domenica 30 ottobre 2011

SEI TUTTI I MIEI SBAGLI

Non c'è azienda di successo (tanto nella old che nella new economy) che non abbia alle spalle un passato fatto di alcune "cadute" o di prodotti non in linea con le aspettative aziendali. Facebook ovviamente non fa eccezione, e negli ultimi tempi ha anch'esso collezionato alcuni prodotti destinati inizialmente ad offrire caratteristiche aggiuntive ai propri utenti (nel tentativo di accaparrarne di nuovi o di "fidelizzare" i vecchi) ma che si sono rivelati a conti fatti dei veri e propri flop. Fortunatamente non proprio tutto è egemonizzato dal vostro social network preferito, segno che la dittatura completa non è stata ancora compiuta, e Facebook Wall of Shame mostra i prodotti che rimarranno nella memoria solo come esempio da non ripetere. La gamma è piuttosto variegata: si parte dalla discussa interfaccia con la funzione Timeline, si continua con i buoni-sconto geolocalizzati, si prosegue con la (non più) implementata versione "leggera" del sito, non ci si dimentica della geolocalizzazione forzata e si finisce ricordando il calo (solo statunitense, in verità) degli iscritti al sito, auspicando magari un nuovo giorno di disintossicazione da Facebook. Ironicamente, il pensiero che può scaturire è: cento di questi errori, Facebook!

mercoledì 26 ottobre 2011

A VOLTE SI PENTONO...

C'è molta ironia nel titolo di questo post (non è una novità), ma è quel che si può pensare a proposito di quelli che si possono ben definire due aggiornamenti relativi a due episodi spinosi che vedono protagonista sempre e solo il vostro social network preferito.
Ricordate la battaglia di alcuni organi amministrativi tedeschi contro l'acquisizione dei dati da parte di Facebook concernenti il tasto like? No? Potete ovviare qui, ma nel frattempo le ultime news vedono una parziale vittoria per le istituzioni tedesche: Facebook ha deciso che i dati dei cittadini tedeschi (ma solo quelli del Land in questione) non viaggeranno oltreoceano fino agli Stati Uniti, ma rimarranno nella teutonica terra. Una specie di storico compromesso: i tedeschi continueranno a non porre veti sull'utilizzo di FB. Insomma, il cittadino è mio e i suoi dati li gestisco io. Occhio però che la decisione è molto importante, perché suppongo che pur di non perdere un mercato importante come quello tedesco Facebook è stato costretto a "chinare la testa" rinunciando ai dati che passano sulle sue pagine: è naturale però pensare che la questione possa creare un precedente potenzialmente letale, perché FB vive essenzialmente di dati come questi.
Il secondo update riguarda un'altra battaglia, quella recente del piccolo utente che prova a sfidare il gigante. La querelle tra Max Schrems e Facebook si gioca anche su alcuni dati "particolari", ossia quelli dei non iscritti a Facebook. Si tratta dei cosiddetti profili ombra, tanto da far avanzare l'idea secondo cui FB possegga una sorta di profilo anche di coloro i quali non desiderano metter piede in Facebook. E' una scoperta dell'acqua calda, purtroppo si arriva a capire questa cosa con un po' di logica e una mail in arrivo: era il 2009, sembra una vita fa, ma da allora è cambiato ben poco. Anzi, va sempre peggio.

venerdì 21 ottobre 2011

LA GUERRA MONDIALE DEI DATI

Cercare di far capire a molti utenti della Rete e a molti utenti di Facebook (la cosa spesso - non sempre - coincide) che fine fanno i contenuti e i servizi (foto, video, eccetera) pubblicati su varie piattaforme non è proprio semplice, un po' per superficialità della gente, un po' per ignoranza (nel senso che ignorano) e un po' perché si è trascinati da una vera e propria mania da pubblicazione a tutti i costi. Ne consegue che molti (troppi) utenti non si rendano conto di quanto queste informazioni rimangano fissate praticamente per sempre in quello sterminato archivio chiamato Internet. Il repository per eccellenza di questo tipo di contenuti è proprio Facebook, o meglio i server di Facebook, in grado di conservare tutta, ma proprio tutta la vostra vita online.

