleghi di Governo a passare almeno un'ora al giorno su Facebook per rispondere alle domande dei cittadini, pena l'esclusione dal suo esecutivo. Chiaramente la notizia suscita dibattiti a riguardo, tra cui quella di interfacciarsi attraverso una più globale pagina istituzionale...ovviamente sempre su Facebook. Dei siti ufficiali e istituzionali non parla proprio nessuno: soluzione troppo faticosa, perché presupporrebbe anche inculcare nel cittadino un senso civico a tutto tondo. Già, forse è una soluzione troppo faticosa...

lunedì 14 novembre 2011

RETROMARCIA

La notizia ha già qualche giorno ma val la pena tornarci su: pare che Facebook abbia raggiunto un'intesa con la Federal Trade Commission statunitense per migliorare le politiche di privacy sul suo sito, poiché non così limpide per gli utenti. Insomma, il governo americano si è mosso ufficialmente per ristabilire regole e comportamenti in nome di una semplificazione o quantomeno di una maggior chiarezza. L'accordo (definito addirittura un passo indietro per le politiche a trabocchetto di Facebook in materia) è ritenuto talmente importante che l'organismo federale effettuerà controlli e monitoraggi per venti anni (e chissà dove sarà il Web - che guarda caso compie vent'anni proprio oggi - tra un altro ventennio).

Ah, ecco: allora c'è un problema effettivo di privacy su Facebook....

venerdì 11 novembre 2011

STATISTICA SULLO STATISTA

Pensavo di soprassedere sull'argomento, ma trovando in Rete un ottimo post che parla dell'uso di Facebook al fine di ampliare il più possibile il bacino di utenza per divulgazione dei messaggi non si può resistere alla tentazione, quindi fiato alle trombe.
Si parla di Servizio Pubblico, una rivoluzionaria trasmissione televisiva (almeno nel formato) che mescola vecchio e nuovo, tradizione e innovazione. Su genesi e motivazione del programma è inutile soffermarsi, basti dire che la trasmissione è in onda sia su un circuito di reti locali che ne garantisce la diffusione sul territorio nazionale in forma "standard" sia sul web in diretta streaming (naturalmente ponendo molta enfasi sulla diretta anche e soprattutto sulla pagina FB del programma). Il programma suscita curiosità e interesse - forse anche per via della situazione politica italiana - al punto che le prime due puntate sono state definite un successo e al punto tale da definire questa singola trasmissione "la terza tv del paese". Uno dei punti di forza del programma è l'interazione live con il popolo del Web: o meglio, con una parte del popolo del Web, vale a dire il popolo di Facebook (e nello specifico dei fan della pagina del programma). Pare che nell'esaltare questa interazione se ne dimentichino altre (qualcuno parla dell'assenza interattiva su Twitter, per esempio), fatto sta che su FB si raccolgono commenti e si lanciano sondaggi con feedback praticamente immediato.
E' proprio la questione sondaggi a suscitare qualche perplessità (e a fare da sfondo all'ottima analisi che ha costituito lo spunto per questo post), visto che l'unico canale di ricezione dei dati è proprio il sondaggione lanciato su Facebook. Le risposte, in questo modo, sono abbastanza scontate e dimostrano come la massa cambi idea in un nanosecondo, a seconda dell'interlocutore del momento durante il programma. Va da sé che il campione statistico risulti poco rappresentativo e molto poco stabile, eppure i dati (credo) sono stati ostentati con un certo ardore.

Innovazione, terza tv? Tutti ottimi concetti: e può anche darsi che le altre due siano obsolete e non godano di ottima salute, ma se questa è l'alternativa...

giovedì 10 novembre 2011

STIPENDIO? DIPENDE!

Che il vostro social network preferito piaccia -e tanto - non è certo una novità. Basta guardare qua e là le schermate di molti computer o il volto chino sullo schermo di molti possessori di cellulari di ultima generazione (sarà la nuova posa dell'uomo evoluto) per rendersene conto. Per Facebook molti sarebbero disposti a tutto, ma proprio a tutto: la conferma arriva da un report che indica come quasi la metà degli intervistati sarebbe disposta a ricevere uno stipendio più basso in cambio di una maggiore libertà sui social network sul luogo di lavoro, mentre più della metà non prenderebbe in considerazione un nuovo lavoro che impone regole restrittive in fatto di social media. I dati si riferiscono alla sola situazione statunitense e vanno ovviamente considerati attendibili, anche se il periodo attuale non è proprio di vacche grasse...
Difficile entrare in questo tipo di logica, ma tant'è. Con stipendi più bassi c'è meno possibilità di comprare beni e servizi: dato questo punto di vista, sarà più complicato riuscire ad acquistare il FB-motorino...e non scordatevi il casco, ovviamente.

martedì 8 novembre 2011

ERRARE IN RETE

Facebook e politica, ancora una volta. Lo spunto non è dettato dalla situazione italiana di questi giorni, ma da un articolo apparso sul Corriere del Mezzogiorno in cui si analizzano i comportamenti sul vostro social network preferito di due esponenti politici locali e nazionali. Sotto la lente di ingrandimento il rapporto con i propri fan da parte di un sindaco "fiero" di governare su Facebook e un politico regional-nazionale alla ribalta che ha fatto proprio dell'interazione digitale un punto di forza. L'accusa, secondo l'autore dell'articolo, è quella di utilizzare Facebook in modo errato: interessante punto di vista, ma l'errore in questo caso è nel tipo di diffusione dei contenuti e degli interventi ("troppo utente il primo, troppo cliente il secondo", si legge). Nessuna menzione al fatto che per entrambi Facebook sia "solo" un sito terzo e non istituzionale che potrebbe essere usato solo come puro aggregatore e veicolo per "altri lidi" (i siti istituzionali, appunto) per i cittadini - ops, i futuri elettori. Certo, è innegabile che anche i politici sono esseri umani e possono avere i loro profili (nei quali esulare da puri concetti politici e interagendo per questioni più personali), ma pare difficile ormai discostare anche i rappresentanti della massa da questi puri strumenti di massa.

domenica 6 novembre 2011

UN NOME DI TENDENZA

Ricordate la vicenda della neonata a cui è stato dato come nome Facebook? La notizia, per quanto strana, aveva anche la sua motivazione (e giustificazione) di fondo. Mi pare ovvio che per par condicio non possa mancare un nuovo nome all'anagrafe del mondo: Trendy.
La notizia è del Sun: un calciatore del Peterborough, Gabriel Zakuani, è uno dei tanti Twitter addicted al punto da chiamare suo figlio in onore dei temi di tendenza consultabili sul network del cinguettio. O meglio, pare che non sia proprio questa la spiegazione ufficiale, ma il calciatore (che probabilmente passerà agli annali più per questa vicenda che per la sua carriera sportiva) ammette che la decisione potesse essere in the back of his mind. Of his beautiful mind.

