sabato 10 aprile 2010

VIOLAZIONE DI PRIVACY?

Alcune storie che riguardano Facebook fanno sorridere, davvero. Non tanto relativamente al contenuto ironico di un profilo o quant'altro, sono proprio le storie correlate a far sorridere, per quanto talvolta si tratti di un riso amaro. Sentite questa: una madre è preoccupata per la vita che conduce suo figlio adolescente, e si connette al profilo Facebook del suo pargolo. Da lì ovviamente la signora riesce a sapere vita-morte-e-miracoli di suo figlio, neanche si trattasse di un confessionale, e per punizione, pensa bene di cambiare le password di accesso, impadronendosi di fatto dell'account FB di suo figlio. Risultato? Il ragazzo, scoperto il (la) colpevole, ha citato sua madre in tribunale, colpevole di violazione della privacy e di intrusione informatica.
Ora, il punto non è quello di giudicare un rapporto tra madre e figlio, notoriamente complicato soprattutto in certe fasce d'età. No: il lato ironico della faccenda risiede nell'accusare qualcuno di invasione della privacy. Privacy? Su Facebook? E scatta il sorriso. Amaro, s'intende.

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