Capita che ogni tanto qualche persona un po' più attenta e giudiziosa si interroghi a proposito della longevità e della proprietà di questi dati. L'atipico in questione ha un nome e un cognome: Max Schrems, e potrebbe essere il nuovo paladino della lotta contro Facebook e la sua policy di sfruttamento (mai parola fu più azzeccata) dei dati dei propri utenti. La sua lotta parte da una questione prettamente geografica: Max, infatti, sottolinea una distinzione fondamentale tra gli utenti FB statunitensi e quelli di tutte le altre nazioni. Nel contesto prettamente europeo (Schrems è austriaco), gli utenti FB del vecchio continente "dipendono" dalla sede FB sita in Irlanda, e di conseguenza hanno come riferimento giuridico in materia di protezione dei dati personali la legge specifica del paese del trifoglio, più attenta alla questione privacy rispetto al paese a stelle e strisce.
In base proprio a questa normativa, Max ha legittimamente chiesto a Facebook un log del suo profilo, scoprendo che la sua vita era tutta contenuta in un file pdf di circa 1000 pagine. Tutto - ma proprio tutto - era riportato su questo file, anche e soprattutto contenuti cancellati e non più (teoricamente) disponibili, dai poke alle (ex)amicizie, passando dai like a foto.
Da questo presupposto nasce la battaglia di Schrems sotto forma di sito dal nome emblematico: Europe vs. Facebook vuole far chiarezza su quella che è una questione giuridica, una questione di diritti del privato (ma si può parlare davvero di privato?) cittadino. La questione è abbastanza seria ed è sicuramente sottovalutata dai più: qualcuno in Rete ci aveva anche provato a scherzar su, ma in effetti la teorica immortalità dei dati, anche quelli di cui la mente dell'utente non ha più memoria, rende il tutto un po' più serio.
Oltre al problema della paternità dei dati ci sono infatti anche altre tematiche da considerare: per quanto in questo momento debba affrontare problemi di gradimento della propria interfaccia, sicuramente Facebook si affretterà a dire che i vostri dati sono al sicuro (sicuro?) e che i suoi server saranno a prova di bomba, ma niente (soprattutto in ambito informatico) è sicuro e invulnerabile al 100%. Provate ad immaginare le possibili conseguenze. Pensateci un attimo, prima di pubblicare la vostra prossima, ennesima foto.

giovedì 20 ottobre 2011

PRIVACY, UN CONCETTO IN ESTINTORE

Gli ultimi fatti di Roma sono solo il punto di partenza per una riflessione un po' più generica sul rapporto tra comuni cittadini che in un clic diventano utenti della Rete (con ciò che ne consegue) e che finiscono automaticamente nel mirino (a torto o a ragione) della Rete stessa ma anche dei media tradizionali, nonché sulle problematiche etiche derivanti.
Si diceva degli eventi di sabato scorso. Non è certo questa la sede adatta per dilungarsi sulla questione: la vicenda è solo uno spunto, visto che l'interesse è rappresentato da una delle immagini-simbolo di questi scontri, ossia l'ormai noto "ragazzo con l'estintore". Sui giornali (cartacei) di oggi, ad esempio, si fa a gara per ricostruire la sua figura: pensieri, parole, opere, omissioni ma ultimamente anche status update. Già, perché molti quotidiani italiani (Corriere della Sera, La Stampa, La Repubblica, Il Messaggero solo per citare quelli più noti) non possono non attingere da Facebook e dintorni (Il Messaggero parla proprio di "saccheggio" di Facebook e Badoo) per completare a pieno il profilo psico-sociale del personaggio del giorno di turno. Beninteso, le interviste sul posto che fanno ancora vecchio giornalismo non mancano, ma non è certo il primo caso in cui le redazioni delle testate trovano in Facebook e simili una vera e propria miniera d'oro attraverso cui attingere notizie e foto di quelli che il giorno prima erano comuni cittadini e ora sono notizie da prima pagina. Fateci caso al prossimo caso eclatante (la casistica è piuttosto ampia: si passa dagli omicidi alle generiche morti fino agli scontri di piazza e chi più ne ha più ne metta, soprattutto se l'interessato/a è di giovane età): molto probabilmente gli articoli saranno "impreziositi" da contenuti provenienti da Facebook, perché così tanto è più facile e così ormai fan tutti.