giovedì 3 novembre 2011

NON HO L'ETA'

Il fenomeno Facebook non conosce limiti anagrafici, quindi raccoglie all'interno del suo database una cerchia sconfinata appartenente a varie generazioni: tra queste, tuttavia, ci sono anche le fasce d'età più giovani, e in particolare quelle dei bambini in età preadolescenziale. Un articolo del Sun indica che quasi un milione di bambini britannici dai sette ai dodici anni sia iscritto e frequenti il vostro social network preferito. Negli Stati Uniti il numero sale (con le dovute proporzioni demografiche) a oltre tre milioni e mezzo. Passa però in secondo piano il fatto che questi profili siano di fatto mendaci, visto che non è possibile iscriversi a Facebook se non si hanno almeno tredici anni. Evidentemente il limite è sconosciuto ai più (anche alla first lady) e soprattutto è facilmente aggirabile: una data di nascita fasulla e il gioco è fatto. Colpisce anche il motivo per cui i ragazzini passano il tempo su FB: pura emulazione (la cosiddetta peer pressure), con tutto quel che ne consegue.

E questo sarebbe il sito identitario su cui in tanti (troppi) fanno affidamento e che in molti (troppi) vorrebbero come "passaporto personale" sul Web?

domenica 30 ottobre 2011

SEI TUTTI I MIEI SBAGLI

Non c'è azienda di successo (tanto nella old che nella new economy) che non abbia alle spalle un passato fatto di alcune "cadute" o di prodotti non in linea con le aspettative aziendali. Facebook ovviamente non fa eccezione, e negli ultimi tempi ha anch'esso collezionato alcuni prodotti destinati inizialmente ad offrire caratteristiche aggiuntive ai propri utenti (nel tentativo di accaparrarne di nuovi o di "fidelizzare" i vecchi) ma che si sono rivelati a conti fatti dei veri e propri flop. Fortunatamente non proprio tutto è egemonizzato dal vostro social network preferito, segno che la dittatura completa non è stata ancora compiuta, e Facebook Wall of Shame mostra i prodotti che rimarranno nella memoria solo come esempio da non ripetere. La gamma è piuttosto variegata: si parte dalla discussa interfaccia con la funzione Timeline, si continua con i buoni-sconto geolocalizzati, si prosegue con la (non più) implementata versione "leggera" del sito, non ci si dimentica della geolocalizzazione forzata e si finisce ricordando il calo (solo statunitense, in verità) degli iscritti al sito, auspicando magari un nuovo giorno di disintossicazione da Facebook. Ironicamente, il pensiero che può scaturire è: cento di questi errori, Facebook!

mercoledì 26 ottobre 2011

A VOLTE SI PENTONO...

C'è molta ironia nel titolo di questo post (non è una novità), ma è quel che si può pensare a proposito di quelli che si possono ben definire due aggiornamenti relativi a due episodi spinosi che vedono protagonista sempre e solo il vostro social network preferito.
Ricordate la battaglia di alcuni organi amministrativi tedeschi contro l'acquisizione dei dati da parte di Facebook concernenti il tasto like? No? Potete ovviare qui, ma nel frattempo le ultime news vedono una parziale vittoria per le istituzioni tedesche: Facebook ha deciso che i dati dei cittadini tedeschi (ma solo quelli del Land in questione) non viaggeranno oltreoceano fino agli Stati Uniti, ma rimarranno nella teutonica terra. Una specie di storico compromesso: i tedeschi continueranno a non porre veti sull'utilizzo di FB. Insomma, il cittadino è mio e i suoi dati li gestisco io. Occhio però che la decisione è molto importante, perché suppongo che pur di non perdere un mercato importante come quello tedesco Facebook è stato costretto a "chinare la testa" rinunciando ai dati che passano sulle sue pagine: è naturale però pensare che la questione possa creare un precedente potenzialmente letale, perché FB vive essenzialmente di dati come questi.
Il secondo update riguarda un'altra battaglia, quella recente del piccolo utente che prova a sfidare il gigante. La querelle tra Max Schrems e Facebook si gioca anche su alcuni dati "particolari", ossia quelli dei non iscritti a Facebook. Si tratta dei cosiddetti profili ombra, tanto da far avanzare l'idea secondo cui FB possegga una sorta di profilo anche di coloro i quali non desiderano metter piede in Facebook. E' una scoperta dell'acqua calda, purtroppo si arriva a capire questa cosa con un po' di logica e una mail in arrivo: era il 2009, sembra una vita fa, ma da allora è cambiato ben poco. Anzi, va sempre peggio.

venerdì 21 ottobre 2011

LA GUERRA MONDIALE DEI DATI

Cercare di far capire a molti utenti della Rete e a molti utenti di Facebook (la cosa spesso - non sempre - coincide) che fine fanno i contenuti e i servizi (foto, video, eccetera) pubblicati su varie piattaforme non è proprio semplice, un po' per superficialità della gente, un po' per ignoranza (nel senso che ignorano) e un po' perché si è trascinati da una vera e propria mania da pubblicazione a tutti i costi. Ne consegue che molti (troppi) utenti non si rendano conto di quanto queste informazioni rimangano fissate praticamente per sempre in quello sterminato archivio chiamato Internet. Il repository per eccellenza di questo tipo di contenuti è proprio Facebook, o meglio i server di Facebook, in grado di conservare tutta, ma proprio tutta la vostra vita online.

Capita che ogni tanto qualche persona un po' più attenta e giudiziosa si interroghi a proposito della longevità e della proprietà di questi dati. L'atipico in questione ha un nome e un cognome: Max Schrems, e potrebbe essere il nuovo paladino della lotta contro Facebook e la sua policy di sfruttamento (mai parola fu più azzeccata) dei dati dei propri utenti. La sua lotta parte da una questione prettamente geografica: Max, infatti, sottolinea una distinzione fondamentale tra gli utenti FB statunitensi e quelli di tutte le altre nazioni. Nel contesto prettamente europeo (Schrems è austriaco), gli utenti FB del vecchio continente "dipendono" dalla sede FB sita in Irlanda, e di conseguenza hanno come riferimento giuridico in materia di protezione dei dati personali la legge specifica del paese del trifoglio, più attenta alla questione privacy rispetto al paese a stelle e strisce.
In base proprio a questa normativa, Max ha legittimamente chiesto a Facebook un log del suo profilo, scoprendo che la sua vita era tutta contenuta in un file pdf di circa 1000 pagine. Tutto - ma proprio tutto - era riportato su questo file, anche e soprattutto contenuti cancellati e non più (teoricamente) disponibili, dai poke alle (ex)amicizie, passando dai like a foto.
Da questo presupposto nasce la battaglia di Schrems sotto forma di sito dal nome emblematico: Europe vs. Facebook vuole far chiarezza su quella che è una questione giuridica, una questione di diritti del privato (ma si può parlare davvero di privato?) cittadino. La questione è abbastanza seria ed è sicuramente sottovalutata dai più: qualcuno in Rete ci aveva anche provato a scherzar su, ma in effetti la teorica immortalità dei dati, anche quelli di cui la mente dell'utente non ha più memoria, rende il tutto un po' più serio.
Oltre al problema della paternità dei dati ci sono infatti anche altre tematiche da considerare: per quanto in questo momento debba affrontare problemi di gradimento della propria interfaccia, sicuramente Facebook si affretterà a dire che i vostri dati sono al sicuro (sicuro?) e che i suoi server saranno a prova di bomba, ma niente (soprattutto in ambito informatico) è sicuro e invulnerabile al 100%. Provate ad immaginare le possibili conseguenze. Pensateci un attimo, prima di pubblicare la vostra prossima, ennesima foto.

giovedì 20 ottobre 2011

PRIVACY, UN CONCETTO IN ESTINTORE

Gli ultimi fatti di Roma sono solo il punto di partenza per una riflessione un po' più generica sul rapporto tra comuni cittadini che in un clic diventano utenti della Rete (con ciò che ne consegue) e che finiscono automaticamente nel mirino (a torto o a ragione) della Rete stessa ma anche dei media tradizionali, nonché sulle problematiche etiche derivanti.
Si diceva degli eventi di sabato scorso. Non è certo questa la sede adatta per dilungarsi sulla questione: la vicenda è solo uno spunto, visto che l'interesse è rappresentato da una delle immagini-simbolo di questi scontri, ossia l'ormai noto "ragazzo con l'estintore". Sui giornali (cartacei) di oggi, ad esempio, si fa a gara per ricostruire la sua figura: pensieri, parole, opere, omissioni ma ultimamente anche status update. Già, perché molti quotidiani italiani (Corriere della Sera, La Stampa, La Repubblica, Il Messaggero solo per citare quelli più noti) non possono non attingere da Facebook e dintorni (Il Messaggero parla proprio di "saccheggio" di Facebook e Badoo) per completare a pieno il profilo psico-sociale del personaggio del giorno di turno. Beninteso, le interviste sul posto che fanno ancora vecchio giornalismo non mancano, ma non è certo il primo caso in cui le redazioni delle testate trovano in Facebook e simili una vera e propria miniera d'oro attraverso cui attingere notizie e foto di quelli che il giorno prima erano comuni cittadini e ora sono notizie da prima pagina. Fateci caso al prossimo caso eclatante (la casistica è piuttosto ampia: si passa dagli omicidi alle generiche morti fino agli scontri di piazza e chi più ne ha più ne metta, soprattutto se l'interessato/a è di giovane età): molto probabilmente gli articoli saranno "impreziositi" da contenuti provenienti da Facebook, perché così tanto è più facile e così ormai fan tutti.


Una tematica correlata è quella annosa della proprietà e soprattutto della pubblicazione dei contenuti altrui. Insomma, se sui giornali e su Internet si pubblicano le foto e le frasi provenienti da profili anche semi-pubblici con una facilità impressionante, evidentemente la cosa semplicemente si può fare. Insomma, detto che la cosa non sorprenderebbe affatto (e avrebbe tutto sommato una sua logica), toccherebbe andare a guardare nelle cosiddette righe piccole delle condizioni di utilizzo del sito, ma suppongo che i giornalisti ormai sappiano come utilizzare questo tipo di dati altrui, quindi la loro vita da redazione è bella salda. Suppongo, eh.

Insomma, a conclusione di tutto vien da pensare che ormai l'importante sia sgarrare il meno possibile nella vita, altrimenti si rischia che per ricostruire l'immagine (ancora una volta, a torto o ragione) qualcuno "bussi" alla porta del vostro profilo facendo razzia gratuita di contenuti. Alla fine del gioco, vien da pensare che il detto di Warhol sia stato ampiamente superato da icone del nostro tempo (Banksy) o - e stavolta attingo volentieri da un social network (non forzatamente identitario, la cosa fa differenza) - da persone che hanno già capito in che direzione andremo.

martedì 18 ottobre 2011

UN'ALTRA CHIME....RA

Un'altra puntata della serie "cerchiamo (cercate) un'alternativa a Facebook": dopo il tentativo rappresentato da Diaspora (che vive però un periodo di magra) e tanti altri siti più o meno simili al vostro social network preferito, l'ultimo ritrovato in fatto di social è rappresentato (o meglio, può essere rappresentato) da Chime.in. Sembra piuttosto pleonastico dire che quest'alternativa deve per forza di cose avere qualcosa in più rispetto ai concorrenti: in questo caso il (presunto) punto a favore del sito è far leva sul vile denaro, visto che promette di garantire ai suoi iscritti, attraverso il meccanismo del revenue sharing, parte degli introiti derivanti dalla pubblicità pubblicata sullo stesso sito. Insomma, apparentemente un do ut des, visto che gli utenti generano traffico su un sito (cliccando sulle pubblicità) e il possibile introito è poi condiviso proprio perché generato dagli utenti stessi. Ma d'altronde questo è uno dei concetti-chiave del nuovo business, anche se con una differenza di fondo: in modo simile, Facebook vi dà tanto (la possibilità di interagire, condividere, farvi i fatti degli altri), e voi con i vostri dati date a Facebook tanto, tanto di più. Non so però chi ci guadagni davvero: d'altronde, il vile denaro però finisce tutto nelle tasche di pochi.

lunedì 17 ottobre 2011

RIVOLTA IL MESSAGGIO, MESSAGGIO DI RIVOLTA

Con oltre settecento milioni di utenti, Facebook si presta agli usi (e agli overuse) più vari: in realtà il discorso è più ampio e si può tranquillamente estendere a tutti i social e ancora più in generale alla possibilità, grazie al Web 2.0, di esprimere le proprie opinioni sulla Rete. Il problema - è stato ribadito in queste pagine più di una volta - non è dunque lo strumento in sé, ma l'uso oggettivamente poco utile (o non completamente utile, dipende dai punti di vista) che si fa di queste tecnologie. Insomma, c'è modo e modo di usare il vostro social network preferito: facile però preferire il gossip locale ad altre tematiche meno divertenti, come ad esempio necessità reali o sociali di un certo peso.
Tra qualche anno le future generazioni apriranno i libri di storia e studieranno l'esito della Primavera Araba: nella narrazione dei fatti, si parlerà di Twitter e Facebook come strumenti che hanno avuto un ruolo non così marginale nell'intera vicenda, anzi. Anche in queste pagine è stato espresso un sentimento positivo per l'uso di questi mezzi per fini "nobili": insomma, i social possono essere usati bene e per motivazioni che cambiano davvero il corso degli eventi.