Una tematica correlata è quella annosa della proprietà e soprattutto della pubblicazione dei contenuti altrui. Insomma, se sui giornali e su Internet si pubblicano le foto e le frasi provenienti da profili anche semi-pubblici con una facilità impressionante, evidentemente la cosa semplicemente si può fare. Insomma, detto che la cosa non sorprenderebbe affatto (e avrebbe tutto sommato una sua logica), toccherebbe andare a guardare nelle cosiddette righe piccole delle condizioni di utilizzo del sito, ma suppongo che i giornalisti ormai sappiano come utilizzare questo tipo di dati altrui, quindi la loro vita da redazione è bella salda. Suppongo, eh.

Insomma, a conclusione di tutto vien da pensare che ormai l'importante sia sgarrare il meno possibile nella vita, altrimenti si rischia che per ricostruire l'immagine (ancora una volta, a torto o ragione) qualcuno "bussi" alla porta del vostro profilo facendo razzia gratuita di contenuti. Alla fine del gioco, vien da pensare che il detto di Warhol sia stato ampiamente superato da icone del nostro tempo (Banksy) o - e stavolta attingo volentieri da un social network (non forzatamente identitario, la cosa fa differenza) - da persone che hanno già capito in che direzione andremo.

martedì 18 ottobre 2011

UN'ALTRA CHIME....RA

Un'altra puntata della serie "cerchiamo (cercate) un'alternativa a Facebook": dopo il tentativo rappresentato da Diaspora (che vive però un periodo di magra) e tanti altri siti più o meno simili al vostro social network preferito, l'ultimo ritrovato in fatto di social è rappresentato (o meglio, può essere rappresentato) da Chime.in. Sembra piuttosto pleonastico dire che quest'alternativa deve per forza di cose avere qualcosa in più rispetto ai concorrenti: in questo caso il (presunto) punto a favore del sito è far leva sul vile denaro, visto che promette di garantire ai suoi iscritti, attraverso il meccanismo del revenue sharing, parte degli introiti derivanti dalla pubblicità pubblicata sullo stesso sito. Insomma, apparentemente un do ut des, visto che gli utenti generano traffico su un sito (cliccando sulle pubblicità) e il possibile introito è poi condiviso proprio perché generato dagli utenti stessi. Ma d'altronde questo è uno dei concetti-chiave del nuovo business, anche se con una differenza di fondo: in modo simile, Facebook vi dà tanto (la possibilità di interagire, condividere, farvi i fatti degli altri), e voi con i vostri dati date a Facebook tanto, tanto di più. Non so però chi ci guadagni davvero: d'altronde, il vile denaro però finisce tutto nelle tasche di pochi.