Sull'edizione cartacea del Corriere della Sera del 14 Ottobre compare un articolo che mescola politica e uso di questi strumenti sociali: a lezione per "l'uso politico di Twitter" illustra il punto della situazione effettuando un confronto tra paesi e situazioni storiche diverse. La pietra di paragone è proprio il Nord Africa:  la necessità di dover comunicare per protestare contro decenni di oppressione è stata la scintilla in grado di far utilizzare la Rete in modo organizzato, e ciò alla lunga ha prodotto il risultato sperato (anche se non tutti la pensano in questo modo). In Italia, invece, la situazione è completamente diversa, se pensiamo che nell'articolo si parla dell'uso di Facebook "solo per giocare con gli amici o per cliccare sul tasto mi piace".
Il Bel Paese dunque come popolo di santi e navigatori su Facebook per puro svago? Forse allora c'è bisogno della rivolta per sapere se anche gli italiani sono in grado di avere la loro "primavera". Ovviamente è solo un'esagerazione per via di situazioni economiche, sociali e storiche completamente differenti, ma proprio la cronaca recente ci può fornire un piccolo banco di prova. La marcia pacifica (ma non ovunque pacifica, ahimè) del movimento degli indignati è storia, politica, società. Un evento di questa portata presuppone anche un'organizzazione capillare e grandi motivazioni alla base: la Rete può essere sia la cartina di tornasole che luogo per gestire o veicolare azioni e reazioni. La realtà è ancora una volta non esattamente corrispondente, se si pensa che il Web si è mosso per questo fine, ma in Italia i numeri sono nettamente inferiori ad altre realtà nazionali. Insomma, rimangono solo i danni materiali. Chissà se tra un gioco con gli amici e un clic all'ennesimo mi piace alcuni se ne sono accorti.

domenica 9 ottobre 2011

RECORD IMBATTIBILE

Risulta ormai difficile battere Facebook in quanto a popolarità. Insomma, il vostro social network preferito detiene il record di visite e lascia al resto del mondo le briciole. Capita però che FB sia il mezzo per entrare  addirittura nel Guinness dei Primati. Come? Attraverso il numero più elevato di commenti al mondo su un singolo post: robe grosse, direte voi. Autore del record è ovviamente un italiano, un ventiseienne salernitano. I commenti al suo post hanno hanno raggiunto quasi quota 400.000, tanto da meritarsi appunto il record mondiale.

Che dire, il mondo e la società si evolvono fino a questo punto. Vien da pensare che il Record sia davvero dei Primati, ma in altro senso.

sabato 8 ottobre 2011

MERCATI PARALLELI

Premessa: questo post non vuole rappresentare forzatamente una critica o un elogio ad un brand piuttosto che ad un altro, ma vuol solo cercare di fare chiarezza nella giungla delle strategie pubblicitarie di aziende appartenenti ad uno stesso settore e più in generale del rapporto tra produttori e consumatori di beni e servizi, ma soprattutto dei mezzi usati per attirare potenziali clienti o cementare il rapporto con essi.
Altra premessa: non sono un esperto di marketing, quindi questa mini-analisi è solo il frutto di un utente attento a ciò che vede.
Del rapporto tra aziende e Facebook si discute parecchio, soprattutto in merito alla proprietà dei dati che passano tra le pagine del vostro social network preferito. FB rappresenta probabilmente la miglior vetrina per promuovere prodotti e aggregare clienti, dunque non meraviglia che molti marchi portino direttamente alle fanpage di questi brand. Già qualche mese fa su queste pagine è stato segnalato il caso della Nike, e questo solo perché oltre ad una partita ho guardato i cartelloni pubblicitari a bordocampo. Ma non è un caso sporadico, anzi: addirittura Facebook diventa esclusivista di prodotti, macchine incluse.

Di pubblicità ne osservo tante, e oltre al messaggio cerco di guardare i rimandi che possono essere utili per cercare approfondimenti a prodotti e/o promozioni. E quel che vedo è soprattutto Facebook, ma il problema è che spesso vedo solo Facebook. Ecco alcuni "casi" riferiti a campagne pubblicitarie che si vedono negli ultimi giorni.
1) Pubblicità della Tim: in quanto partner ufficiale della Serie A, Tim è esclusivista del messaggio pubblicitario che passa prima, dopo e durante un incontro di calcio nostrano. Non molto tempo fa era Cristoforo Colombo a fare gli onori di casa: quando compare il logo del marchio, non ci sono altri rimandi.

(più o meno a 0:14)

1a) Non passa molto tempo e la Tim pensa bene di inserire un bel rimando ad un link, anche se la pubblicità - ricordiamo - è destinata alla televisione. Stavolta è il turno di Giulio Cesare (ma perché tornare indietro nel tempo? Boh...), e a 0:12 ecco comparire il vostro logo preferito, e purtroppo solo quello:



2) Campagna nazionale di McDonald's. Stavolta parliamo della pubblicità più analogica che esista, quella dei cartelloni pubblicitari. Di seguito uno degli esempi dei Mille Volti di McDonald's:





Apparentemente, non esiste un sito ufficiale: il modo per seguire il marchio di hamburger&patatine è solo Facebook.

3) Campagna Nivea For Men. Qui la ditta trova un partner d'eccezione, ossia la società di calcio A.C. Milan, e può dunque "permettersi" di scendere in campo con (non proprio originali) barbuti giocatori della squadra per pubblicizzare il prodotto al grido di o smetti di raderti o passi ai nostri prodotti. Occhio dal minuto 1:02, il messaggio arriva addirittura correndo e con un box a parte:


(forse avevano speso troppo per il banner e non c'era spazio per il sito istituzionale)


4) Concorso Gillette. Testimone d'eccezione il Trio Medusa, che a base di spot virali inducono ad una rasatura più confortevole, anche "per conquistare una donna impossibile" (come se bastasse un rasoio):



Edit: video non più disponibile, eccone un altro della stessa campagna:


Almeno stavolta, a fine video, compare un caro, vecchio sito istituzionale.

Spero di sbagliarmi, ma ho l'impressione che le aziende, anche le più importanti, finiranno per spingere sempre più su Facebook, nonostante sia una piattaforma "altra", ossia non sia qualcosa che appartiene direttamente ai marchi stessi. A meno che non ci sia sotto un grosso accordo tra il vostro social network preferito e le aziende stesse, una sorta di cartello in cui i vostri dati passano di mano in mano per profilare sempre meglio i clienti. Spero di sbagliarmi, ma si sa che spesso a pensar male ci si azzecca.