lunedì 17 ottobre 2011

RIVOLTA IL MESSAGGIO, MESSAGGIO DI RIVOLTA

Con oltre settecento milioni di utenti, Facebook si presta agli usi (e agli overuse) più vari: in realtà il discorso è più ampio e si può tranquillamente estendere a tutti i social e ancora più in generale alla possibilità, grazie al Web 2.0, di esprimere le proprie opinioni sulla Rete. Il problema - è stato ribadito in queste pagine più di una volta - non è dunque lo strumento in sé, ma l'uso oggettivamente poco utile (o non completamente utile, dipende dai punti di vista) che si fa di queste tecnologie. Insomma, c'è modo e modo di usare il vostro social network preferito: facile però preferire il gossip locale ad altre tematiche meno divertenti, come ad esempio necessità reali o sociali di un certo peso.
Tra qualche anno le future generazioni apriranno i libri di storia e studieranno l'esito della Primavera Araba: nella narrazione dei fatti, si parlerà di Twitter e Facebook come strumenti che hanno avuto un ruolo non così marginale nell'intera vicenda, anzi. Anche in queste pagine è stato espresso un sentimento positivo per l'uso di questi mezzi per fini "nobili": insomma, i social possono essere usati bene e per motivazioni che cambiano davvero il corso degli eventi.

Sull'edizione cartacea del Corriere della Sera del 14 Ottobre compare un articolo che mescola politica e uso di questi strumenti sociali: a lezione per "l'uso politico di Twitter" illustra il punto della situazione effettuando un confronto tra paesi e situazioni storiche diverse. La pietra di paragone è proprio il Nord Africa:  la necessità di dover comunicare per protestare contro decenni di oppressione è stata la scintilla in grado di far utilizzare la Rete in modo organizzato, e ciò alla lunga ha prodotto il risultato sperato (anche se non tutti la pensano in questo modo). In Italia, invece, la situazione è completamente diversa, se pensiamo che nell'articolo si parla dell'uso di Facebook "solo per giocare con gli amici o per cliccare sul tasto mi piace".
Il Bel Paese dunque come popolo di santi e navigatori su Facebook per puro svago? Forse allora c'è bisogno della rivolta per sapere se anche gli italiani sono in grado di avere la loro "primavera". Ovviamente è solo un'esagerazione per via di situazioni economiche, sociali e storiche completamente differenti, ma proprio la cronaca recente ci può fornire un piccolo banco di prova. La marcia pacifica (ma non ovunque pacifica, ahimè) del movimento degli indignati è storia, politica, società. Un evento di questa portata presuppone anche un'organizzazione capillare e grandi motivazioni alla base: la Rete può essere sia la cartina di tornasole che luogo per gestire o veicolare azioni e reazioni. La realtà è ancora una volta non esattamente corrispondente, se si pensa che il Web si è mosso per questo fine, ma in Italia i numeri sono nettamente inferiori ad altre realtà nazionali. Insomma, rimangono solo i danni materiali. Chissà se tra un gioco con gli amici e un clic all'ennesimo mi piace alcuni se ne sono accorti.

domenica 9 ottobre 2011

RECORD IMBATTIBILE

Risulta ormai difficile battere Facebook in quanto a popolarità. Insomma, il vostro social network preferito detiene il record di visite e lascia al resto del mondo le briciole. Capita però che FB sia il mezzo per entrare  addirittura nel Guinness dei Primati. Come? Attraverso il numero più elevato di commenti al mondo su un singolo post: robe grosse, direte voi. Autore del record è ovviamente un italiano, un ventiseienne salernitano. I commenti al suo post hanno hanno raggiunto quasi quota 400.000, tanto da meritarsi appunto il record mondiale.

Che dire, il mondo e la società si evolvono fino a questo punto. Vien da pensare che il Record sia davvero dei Primati, ma in altro senso.

sabato 8 ottobre 2011

MERCATI PARALLELI

Premessa: questo post non vuole rappresentare forzatamente una critica o un elogio ad un brand piuttosto che ad un altro, ma vuol solo cercare di fare chiarezza nella giungla delle strategie pubblicitarie di aziende appartenenti ad uno stesso settore e più in generale del rapporto tra produttori e consumatori di beni e servizi, ma soprattutto dei mezzi usati per attirare potenziali clienti o cementare il rapporto con essi.
Altra premessa: non sono un esperto di marketing, quindi questa mini-analisi è solo il frutto di un utente attento a ciò che vede.
Del rapporto tra aziende e Facebook si discute parecchio, soprattutto in merito alla proprietà dei dati che passano tra le pagine del vostro social network preferito. FB rappresenta probabilmente la miglior vetrina per promuovere prodotti e aggregare clienti, dunque non meraviglia che molti marchi portino direttamente alle fanpage di questi brand. Già qualche mese fa su queste pagine è stato segnalato il caso della Nike, e questo solo perché oltre ad una partita ho guardato i cartelloni pubblicitari a bordocampo. Ma non è un caso sporadico, anzi: addirittura Facebook diventa esclusivista di prodotti, macchine incluse.

Di pubblicità ne osservo tante, e oltre al messaggio cerco di guardare i rimandi che possono essere utili per cercare approfondimenti a prodotti e/o promozioni. E quel che vedo è soprattutto Facebook, ma il problema è che spesso vedo solo Facebook. Ecco alcuni "casi" riferiti a campagne pubblicitarie che si vedono negli ultimi giorni.
1) Pubblicità della Tim: in quanto partner ufficiale della Serie A, Tim è esclusivista del messaggio pubblicitario che passa prima, dopo e durante un incontro di calcio nostrano. Non molto tempo fa era Cristoforo Colombo a fare gli onori di casa: quando compare il logo del marchio, non ci sono altri rimandi.

(più o meno a 0:14)

1a) Non passa molto tempo e la Tim pensa bene di inserire un bel rimando ad un link, anche se la pubblicità - ricordiamo - è destinata alla televisione. Stavolta è il turno di Giulio Cesare (ma perché tornare indietro nel tempo? Boh...), e a 0:12 ecco comparire il vostro logo preferito, e purtroppo solo quello:



2) Campagna nazionale di McDonald's. Stavolta parliamo della pubblicità più analogica che esista, quella dei cartelloni pubblicitari. Di seguito uno degli esempi dei Mille Volti di McDonald's:





Apparentemente, non esiste un sito ufficiale: il modo per seguire il marchio di hamburger&patatine è solo Facebook.

3) Campagna Nivea For Men. Qui la ditta trova un partner d'eccezione, ossia la società di calcio A.C. Milan, e può dunque "permettersi" di scendere in campo con (non proprio originali) barbuti giocatori della squadra per pubblicizzare il prodotto al grido di o smetti di raderti o passi ai nostri prodotti. Occhio dal minuto 1:02, il messaggio arriva addirittura correndo e con un box a parte:


(forse avevano speso troppo per il banner e non c'era spazio per il sito istituzionale)


4) Concorso Gillette. Testimone d'eccezione il Trio Medusa, che a base di spot virali inducono ad una rasatura più confortevole, anche "per conquistare una donna impossibile" (come se bastasse un rasoio):



Edit: video non più disponibile, eccone un altro della stessa campagna:


Almeno stavolta, a fine video, compare un caro, vecchio sito istituzionale.

Spero di sbagliarmi, ma ho l'impressione che le aziende, anche le più importanti, finiranno per spingere sempre più su Facebook, nonostante sia una piattaforma "altra", ossia non sia qualcosa che appartiene direttamente ai marchi stessi. A meno che non ci sia sotto un grosso accordo tra il vostro social network preferito e le aziende stesse, una sorta di cartello in cui i vostri dati passano di mano in mano per profilare sempre meglio i clienti. Spero di sbagliarmi, ma si sa che spesso a pensar male ci si azzecca.

Ps. Tutte le immagini e i video appartengono ai rispettivi proprietari.
Pps: Lo so, il post è troppo lungo.

venerdì 7 ottobre 2011

ARRESTATE LA MANIA!