Ps. Tutte le immagini e i video appartengono ai rispettivi proprietari.
Pps: Lo so, il post è troppo lungo.

venerdì 7 ottobre 2011

ARRESTATE LA MANIA!

E questo è il livello del giornalismo d'oggi:



mercoledì 5 ottobre 2011

UN RANT...OLO SOCIALE

Per la serie "viva la sincerità (ridendoci su)", ecco un video che dice le cose così come realmente stanno. In The Gentlemen's Rant: Facebook si tira fuori la verità: i vostri status update, le vostre foto, i vostri commenti suscitano un interesse pari a zero. Perché ridendo e scherzando si dicono mezze verità...forse più di mezze verità.

lunedì 3 ottobre 2011

LA CONTA DIGITALE

Sul portale web de La Stampa appare oggi un articolo che parla "del censimento nell'era Facebook". Fermo restando che è stata la parola "Facebook" (e non censimento) a farmi cliccare sulla pagina, nell'articolo si parla della possibilità, nell'era ultradigitale di persone ultraconnesse, di affidare "la conta" degli Italiani a strumenti online. Ecco, e i social network che c'entrano? Probabilmente come strumento di diffusione dell'iniziativa - e non sarebbe un cattivo strumento -, ma nello stesso "pezzo" ci si interroga a proposito della (im)possibilità di effettuare la compilazione in Rete anziché attraverso l'analogica posta tradizionale (questa possibilità è addirittura definita "da temerari"). Insomma, sembra che la soluzione più facile e attuabile sia un bel censimento attraverso Facebook, perché solo lì ci sarebbe un'adesione di massa e non si incorrerebbe così neanche in sanzioni. Se si arriva a queste conclusioni forse è perché le istituzioni e media sono i primi ad affidarsi a FB come mezzo di veicolazione di contenuti, dunque l'opinione pubblica tenderà ad ignorare la possibilità di affidarsi a siti istituzionali per effettuare queste operazioni (e questo sito -con le dovute sicurezze - esiste, basta aspettare qualche giorno), senza contare che siamo un paese dall'età media abbastanza elevata e ancora (molto) poco connesso per arrivare alle soluzioni paventate nell'articolo. Insomma, un censimento via FB non sembra essere la panacea di tutti i mali: evidentemente, uscire dai soli schemi di Facebook è effettivamente "da temerari".

E pensate all'esistenza di un sito in cui inserire tutti i vostri dati: hmm, aspetta...non è per fini statistici, ma mi sa mi sa che esiste già....

sabato 1 ottobre 2011

IRRIDUCIBILI

Fa piacere aprire un tradizionale giornale cartaceo e scoprire che ogni tanto qualcuno si ricorda di quelli che si possono tranquillamente definire i "tradizionalisti" della Rete. A pagina 44 del Corriere della Sera si parla de La mia vita da blogger nei giorni di Facebook. Perché la situazione (ahimè) è questa, il gigante FB mette in secondo piano il ruolo dei blog, nati concettualmente molto prima del vostro social network preferito e per molti una fonte secondaria di apprendimento e condivisione di contenuti. Insomma, la vita da blogger sembra quasi una condizione più "misera" rispetto a quella dell'ormai classico utente FB, e l'articolo a tutta pagina sembra una via di mezzo tra informazione e solidarietà (una specie di "dedichiamo una pagina ai gestori di blog, razza in estinzione"). Invece leggendo si scoprono cose interessanti, ad esempio che alcuni fra loro riescono anche a monetizzare (e bene) quella che per loro è diventata un'attività full-time. Perché sui blog si possono anche generare contenuti di qualità, perché si possono soprattutto approfondire questi contenuti, perché un blog dà la possibilità di personalizzare il proprio spazio e di non vincolarsi ad una bacheca blu. E pazienza se molti sono "costretti" a dover ripiegare sui social network per avere un po' di visibilità, ma d'altronde utilizzare questi strumenti come vetrina e non come generatore di contenuti vuol dire usarli con molto raziocinio, parecchia intelligenza e un pizzico di strategia virtual-commerciale (che non fa mai male).
Insomma, per alcuni il "vero" spazio in grado di rappresentare un'identità è un blog, non un profilo Facebook. Sono loro i veri "tradizionalisti" del Web, gli "Irriducibili" della Rete.

venerdì 30 settembre 2011

RELAZIONE COMPLICATA

Parafrasando uno dei relationship status più in voga su Facebook, il rapporto burrascoso in questione è tra il vostro social network preferito e la privacy (tanto per cambiare). In concomitanza con l'introduzione della nuova interfaccia grafica si pone anche il problema di dover reimpostare determinate notifiche, aggiornamenti e situazioni legate alla condivisione da sbandierare ai quattro venti o "solo" tra migliaia di amici e semi-sconosciuti. Wired analizza questo nuovo layout, sottolineando il "solito" problema delle notifiche di default impostate come pubbliche. In genere un utente attento e/o responsabile perde qualche minuto della sua vita a "smanettare" fra opzioni e simili, ma vale sempre il solito discorso: su settecento e passa milioni di utenti qualcuno ci cascherà, no? Val la pena leggere i commenti relativi all'articolo citato: ci sono tre utenti che implorano aiuto perché non riescono ad impostare le notifiche un po' meno pubbliche. Insomma, it's complicated, anche per quelli di buona volontà. E tra loro, anche un'amara riflessione che non fa altro che constatare come questo aggiornamento "non faccia l'interesse del consumatore privato". Ecco, forse è qui il punto: pensare che FB faccia davvero il vostro interesse vuol dire forse non aver capito cosa siano i social se visti a 360°.

giovedì 29 settembre 2011

UNA VITA FA

Una delle domande tipiche che l'uomo normale si pone ciclicamente recita più o meno "Ma come facevamo prima senza..."? La risposta spesso si intreccia con le evoluzioni tecnologiche, e allora giù con quesiti del tipo "senza il telefono, senza il cellulare, senza smartphone" e via discorrendo. Oddio, ci sarebbe spazio per un "come si faceva senza Internet", ma pare che la domanda "come si faceva senza Facebook" riscuota un appeal decisamente superiore. E' lo stesso interrogativo che si pone un blogger del Fatto Quotidiano, e la risposta è di quelle che invitano a pensare, per una serie di motivi. Il primo: l'autore dell'intervento è effettivamente un esperto del settore. Vivendo di pane&social media, mi pare un ottimo punto di partenza. L'analisi che fa è logica, lucidissima, tecnicamente inattaccabile. Ma come dice Vasco, c'è un però: il succo del discorso riguarda -e deve riguardare - tutte le piattaforme di interazione sociale, e non soltanto Facebook. Insomma, il vostro social network preferito non deve diventare un eponimo, eppure per molti lo è già diventato (anche sbagliando, vista la facilità delle persone nell'identificare FB con l'intera Rete). In un certo senso anche nell'articolo citato si cela un "tranello", visto che il sol nome di FB ha la funzione di attirare lettori ma viene citato solo due volte nel testo (che a questo punto fortunatamente parla genericamente di questo tipo di strumenti - altro punto a suo favore). Ma c'è anche il risvolto della medaglia. Chi di FB ferisce, di FB perisce: fatevi un giro per i commenti all'articolo e scoprirete che c'è anche un altro modo di fare interazione sociale, e senza dover vendersi l'identità. Alla luce di tutto questo, forse si può riformulare la domanda: com'era la vostra vita prima di Facebook? Beh, si può vivere anche senza, e fortunatamente lì fuori, nella Rete, c'è fortunatamente ancora qualcuno in grado di far sentire la propria voce senza passare dalle solite pagine.

lunedì 26 settembre 2011

IL BISCOTTINO DELLA FORTUNA

Nei ristoranti cinesi, a fine pasto, sono soliti servire il fortune cookie, un dolcetto con al suo interno una frase, una massima, una predizione, un augurio...insomma, un messaggio. In questo caso la fortuna (economica, suppongo) è dei pubblicitari e del vostro social network preferito, poiché i cookie in questione (ossia dei piccoli file che rimangono all'interno dei computer per favorire un successivo accesso ai siti precedentemente visitati) rimangono "attivi" (ossia continuano a trasmettere informazioni al sito "madre") anche una volta effettuato il logout dal sito stesso. In soldoni: Facebook continuerebbe a trarre informazioni relative alle attività degli utenti anche al di fuori dei suoi confini.

Va detto che il ruolo dei cookie non è per forza "malvagio", e FB non è certo il primo sito a farne uso. Detto questo, collegare certe informazioni al luogo sul Web in cui maggiormente si rappresenta la propria identità e personalità, e per giunta anche quando si pensa di esser fuori da questo luogo, fa pensare che un minimo di dubbio sia quantomeno lecito. Le soluzioni a quello che non necessariamente va definito come problema sono abbastanza semplici (cancellare i cookie), ma vallo a dire a settecento e passa milioni di utenti. Per molti di questi - sono ragionevolmente certo - un cookie è qualcosa di commestibile, non una cosa che alla lunga rischia di mangiarti.

sabato 24 settembre 2011

FALSE VERITA', AUTENTICHE MENZOGNE

"La verità e la menzogna hanno volti conformi e portamento, gusto e andatura simili; noi le guardiamo con lo stesso occhio"
Michel de Montaigne
Saggi, III


Diceva bene il buon Michel più di quattro secoli fa. Quel che non avrebbe potuto immaginare è la creazione, all'alba del nuovo millennio, di luoghi non fisici dove scatenare il proprio ego o elogiare la semplicità e la schiettezza dei fatti.
Tutto parte da un pensiero online che recita così: Facebook è il posto dove menti a chi conosci, Twitter è il posto dove sei sincero con gli sconosciuti. Di chi sia questa perla poco importa, ciò che conta è il messaggio. Le motivazioni alla base di questa differenziazione sono molteplici, a partire dal concetto alla base dei due social, passando dall'idea di aggiornamento di pensieri propri e altrui fino al grado di dipendenza che possono generare per motivi diversi. Fatto sta che anche su Corriere.it si riflette a proposito di questa differenziazione, e pazienza se alcuni servizi Web permettono di effettuare i retweet dei messaggi su FB e viceversa, contribuendo a mischiare falsità e verità in un unico calderone virtuale. Resta l'assunto alla base: FB è - o è diventato - un posto poco autentico, uno specchio di una non-verità. Vero o falso?

venerdì 23 settembre 2011

"NOT"...ANOTHER SOCIAL

Non male il tempismo che si verifica tra la pubblicazione di divertenti video che hanno come protagonista Facebook e dintorni e le notizie effettive che sembrano quasi girare il coltello nella piaga dell'ossessione social. Per la sezione ilarità si prendono in giro le caratteristiche di Google Plus per la creazione finale della sua nemesi, vale a dire not Google Plus, ossia la vita fuori da gruppi insensati e liste di amici:


(Inutile dire che il video ben si applica anche e soprattutto a FB)

Il tutto mentre al F8 Event sono state presentate le ultime novità relative al vostro social network preferito, in particolare la funzione Timeline che raccoglie in un'unica pagina tutto quel che fate e siete, in tempo reale. Il passo definitivo per dire tutto a tutti. Il passo definitivo per non uscire più da Facebook, e il passo definitivo per non uscirne più: una specie di ergastolo.

mercoledì 21 settembre 2011

FACCIO COSE, VEDO GENTE*...

...leggo libri, guardo film, ascolto musica. "Beh, e quindi?", verrebbe da dire. E invece le informazioni (come le parole) sono importanti, soprattutto in ottica di marketing. Si è già diffusamente parlato del potere "occulto" del tasto like, in grado di profilare sempre meglio l'utente dal clic facile. E pare che ben presto il tasto non sarà più solo: stando alle ultime notizie in anteprima e che saranno presentate al F8 event, Facebook è pronto ad introdurre nuovi e più precisi pulsanti da integrare nella propria interfaccia. Le opzioni in questione sono read, listened e watched, e serviranno per "segnalare" ai propri amici ciò che è stato fatto recentemente a livello multimediale e non. Beh, la segnalazione chiaramente susciterà interesse più ai pubblicitari che agli amici della bacheca, ma questo evidentemente è solo un piccolo e insignificante dettaglio. D'altronde il prezzo da pagare per far parte di Facebook è sotto forma di consiglio tracciante.

PS: *

PPS: evento f8, eh? Beh, pure io me ne f8!

martedì 20 settembre 2011

IO NON CI CASCO

Non avrei mai pensato di dedicare ben due post a Vasco Rossi. Il primo, qualche mese fa, prendeva spunto da un suo annuncio per dimostrare come il popolo della Rete, attraverso i social, sia in grado di "veicolare" determinati pensieri a seconda del mezzo scelto. D'altronde la logica dell'opposizione è un classico, un po' come Vasco contro Ligabue (ecco, appunto). Da qualche mese, tuttavia, Vasco si diletta a comunicare con i suoi sostenitori e non attraverso quelli che lui chiama clippini, una parola che finirà dritta nel dizionario tra qualche tempo, ho ragionevole certezza di crederlo. Insomma, da qualche mese le parole "Vasco" e "Facebook" sono diventate quasi un tutt'uno, espressioni inseparabili. E allo stesso modo, l'opinione nei confronti di questi due concetti è netta, unica: Vasco e Facebook o si amano o si odiano, difficile che ci sia una via di mezzo. Finisce quindi che molte delle dichiarazioni del Blasco lascino uno strascico di polemiche per via delle tematiche affrontate, perché in preda ad un vero e proprio sfogo quasi quotidianamente si lascia andare a pensieri & parole espressi in maniera libera, ma davanti ad una Webcam e connesso ad un sito (non suo, per giunta).