E questo è il livello del giornalismo d'oggi:



mercoledì 5 ottobre 2011

UN RANT...OLO SOCIALE

Per la serie "viva la sincerità (ridendoci su)", ecco un video che dice le cose così come realmente stanno. In The Gentlemen's Rant: Facebook si tira fuori la verità: i vostri status update, le vostre foto, i vostri commenti suscitano un interesse pari a zero. Perché ridendo e scherzando si dicono mezze verità...forse più di mezze verità.

lunedì 3 ottobre 2011

LA CONTA DIGITALE

Sul portale web de La Stampa appare oggi un articolo che parla "del censimento nell'era Facebook". Fermo restando che è stata la parola "Facebook" (e non censimento) a farmi cliccare sulla pagina, nell'articolo si parla della possibilità, nell'era ultradigitale di persone ultraconnesse, di affidare "la conta" degli Italiani a strumenti online. Ecco, e i social network che c'entrano? Probabilmente come strumento di diffusione dell'iniziativa - e non sarebbe un cattivo strumento -, ma nello stesso "pezzo" ci si interroga a proposito della (im)possibilità di effettuare la compilazione in Rete anziché attraverso l'analogica posta tradizionale (questa possibilità è addirittura definita "da temerari"). Insomma, sembra che la soluzione più facile e attuabile sia un bel censimento attraverso Facebook, perché solo lì ci sarebbe un'adesione di massa e non si incorrerebbe così neanche in sanzioni. Se si arriva a queste conclusioni forse è perché le istituzioni e media sono i primi ad affidarsi a FB come mezzo di veicolazione di contenuti, dunque l'opinione pubblica tenderà ad ignorare la possibilità di affidarsi a siti istituzionali per effettuare queste operazioni (e questo sito -con le dovute sicurezze - esiste, basta aspettare qualche giorno), senza contare che siamo un paese dall'età media abbastanza elevata e ancora (molto) poco connesso per arrivare alle soluzioni paventate nell'articolo. Insomma, un censimento via FB non sembra essere la panacea di tutti i mali: evidentemente, uscire dai soli schemi di Facebook è effettivamente "da temerari".

E pensate all'esistenza di un sito in cui inserire tutti i vostri dati: hmm, aspetta...non è per fini statistici, ma mi sa mi sa che esiste già....

sabato 1 ottobre 2011

IRRIDUCIBILI

Fa piacere aprire un tradizionale giornale cartaceo e scoprire che ogni tanto qualcuno si ricorda di quelli che si possono tranquillamente definire i "tradizionalisti" della Rete. A pagina 44 del Corriere della Sera si parla de La mia vita da blogger nei giorni di Facebook. Perché la situazione (ahimè) è questa, il gigante FB mette in secondo piano il ruolo dei blog, nati concettualmente molto prima del vostro social network preferito e per molti una fonte secondaria di apprendimento e condivisione di contenuti. Insomma, la vita da blogger sembra quasi una condizione più "misera" rispetto a quella dell'ormai classico utente FB, e l'articolo a tutta pagina sembra una via di mezzo tra informazione e solidarietà (una specie di "dedichiamo una pagina ai gestori di blog, razza in estinzione"). Invece leggendo si scoprono cose interessanti, ad esempio che alcuni fra loro riescono anche a monetizzare (e bene) quella che per loro è diventata un'attività full-time. Perché sui blog si possono anche generare contenuti di qualità, perché si possono soprattutto approfondire questi contenuti, perché un blog dà la possibilità di personalizzare il proprio spazio e di non vincolarsi ad una bacheca blu. E pazienza se molti sono "costretti" a dover ripiegare sui social network per avere un po' di visibilità, ma d'altronde utilizzare questi strumenti come vetrina e non come generatore di contenuti vuol dire usarli con molto raziocinio, parecchia intelligenza e un pizzico di strategia virtual-commerciale (che non fa mai male).
Insomma, per alcuni il "vero" spazio in grado di rappresentare un'identità è un blog, non un profilo Facebook. Sono loro i veri "tradizionalisti" del Web, gli "Irriducibili" della Rete.