Dicevo: non avrei mai pensato di andare oltre un post riguardante il signor Rossi, tra l'altro per vie traverse. E quindi tutti i suoi "pensieri" estivi, i suoi annunci, le sue polemiche e le sue condizioni di salute e tutto il resto sono stati bellamente ignorati, più che altro per (molto) poco interesse. E invece oggi il signor Rossi si è messo a filosofeggiare, a parlare di massimi sistemi, a parlare dell'esistenza umana e della fatalità degli eventi. Libero cittadino in libero stato, per carità: nel suo ultimo messaggio, però, ha pensato bene di toccare un tasto dolente, parlando delle persone che guidano in stato di ebbrezza. Il suo punto di vista? Non definito e sfumato, come la sensazione di quando si alza un po' troppo il gomito. Afferma che guidare in questo stato non è una buona idea, però... ecco, però. Si è soliti pensare che in queste questioni non ci sia un però, e per ulteriori delucidazioni andate a chiedere a chi piange le vittime della strada per via dell'alcool (spesso altrui). Probabilmente Vasco è consapevole di parlare ai suoi fan e quindi sa di trovare un certo consenso tra gente che lo vede come un idolo da emulare. Ecco, forse è questo il però. Molti (soprattutto le giovani generazioni in fase di formazione del proprio io) vedono Facebook come il mezzo di trasmissione della Verità poiché ritenuto uno strumento affidabile e molte persone vedono i propri idoli come punti fermi della propria esistenza per quel che fanno e dicono: ecco, questo può essere un vero e proprio mix letale. Un po' come l'alcool, però forse peggio.

venerdì 16 settembre 2011

INTERROGAZIONI FUORI ORARIO

In un film di più di trenta anni fa (di un cinema che non c'è più) era la liceale a "incastrare" i professori. A distanza di tempo si invertono i ruoli, e anche e soprattutto i mezzi di comunicazione che portano ad imprevedibili "supplementi didattici". Per carità, non è la prima volta che succede una cosa del genere, però un supplente che chiede l'amicizia su Facebook a sue studentesse (quasi) maggiorenni di liceo arrivando a vere e proprie molestie (e gli screenshot delle conversazioni sono stati utilizzati come prova a carico) rappresenta una variazione ad un tema che dovrebbe far riflettere. No, non dal punto di vista morale o etico (ognuno può pensarla a proprio piacimento), quanto per via di alcune dichiarazioni e motivazioni alla base della vicenda. Innanzitutto l'atteggiamento del docente, il quale si comporta in modo sicuramente meno "abbottonato" perché Facebook non è come a scuola, è un'altra cosa (sì, è un'altra cosa, non necessariamente migliore). E, cosa forse più grave, la motivazione per cui le ragazze hanno accettato la richiesta di amicizia: perché non si può dire di no ad un professore temendo brutti voti. A malincuore, ecco dove può arrivare la mania da aggiunta amici: a dover condizionare la propria vita reale per via di un contatto "scomodo" ma che in qualche modo deve far parte del proprio network. Vien da pensare che in America allora non ci abbiano visto poi così male...

sabato 10 settembre 2011

LICENZA DI LICENZIARE

Tra Facebook e il mondo della produttività e del lavoro c'è un rapporto di vero amore&odio. Di amore, perché è anche un ottimo (va detto) strumento di marketing utilizzato da grandi e piccole aziende per promuovere e comunicare, nonché per tracciare profili sempre più accurati dei propri clienti, anche se si utilizza uno strumento "esterno" ai brand stessi (a questa cosa si fa fatica a trovare una logica, anche se a pensare male poi un perché lo si può sempre trovare). E di odio, perché i "pesci piccoli" (ossia i semplici lavoratori) finiscono per essere beccati con le mani nella marmellata digitale quando in realtà dovrebbero muovere l'economia, anziché timbrare solamente il cartellino ed effettuare il login. Capita quindi che qualcuno paghi a caro prezzo la sbirciatina sul vostro social network preferito, al punto tale da essere licenziato in tronco - e per di più per giusta causa. Sul sito web de Il Sole24Ore si parla dei primi licenziamenti avvenuti in Italia per colpa di Facebook, anche se la notizia di fatto non è una novità perché fatti molto simili sono ormai all'ordine del giorno. Quel che fa riflettere è lo stralcio di motivazione di una sentenza collegata ad uno di questi eventi, e riportarla anche in questa sede certo non fa male. La decisione, che riguarda in realtà una causa relativa ad offese pubblicate su FB, recita testualmente: In definitiva, coloro i quali decidono di diventare utenti di "Facebook" sono ben consci non solo delle grande possibilità relazionali offerte dal sito, ma anche delle potenziali esondazioni dei contenuti che vi si inseriscono: rischio in una certa misura indubbiamente accettato e consapevolmente vissuto. 

"Ben consci"? "Accettato e consapevolmente vissuto"? Ho la vaga impressione che la giurisprudenza del futuro vivrà di screenshot di bacheche e status update.

lunedì 5 settembre 2011

I'LL TWEET YOU A TALE - NOW GO TO JAIL!

Acquisire informazioni nell'era digitale è forse quanto di più semplice ci possa essere, ammettiamolo. Lo possono fare tutti quelli con un minimo di conoscenza degli strumenti: basta accendere un computer o un cellulare e si entra nel mondo della Rete alla ricerca di notizie, dati, fatti e simili. Certo, poi esiste la ricerca indiscriminata e quella con criterio (merce rara, quest'ultima): credere proprio a tutto quello che passa in Rete non sembra essere scelta saggia, anche perché la cosa va di pari passo con la mania da tweet&post di alcuni (molti) utenti.

Con conseguenze anche gravi: in Messico alcuni utenti Twitter hanno pubblicato false informazioni solo per scherzo, causando il panico tra la popolazione della città di Veracruz. Risultato? Rischiano trenta anni di carcere (un tot di mesi per ognuno dei 140 caratteri disponibili, in pratica). La vicenda ricorda una situazione simile accaduta in Inghilterra, e sempre senza una reale intenzione. Cogito ergo post. Sicuri vada sempre così?

venerdì 2 settembre 2011

THE GETAWAY*

Se volete dare un po' di pepe al fine settimana, potete imitare la vicenda di Leah Gibbs, ventitreenne inglese che ha conosciuto un tizio su Facebook, è uscito con lui ma quest'ultimo, con la scusa di chiedere un passaggio a lei per fare una puntatina ad una sala scommesse, ha pensato bene di fare una rapina e di usare la ragazza come autista per la fuga. Al grido di Drive, drive, driveeeee l'appuntamento della ragazza si è trasformato in un incubo con tanto di arresto e notte in gattabuia.

Voi direte: sì, ma poteva succedere con chiunque e con qualsiasi mezzo, sia offline che online. Sì, ma è successo per via di Facebook, quindi...

*=musica consigliata per immaginarsi la scena della vicenda...fa molto inseguimento stile telefilm anni '70!

martedì 30 agosto 2011

WATCH YER STEP

Per evitare che il prossimo check-in lo facciate direttamente dall'ospedale (se vi va bene...), ecco un altro cartello il cui obiettivo è quello di sensibilizzare gli utenti in perenne contatto con Facebook attraverso il cellulare: dopo il dissuasore di tweet in situazioni d'emergenza, ecco l'anti-status update, altra genialità niente male:

Ma evidentemente il cartello non ha lo stesso appeal di una comunicazione al mondo intero (e che al mondo intero poco - ma molto poco- importa, diciamo la verità)...un esempio? Eccolo, collegato al recente terremoto statunitense:


Esatto: >_<

lunedì 29 agosto 2011

PER...BACCO, E' STUPEFACENTE!

L'ennesimo studio riguardante Facebook e affini stavolta prende di mira le possibili ripercussioni che immagini varie di amici, conoscenti e semplici sconosciuti possono avere nei comportamenti di determinati utenti del vostro social network preferito (e non solo). La notizia arriva dritta dritta dalla Columbia University, più precisamente per mezzo di un report che sottolinea come il numero cospicuo di immagini su siti come Facebook e MySpace di ragazzi (e non) ritratti mentre si accendono una paglia, mentre alzano un po' troppo il gomito o tirano (e non parliamo di calcio...) renderebbe più inclini a questi vizi gli adolescenti. Insomma, le foto della sbronza del giorno prima o gli emuli di James Dean costituiscono un'influenza negativa per i giovanotti, poiché più propensi ad abbracciare la triade Bacco, Tabacco e polvere...e se altri media come Tv e cinema si danno da fare per limitare la diffusione di questi "vizi" nei contenuti per i più giovani, i social diventano il nuovo punto di riferimento per le giovani generazioni, con il rischio di diventare un esempio non proprio perfetto da imitare.

mercoledì 24 agosto 2011

KEIN LIKE

Libero cittadino in libero stato: con questa massima si può riassumere il comportamento degli utenti "singoli" che popolano il vostro social network preferito, alle prese con svariati metodi per "rovinarsi reputazioni" online & offline. C'è però un'altra spinosa questione, ed è quella relativa al rapporto tra Facebook e soggetti aziendali e soprattutto istituzionali. Considerando che questi ultimi sempre più si avvalgono di FB per interfacciarsi con la comunità (c'è perfino un sindaco che "si vanta" di governare attraverso Facebook, ignorando evidentemente l'esistenza di canali ufficiali - istituzionali appunto- che magari potrebbero essere utili per avvicinare il cittadino alla cultura civica), il nodo gordiano della problematica riguarda proprio la proprietà dei dati che circolano su questi siti. Proprio da questa preoccupazione nasce l'iniziativa di un Land tedesco, lo Schleswig-Holstein, di mettere al bando il tanto discusso pulsante "like" per i siti web istituzionali e aziendali della regione. Il motivo? Essenzialmente una questione di privacy, visto che il pulsante contribuisce alla trasmissione di dati anche ad organismi terzi in grado di tracciare un profilo di gusti ed abitudini degli utenti, e ciò costituirebbe una violazione delle normative europee in materia, senza contare che i dati finirebbero dritti dritti in uno stato diverso dalla Germania, e questo proprio non si potrebbe accettare.
Ancora polemiche, dunque, sulle "solite" questioni. Ovviamente il fronte dei sostenitori di Facebook punterà il dito contro la dittatoriale decisione tedesca, ma perché non vedere il bicchiere mezzo pieno anche in questi casi? Senza fronzoli e dettagli, magari Facebook può diventare "solo" una buona vetrina per istituzioni e aziende, una sorta di starting page (e non di arrivo) per rimandare a siti web istituzionali e ufficiali più "seri" (e sicuramente più completi). Insomma, un buon metodo per far capire a molti utenti della Rete che il Web non è solo un sito con logo blu e pulsanti per gradire. Perché la realtà, per molti, è diventa proprio questa.

PS: La capitale dello Schleswig-Holstein è Kiel. Che è, guarda caso, l'anagramma di like. Dev'essere proprio qui il problema...

venerdì 19 agosto 2011

PROFILO...SU MISURA

No, non si tratta di personalizzazione di profili smanettando tra impostazioni di (presunta) privacy o notifiche varie, ma non sapevo come altro definire la creazione modaiola all'ultimo grido (letteralmente): si potrebbe dire che il vestito creato dalla stilista Lana Dumitru per la linea Romanian Apparel rappresenta proprio una bacheca Facebook che segue il profilo delle curve - con tanto di dito puntato sul lato b. In effetti sembra un costume di Carnevale, ma forse in entrambi i casi la domanda che sorge è la stessa: ma che, è uno scherzo?

lunedì 15 agosto 2011

E UN'(ALTRA) NOTIFICA APP....ARVE

Internet in mobilità, che comodità. Un fenomeno in crescita esponenziale, agevolata dai piani tariffari flat e da telefonini (oggi sono chiamati smartphone) sempre più simili a computer che a semplici apparecchi di chiamata. Ma diciamoci la verità, quante persone hanno internet sul proprio cellulare quasi solo ed esclusivamente per controllare gli ultimi aggiornamenti su Facebook o per far sapere al mondo cosa stanno facendo? Suvvia, un po' di onestà...in aggiunta, molti cellulari hanno un'utilissima applicazione in grado di notificare automaticamente all'utente i nuovi aggiornamenti relativi al vostro social network preferito. Finisce così che si rischiano centinaia (e spesso forse il numero è riduttivo) di notifiche di questo tipo, e tutte sostanzialmente relative ad azioni digitali. E se ci fosse un'app in grado di svelare quello che davvero pensano e fanno i vostri amici quando interagiscono con i social network? Ecco la provocazione chiamata Appathy (nome geniale): se esistesse davvero, si scoprirebbe la quintessenza di Facebook e dintorni. Ammettetelo!